Fra le tante sorprese di un anno da ricordare, il novembre del 1994 ha segnato un momento importante per la cultura pop dell’epoca – e non solo. L’evento cinematografico che sarebbe arrivato in Italia nel dicembre dello stesso anno era davvero un esperimento particolare: un film sui vampiri tratto da un romanzo del 1977, all’epoca semisconosciuto ma che dopo la produzione divenne altrettanto famoso. Intervista col vampiro riuscirebbe a incuriosire chiunque già dal suo titolo, anche chi odia il genere horror (e Dracula in particolare), ma la sua vera forza va oltre la superficie.
La trama dell’opera, infatti, è originale e sicuramente diversa dalle classiche storie horror sui vampiri che si raccontavano all’epoca: l’idea di basare l’intera storia su un’intervista tra un giornalista e un vampiro, come il titolo lascia intuire, ha fatto breccia nel cuore degli spettatori per più di una ragione. La storia del vampiro Lestat, mentore del principale narratore delle vicende, e della sua parabola decadentista è ancora oggi fra le più affascinanti dell’epoca moderna. Un’esperienza che intriga e attrae al tempo stesso, a 30 anni dal suo arrivo sul grande schermo.
Dove nasce “Intervista col vampiro”
Il 1994 è stato un anno epocale per la settima arte: nel giro di pochi mesi sono uscite perle che hanno fatto breccia nel cuore di molti – Pulp Fiction di Quentin Tarantino, Le ali della libertà Frank Darabont, Forrest Gump di Robert Zemeckis, Il re leone di Roger Allers e Rob Minkoff, Léon di Luc Besson, Il corvo di Alex Proyas, giusto per citarne alcuni. Metà dei film di questo elenco basterebbe a rendere l’idea. A due anni dal Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola, l’arrivo di Neil Jordan e del suo film a tema vampiresco non poteva certo essere casuale.
Non era di certo semplice lasciare il segno in un contesto del genere e con un precedente che aveva conferito alla figura di Dracula un’immagine romantica e passionale mai vista neppure nel romanzo di Stoker. Eppure, malgrado le premesse, Intervista col vampiro è diventato un cult. Se si considerano i volti iconici scelti per interpretare i vampiri Louis de Pointe du Lac (narratore della storia) e Lestat de Lioncourt, non poteva essere altrimenti: Brad Pitt e Tom Cruise, rispettivamente, hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura pop in un’estati di eleganza ed estetica.
La sensualità del morso sul collo
Il Dracula di Bram Stoker (romanzo che ebbe successo soprattutto tra il pubblico femminile nel 1897) ha consegnato al mondo la figura del vampiro succhiasangue mescolata a quella dell’uomo distinto e affascinante. Questa figura è cresciuta nei secoli fino ad arrivare a copiose produzioni letterarie e cinematografiche che ne hanno amplificato a dismisura la sensualità e l’erotismo, elementi quasi assenti nel romanzo originale. Facile pensare alla saga di Twilight, il cui sottotesto è interamente sessuale, ma erotismo e vampiri non hanno certo fatto la loro prima comparsa con la famosa teenage saga. Tutta la produzione gotica ottocentesca è intrisa di un erotismo più o meno sottile: il passo dalla mostruosità iniziale rappresentata da Dracula alla bellezza eterna ed eterea che vediamo in Intervista col vampiro è stato molto più breve di quanto si creda.
I protagonisti della storia sono affascinanti, belli ed eternamente giovani già nel libro: la stessa autrice, Anne Rice, teneva tanto ai suoi personaggi al punto da voler scrivere la sceneggiatura del film. Fu proprio la Rice a scegliere i volti per i suoi protagonisti, affidandosi ai sex symbol più rappresentativi di quel periodo: Pitt e Cruise, all’epoca già con almeno un successo all’attivo, incarnavano alla perfezione il senso estetico dell’intera opera – e Cruise, già nella fase “Top Gun” del suo cinema, ha reso indimenticabile il suo Lestat. Alle due stelle del cinema si aggiunsero Kirsten Dunst nel ruolo di un’eterna bambina affamata di sangue e Antonio Banderas nei panni di un vampiro europeo. Con un cast simile era davvero difficile che il film non venisse per lo meno apprezzato dal pubblico generalista: a fronte di un budget da 60 milioni di dollari, Intervista col Vampiro è riuscito a incassarne 230.
Intervista col vampiro in stile Dorian Gray
Uno dei grandi pregi di Intervista col vampiro è di esser riuscito a restituire atmosfere tipiche del Dorian Gray di Oscar Wilde: Lestat sembra incarnare la figura del bellissimo Dorian Gray, dandy affamato di vita eterna, gioventù e bellezza che più ne risucchia dall’anima delle sue vittime e più si avvicina a perdere ogni barlume della propria umanità. Quest’ultima, nello specifico, è rappresentata da Louis, sua nemesi e specchio: l’altra faccia della medaglia che vive costantemente in conflitto tra la sua natura di vampiro e il rimorso per aver accettato l’offerta della vita eterna di Lestat.
Così come Dorian Gray prova sempre più piacere nel male e nell’oscurità a ogni cattiva azione che compie, allo stesso modo i personaggi di questa storia godono nel succhiare sangue dalle proprie vittime e non si fermano di fronte a nulla. In particolare, la figura di Kirsten Dunst è la più spietata: nell’incoscienza della gioventù, la giovane prende tutto quello che vuole senza le regole che perfino Lestat segue con scrupolo.
I vampiri degli anni ’90
I vampiri rappresentati in questo film, anche se presi da personaggi scritti negli anni Settanta, sono molto rappresentativi degli anni ’90. Senza voler fare retorica, la storia di Louis e Lestat ha rappresentato molto più di ciò che raccontava al pubblico dell’epoca: nel 1994 si facevano campagne di sensibilizzazione sulla prevenzione da HIV e sul sesso sicuro perché quel virus pochi anni prima aveva fatto una strage. Il simbolo del vampiro che morde il collo della propria vittima ha creato un interessante legame simbolico con il virus che si diffondeva molto velocemente, lasciandosi alle spalle morte e distruzione.
Allo stesso tempo, la figura del vampiro rappresenta la diversità e la solitudine che ne deriva: i “diversi” stanno insieme formando una comunità di reietti, ma nel loro distinguersi si mettono a paragone con i loro simili della Transilvania, più brutti e demoniaci – e molto più simili al Dracula di Stoker. Questa differenza fra vampiri del Nuovo Mondo e vampiri del Vecchio Mondo è evidente in una scena in teatro durante la quale si svolge uno spettacolo: i vampiri fingono di essere uomini che interpretano dei vampiri e prendono uno spettatore dal pubblico, facendone la loro preda. Qui Lestat e Louis conoscono Armand (Antonio Banderas) e la sua comunità.
Il fascino del male è eterno
Continuando a trasmettere lo stesso fascino etereo dall’ombra decadente anche dopo trent’anni, non è affatto folle pensare che il film non sia invecchiato di una virgola – del resto, per i vampiri lo scorrere del tempo non esiste. Allo stesso modo, non tramonta la fascinazione e la curiosità per un horror particolarissimo, con il mostro più famoso al mondo e un dualismo rarissimo per il cinema. Intervista col Vampiro dimostra che le grandi storie dal sapore classico saranno sempre seducenti e intriganti finché avrnno il volto di interpreti di rilievo come quelli citati.
Il vampiro affascina per la sua immortalità, il suo charme, la sua bellezza e il suo carisma. Risveglia emozioni nascoste e desideri inconfessati, incarnando il lato oscuro presente in ciascuno di noi. È un legame con la morte ma, allo stesso tempo, un suo superamento. Diventa quindi quasi una promessa: l’illusione dell’eternità. Un desiderio che accompagna l’uomo fin dagli albori della sua storia.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!