Una risata amara, That’s life in sottofondo e una battuta diventata subito iconica: “Non capiresti”. Lo avevamo lasciato così Arthur Fleck. Imprigionato tra gli squallidi corridoi dell’Arkham Asylum alle prese con i suoi racconti perversi. Dovevamo credergli oppure no? Tutto vero o un frutto marcio della sua immaginazione? Poco importa. Cinque anni fa Joker ci lasciava in uno scomodo limbo, senza dare troppe risposte. Proprio come il Pagliaccio di Gotham ha sempre fatto anche nei fumetti e ne Il cavaliere oscuro di Nolan, dove le sue origini rimanevano immerse nel dubbio. Perché niente inquieta di più di punti interrogativi rimasti irrisolti. Questo era uno dei motivi per cui l’insolito cinecomic di Todd Philips andava bene così. Un film intrigante, indipendente, senza legami con universi condivisi e soprattutto senza bisogno di un sequel.
Ecco perché l’annuncio di questo Joker: Folie à Deux sembrava quasi un affronto. O meglio, una promessa tradita. Un inevitabile piegarsi alle dure leggi del mercato dopo un successo clamoroso come quello del 2019 (1 miliardo di incasso su 55 milioni di budget). Per questo prima di scrivere questa recensione di Joker: Folie à Deux anche noi eravamo nel nostro limbo. A metà strada tra la preoccupazione di un sequel sulla carta “non necessario” e la curiosità per un film che trasuda ambizione da tutti i pori. Da quando Lady Gaga è stata annunciata come Harley Quinn e il film si è lentamente svelato come un musical. Adesso, però, quel limbo lo abbiamo esplorato. Tra quelle squallide mura dell’Arkham Asylum ci siamo entrati. Ecco com’è stato il nostro viaggio nella follia a due di Gotham City.
Genere: Drammatico, musical
Durata: 138 minuti
Uscita: 2 ottobre 2024 (Cinema)
Cast: Joaquin Phoenix, Lady Gaga, Zazie Beetz
A scar is born
Sono passati due anni dai fattacci del primo film. Arthur Fleck è internato nell’ospedale criminale di Arkham in attesa di essere processato per i suoi omicidi. Mentre Gotham City scalpita per l’udienza del secolo, Arthur incontra Harleen. Una paziente innamorata di Joker con cui intraprende un percorso di musicoterapia per provare a domare demoni interiori. Così, tra assoli e duetti, Joker: Folie à Deux utilizza l’innamoramento come chiavistello per provare a scardinare l’anima in pena di Arthur Fleck, straziato da un dualismo sempre più pressante. La futura Harley Quinn è la fiamma che accende la miccia, ma il percorso verso la dinamite è tutto di Arthur e di Arthur soltanto. Perché sì, i dilemmi di coppia ci sono e non sono nemmeno pochi: quanto fingiamo pur di piacere alla persona che amiamo? L’amore libera oppure illude? Innamorarsi è uno spettacolo che ogni tanto vendiamo agli altri? Tutte domande che sfiorano la superficie di un film spiazzante, che ha preso un grande rischio. Quale? Quello di tradire le aspettative fin dal titolo. Perché, forse, la vera Folie à Deux (disturbo psicotico condiviso tra due individui) non è quella tra Joker e Harley Quinn ma quella tra Joker e Arthur Fleck. Per quanto il film si sia spacciato (e sia stato venduto) come una “bad romance” tra le due schegge impazzite di Gotham, alla fine il vero conflitto interessante del film è quello interiore del protagonista.
Conflitto che opprime il pubblico nella stessa stanza mentale in cui è rinchiuso Fleck. Non è un caso, infatti, che nel film Gotham City si veda poco. Phillips ci nega l’ampio respiro del contesto urbano, preferendo spazi chiusi, claustrofobici e soprattutto cerebrali. Il posto migliore dove Arthur può fare i conti con Joker. Una dicotomia sempre più delirante e invadente, che permette a Todd Philips di giocare con i generi, passando dal dramma al musical con uno schiocco di dita. Se questa scelta impopolare non fa altro che sottolineare lo stato di dis-grazia di un sempre straordinario Joaquin Phoenix fenomenale in ogni movenza ed espressione, lo stesso non vale per l’Harleen di Lady Gaga. Troppo spenta, troppo ridotta a funzione narrativa, senza mai avere respiro per diventare un personaggio tridimensionale. Lo conferma la sua frettolosa trasformazione in un’Harley Quinn, che non lascia punti interrogativi e non ha punti esclamativi nel film. Il palcoscenico e i riflettori sono sempre e comunque tutti per quell’anima in pena di Arthur Fleck.
Bad Romance
Adesso parliamo dell’elefante nella stanza? Com’è stato utilizzato il musical in Folie à Deux? Domanda semplice per una risposta complessa. Complessa da argomentare come si deve senza inciampare in rischiosi spoiler. Non lo faremo. Vi basti sapere che concettualmente l’utilizzo del musical è ottimo. L’idea alla base del suo utilizzo nel film e della sua funzione narrativa è precisa, chiara, a suo modo ispirata. E soprattutto coerente con una visione d’autore ben precisa. La sua realizzazione, invece, lo è molto meno. Le parti cantante non si inseriscono sempre bene nella storia, risultando spesso forzate e poco fluide nel flusso del film (da qui la svalutazione di Gaga). La sensazione è quella di un film molto consapevole (troppo consapevole?) del successo del suo predecessore, e che cerca di stupire a tutti i costi. Di alzare l’asticella per guadagnarsi il nostro stupore. Magari cercando la posa plastica o l’inquadratura a effetto. E siccome ogni tanto la forma domina il contenuto, Joker Folie à Deux dà il meglio di sé nello studio mai banale delle scenografie e nel continuo cambio di abiti, con i costumi che a volte raccontano meglio delle parole.
Lo conferma un’impostazione molto meta-cinematografica, piena di ammiccamenti, autocitazioni e frasi che riflettono sul senso stesso dello spettacolo. Al netto di questa delusione, però, va detto che Todd Phillips ha avuto una gran bella idea. E capiamo perché la stessa lo abbia spinto a rischiare tanto con questo sequel. Un’idea magari non originalissima (già vista, in parte, da La La Land), ma che utilizza il musical in modo intelligente. Ovvero una dimensione capace di partorire un mondo altro, pieno di colori e canzoni, ma che stride con la realtà. No, l’amore non è un musical. E nemmeno la vita. Figuriamoci quella miserabile di Arthur Fleck, che mai come in questo tristissimo film diventa carne, corpo, materia. Al contrario Joker, proprio come faceva nel Batman di Nolan, evapora in un’idea, diventa un concetto. Qualcosa di contagioso come una folle risata che si diffonde tra le vie perdute di una città grande quanto l’Arkham Asylum.
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La recensione in breve
Ambizioso e consapevole di esserlo, Joker: Folie à Deux porta in scena un musical allegorico che funziona più come dramma psicologico che come storia d'amore. Rimane un sequel coraggioso, capace di sfidare il pubblico e ridere in faccia alle nostre aspettative.
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Voto ScreenWorld