Campo di battaglia immerso nel fuoco. Tanto sangue è stato appena versato. Tra la fuliggine si fa strada un bambino che impugna una spada. Emblematico presagio di un destino umano fatto di brutale violenza. È l’ultima, suggestiva immagine che chiude Macbeth di Justin Kurzel. Un film (per noi) ingiustamente snobbato, che nel 2015 mise in mostra il talento visivo del regista australiano. Un regista che, dopo aver fallito l’assalto al cinema hollywoodiano con il pessimo Assassin’s Creed, sembrava essersi perso per strada. E invece, dopo l’ottimo Nitram (2021), è ancora una storia vera a ispirare la mano di Kurzel. E ancora una volta il tema al centro dell’obiettivo è sempre quello: la violenza. Il mirino si sposta nel cuore marcio degli Stati Uniti, più precisamente nell’Idaho che cova rancore. Nella nostra recensione di The Order, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, vi racconteremo com’è questo crime thriller che mette in scena una pagina triste degli States. Una pagina sporca di odio e sangue, che ci riporta (proprio come fa sempre Macbeth) dentro quella brutale violenza che è nel destino degli uomini.
Genere: Drammatico
Durata: 116 minuti
Uscita: ND (Cinema)
Cast: Jude Law, Nicholas Hoult, Tye Sheridan
Alle radici del fanatismo
1983. L’agente FBI Terry Husk viene trasferito nella fresca quiete dell’Idaho. Posto tranquillo in cui rilassarsi dopo tante fatiche, sperduto nel Nord Ovest degli States. Talmente tranquillo che i giornali faticano a trovare fatti di cronaca di cui parlare. Il massimo dell’illecito sembra quasi pescare senza licenza. Peccato che sotto questa coltre di presunta tranquillità, si senta puzza di letame. Per accorgersene bastava soltanto non tapparsi il naso. Infatti Husk solleva il velo di omertà che nasconde un gruppo di suprematisti bianchi, noto come The Order, dove dei fanatici programmano una vera e propria rivoluzione. Pulizia razziale, valori conservatori e terrorismo guidano i loro piani inarrestabili.
Ovviamente non andiamo oltre, ma i fatti raccontati sono veri. Veri e spietati. Ispirati al libro-inchiesta The silent brotherhood scritto dai giornalisti Kevy Flynn e Gary Gerhardt. The Order mette in scena la scintilla di una miccia che arriva dritta fino a oggi. Fino a noi. Infatti nella sua minuziosa descrizione della destra estrema è facile trovare i semi di eventi epocali come l’attacco al Campidoglio avvenuto il 6 gennaio 2021. E tanto altro, ovviamente. Temi delicati che Kurzel tratta con grande rigore, confezionando un thriller solido, senza sbavature, capace di ricostruire i fatti in modo chiaro senza mai essere didascalico. Perché è sempre l’azione a portare avanti il racconto, con i personaggi che si svelano attraverso scelte istintive e il paesaggio incontaminato dell’Idaho che diventa quasi il contraltare della sporcizia umano che lo abitano.
True Detective
Guardando The Order abbiamo avuto una sensazione: che a Justin Kurzel sia piaciuta molto (e quanto lo capiamo) la prima stagione di True Detective. Perché? Perché in The Order abbiamo rivisto la stessa voglia di scavare a fondo nel marcio dell’animo umano senza giudicarlo mai. Con i fatti e i gesti che bastano a far venire a galla lo schifo dell’America più estrema, violenta e bifolca. Proprio come nella serie HBO, anche qui l’agente interpretato da un Jude Law inedito, stanco e imbolsito sembra quasi muoversi come un’anima in pena, alle prese con fantasmi che riusciamo solo a intuire, senza vederli davvero. Certo, non si arriva mai a un approfondimento filosofico-esistenziale che vada oltre la superficie di un buon film di genere, ma Kurzel riesce comunque a delineare dei personaggi tridimensionali. Figli balordi di un’America che in quei tremendi anni Ottanta seminava tutti i frutti che stiamo assaporando oggi. Il sapore ve lo facciamo intuire.
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La recensione in breve
Justin Kurzel si fa ispirare da True Detective e confeziona un thriller solido che scava nel marcio degli Stati Uniti più razzisti, violenti e intolleranti. Ne viene fuori una cartolina impietosa degli States, che negli anni Ottanta seminava frutti che stiamo mangiando ancora oggi.
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Voto ScreenWorld