Dal buio al buio. Senza passare dalla luce. Beffardo il destino di Bruce Wayne. Esce dal cinema, abbandona l’oscurità della sala e gli ammazzano i genitori davanti agli occhi. Blackout totale nel giorno in cui Batman inizia a germogliare nel ragazzino traumatizzato. Però sarà proprio il Cavaliere Oscuro a far cambiare le cose. Sarà l’eroe a capire che c’è bisogno di luce nell’oscurità. Come farà il suo segnale illuminando i cieli oscuri di Gotham. Lo diceva anche un certo Harvey Dent: “La notte è più buia subito prima dell’alba”. Il Batman di Nolan segna la via, Matt Reeves la guarda e decide di percorrerla dall’altra parte, in modo nuovo e personale, ma rispettando il destino dell’Uomo Pipistrello.
E così il suo The Batman decide di passare dalla vendetta alla speranza. Ancora una volta dal buio alla luce. Ma ha davvero senso scomodare un paragone tra Il cavaliere oscuro e The Batman? È possibile abbracciare il nuovo senza per forza rinnegare il vecchio? Si può profanare il mito nolaniano portandolo sullo stesso terreno di Matt Reeves? Forse sì, se proviamo ad analizzare i film senza scatenare un inutile braccio di ferro e un puerile gioco al massacro. Sì, se proviamo a confrontare punti di contatto e differenze emblematiche. Siamo qui per prendere atto di una cosa: l’icona di Batman è talmente complessa e piena di sfumature da adattarsi a visioni diverse. Batman cambia senza per forza snaturarsi, imponendosi come un personaggio capace di raccontare i suoi tempi come nessune eroe sa fare. Allora cerchiamo di capire come Matt Reeves e Christopher Nolan hanno tenuto per mano il loro Bruce Wayne e come hanno riportato alla luce il loro Cavaliere Oscuro.
1. Il realismo: astratto e concreto
In che mondo si muovono i Batman di Nolan e Reeves? Due mondi realistici. Non reali, non veri, realistici. Una verosimiglianza con sfumature decisamente diverse. Il cavaliere oscuro ha compiuto una sterzata verso il realismo più estremo. In Batman Begins Nolan si era concesso una visione più gotica, oscura e allucinata di Gotham City, ma è nel secondo film della sua trilogia che la città diventa una vera metropoli americana. L’atmosfera è notturna (mai davvero torbida e malata), fredda, a tratti asettica. Le strade di Gotham sono spesso vuote. Come se la città fosse un palcoscenico vuoto in cui far muovere Batman e Joker. In questo contesto il Batman di Christian Bale vive davvero dietro le quinte, si nasconde nell’ombra usando Gordon, Alfred e Lucius Fox come fondamentali contatti con il mondo.
Il Batman di Nolan si isola, si astrae lasciando che Bruce Wayne si mescoli tra la gente altolocata mostrandosi superficiale. È un vigilante silenzioso che scruta Gotham dall’alto in basso, le rivolge sguardi dalle punte dei grattacieli cercando di scovare in quel posto del buono per cui combattere, del bello da proteggere. Ecco, Il cavaliere oscuro trasforma Batman in una vera icona proprio perché lavora di sottrazione (tanto da sparire persino dal titolo del film). Batman si mostra con riluttanza in modo che il suo nome diventi mito e la sua figura venga elevata a simbolo. In The Batman accade l’esatto opposto. Matt Reeves crea una Gotham realistica e cupa, certo, ma è un contesto urbano molto più vibrante, sporco e fetido di quello di Nolan. Qui lo squallore sociale è palpabile, stagnante, esasperato sino all’ossesso tanto da attaccarsi addosso ai personaggi come fosse fango vischioso.
A livello visivo Reeves si regala concessioni più fumettistiche rispetto a Nolan (l’uso della silhouette, la composizione delle inquadrature simili a vignette, il rosso e l’arancione come colori espressivi) e forgia un Batman che si sporca le mani per davvero. Sin dalla prima scena vediamo Bruce Wayne camminare nella folla per poi vederlo emergere dalle tenebre nella metropolitana. In seguito lo vedremo picchiare scagnozzi nella folla di una discoteca e soprattutto presentarsi senza remore sulla scena del crimine mischiandosi alle forze di polizia. Ecco allora la differenza sostanziale tra il realismo più concettuale, cerebrale e ideologico ideato da Nolan e quello più concreto, fangoso e viscerale voluto da Matt Reeves.
2. Tra bugie e verità
Come si comporterebbe un eroe se abitasse le nostre città? E soprattutto: riuscirebbe davvero a scrollarsi di dosso i peccati di un mondo alla deriva come il nostro? Sarebbe davvero un eroe senza macchia? Nolan e Reeves sembrano porsi le stesse domanda, arrivando però a risposte diverse. Ne Il cavaliere oscuro il Batman di Nolan dimostra di avere un grande superpotere: il Cavaliere Oscuro di Bale si fida ciecamente degli altri. Questo Batman crede che nonostante tutto le persone meritino di essere salvate, meritino fiducia, perdono, salvezza. Predisposto a vedere del buono nei cittadini di Gotham, l’Uomo Pipistrello di Nolan crede che la gente abbia bisogno di un ideale positivo in cui riconoscersi. E non può certo essere un uomo che si nasconde dietro una maschera e un mantello, ma una persona vera, reale, tangibile. Una figura pubblica come Harvey Dent. Ed eccolo qui il grande e commovente atto eroico di questo Batman: il suo sacrifico necessario, il suo passo indietro nell’ombra per fare luce su un bene collettivo. Nel prendersi la colpa delle malefatte di Dent, Il cavaliere oscuro trasforma Batman in un eroe politico, che scende a compromessi con le istituzioni attraverso una bugia necessaria, un falso mito che utilizza Batman come colpevole per difendere l’innocenza di Dent.
Incredibile come The Batman faccia l’esatto opposto, perché nel film di Matt Reeves il viaggio dell’eroe va contromano sulla stessa via. Perché l’impulsivo Batman di Robert Pattinson è cresciuto nella menzogna, è assuefatto dalle bugie sulla sua famiglia e sulla sua città. Così fa il percorso contrario del Batman di Bale e va alla ricerca della verità. Una verità scomoda, dolorosa, sconvolgente. Una verità servita su un piatto d’argento arrugginito dall’antagonista di turno (l’Enigmista), che ha mosso Batman come una marionetta per portarlo sulla via della consapevolezza. Emblematiche le due immagini che chiudono entrambi i film: perfettamente speculari. Ne Il cavaliere oscuro il Batman di Nolan, ormai diventato capro espiatorio, fugge in sella a una moto dagli occhi di Gotham per rifugiarsi in un lungo esilio. Nel finale di The Batman, invece, vediamo l’eroe sempre su una moto, ma pronto ad affrontare Gotham. Mentre Selina Kyle fugge dalla città, l’eroe la guarda in faccia, quasi le sorride, abbracciandone speranze e disgrazie.
3. Something in the Wayne
Il cavaliere oscuro e The Batman sono due film perfettamente calati nel loro tempo, due opere figlie dei periodi storici che le hanno partorite. E per questo molto distanti nello stile e negli intenti. Lontani soprattutto nel raccontare l’etica di Bruce Wayne. Il cinecomic di Matt Reeves affonda le sue radici in un’epoca di malcontento collettivo, di grande sfiducia nelle istituzioni e nella collettività. The Batman, proprio come Joker qualche anno fa, prende atto che non esiste miglior collante sociale della rabbia. Nulla unisce le persone più del rancore, e negli ultimi due anni se ne sono accorti anche i muri. Coerente con questo sentire comune, Il Batman di Pattinson è rancoroso, violento, orgoglioso di sguazzare tra le tenebre. Non è rispettato, è temuto. Perché usa la paura come strumento. Ovvero la moneta corrente tra le vie di Gotham City, città arrabbia con sé stessa. Una condizione che presto metterà a disagio Batman, perché il giovane Cavaliere Oscuro non vuole essere solo rabbioso. Così il viaggio dell’eroe in The Batman parte dal rancore vendicativo per andare verso la speranza.
Il cavaliere oscuro, invece, era il figlio traumatizzato dell’11 settembre. Tutta la trilogia di Nolan ha nel terrorismo il grande spauracchio da combattere. E non è un caso che i tre villain della saga (Spaventapasseri, Joker e Bane) siano portatori malsani di paura tra le strade di Gotham. Nella sua predisposizione verso l’astrazione concettuale, Nolan ha trovato in Batman il perfetto strumento per raccontare la paura di quegli anni. E così ha preso Joker e lo ha trasformato in puro agente del caos. Sfuggente e inquietante come solo il terrore da essere.
In questo contesto dominato dalla paura, persino Batman non viene risparmiato. Infatti Il cavaliere oscuro di Nolan diventa paura, la abbraccia, affronta il suo timore dei pipistrelli per sublimarla attraverso l’icona di Batman.
Così scavando dentro l’anima inquieta di Bruce Wayne, ecco che The Batman ha fatto venire a galla la rabbia del 2022, mentre Nolan ha preso coscienza del terrore dilagante nel sempre più lontano 2008.
4. Scherzi e indovinelli
E infine, eccoli. Li abbiamo lasciati per il gran finale, ma non potevamo certo dimenticarci delle due nemesi per eccellenza. Due entità malefiche inquietanti perché dal volto sfigurato, caotico, coperto, con gli occhi a dominare il volto sfatto del Joker e la faccia oppressa dell’Enigmista. Il cavaliere oscuro e The Batman ci hanno regalato due nemici abilissimi nello sfidare Batman sul piano personale e sociale, capaci di entrare nei punti deboli dell’eroe in modo intimo e allo stesso tempo a dar spettacolo di sé coinvolgendo tutta la popolazione.
Ne Il cavaliere oscuro Joker è una mina vagante, un’anima in pena subdola e manipolatrice. Heath Ledger è stato gigantesco nell’abbracciare questa creatura delle origini contraddittorie (e per questo ancora più inquietante), un vero e proprio terrorista che usa anche i media per scuotere l’opinione pubblica con i suoi sadici spettacoli di morte. Questo Joker è puro caos (è vero), ma come tutti i grandi villain è anche contraddittorio, perché è anche un grande calcolatore. Come quando vuole utilizzare e sfruttare la rabbia di Harvey Dent per deludere Batman e il popolo di Gotham; o come quando organizza quel macabro gioco di società con le due navi pronte a farsi esplodere per dimostrare al Cavaliere Oscuro che la sua gente non merita la sua stima. L’apoteosi arriva nell’iconica scena dell’interrogatorio, in cui Joker cerca di trovare dei punti di contatto tra lui e Batman, provando a convincerlo di essere un freak inquietante proprio come lui.
Stessa dinamica e contesto simile anche in The Batman, dove l’Uomo Pipistrello e l’Enigmista si trovano faccia a faccia nell’ospedale di Arkham. E questa volta i punti di contatto sono davvero lampanti: l’eroe e il villain sono entrambi orfani, entrambi rinchiusi dietro maschere simili a museruole, entrambi figli di una città corrotta.
L’utilizzo dell’Enigmista è forse uno dei punti di contatto più lampanti tra The Batman e Il cavaliere oscuro, perché proprio come Joker anche il nostro Riddler prima cerca in Batman uno specchio in cui riflettersi e poi terrorizza la popolazione da bravo serial killer. Il Joker voleva soprattutto distruggere gli ideali di Batman, mentre l’Enigmista è più pragmatico, ma anche lui irride e manipola l’eroe (a suon di indovinelli). Anche lui sfrutta i mezzi del suo tempo per terrorizzare le persone. Joker usava i telegiornali, l’Enigmista i social. Il Joker plagiava menti deboli con la sua arte affabulatoria. L’Enigmista agisce quasi da influencer, raccogliendo followers fanatici su una specie di Twitch. Ecco come attraverso un’icona come Batman due film lontani 15 anni hanno detto cose diverse muovendosi sullo stesso terreno: quello marcio di Gotham City. Quella città sempre meno rinchiusa tra le tavole dei fumetti, che si allarga dentro grandi schermi e magari si stiracchia un po’ nelle nostre vite.
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