In esclusiva su Sky e NOW dal 20 maggio, Il Simpatizzante è un’opera che tenta in ogni modo di sorprendere chi si trova dall’altra parte dello schermo – proprio come fece il romanzo originale di Viet Thanh Nguyen, Premio Pulitzer per la narrativa nel 2016. Un adattamento in piena regola, che per sua natura necessitava di nomi di un certo rilievo. E qui arrivano due pezzi da novanta, il maestro coreano Park Chan-Wook e lo sceneggiatore Don McKellar, pronti a raccontare un conflitto complesso e sfaccettato da un punto di vista decisamente originale. Sette puntate da circa 1 ora ciascuna per un’epopea che mescola generi e contesti in un caotico vortice da cui è difficile uscire.
The Sympathizer è un racconto di prospettive, di sguardi che si abbattono sulla cultura e che giudicano società palesemente in balia di un conflitto che genera speranze e rimpianti in egual misura. Il Vietnam è stato raccontato da molti, nel cinema in particolare, e proprio dalle diverse prospettive di un conflitto fallace nascono le derive di un’opera parallela che sposta la conversazione altrove. Un delirio di identità sfuggenti, dedalo di incontri (o contrasti) in bilico e di parallelismi destinati a far discutere. Lo slancio di Park, nel suo impeto più originale, gioca tutto sulla comunicazione: parole e riferimenti inondano lo spettatore mentre lo sguardo della serie esplora le dinamiche di un’America imperante e corrotta. Tecniche sottili e trovate brillanti che costruiscono, puntata dopo puntata, un castello di carte sorretto a stento dalla prospettiva di chi racconta – pronto a crollare sotto il peso di realtà incerte.
Genere: Thriller
Durata: 55 minuti ca./7 episodi
Uscita: 20 maggio 2024 (Sky e NOW)
Cast: Hoa Xuande, Robert Downey Jr, Sandra Ho
L’esule
Come racconta il romanzo di Nguyen, senza conflitto non ci sarebbe probabilmente mai stato un reale collegamento tra Oriente e Occidente: i tentativi di congiunzione tra questi mondi paralleli hanno sempre palesato quanto né l’uno, né l’altro, siano mai stati davvero pronti a incontrarsi. Il protagonista del racconto è diabolicamente emblematico in questo senso: le sue origini si mescolano fra le due culture, condannandolo a essere apolide ed esule per natura, ma anche senza nome per principio. Il Capitano (Hoa Xuande) è nessuno, e se è qualcuno non sa di esserlo. Si tratta soltanto di un uomo incerto, costretto a oscillare tra fedeltà non corrisposte. Non è chiaro quale sia il suo passato, ma soltanto quali siano le sue condanne.
Il Capitano ha come unica certezza il Vietnam, da cui dipende la sua intera esistenza. E allo spettatore non resta che aggrapparsi agli unici spiragli di realtà tangibile presenti nella sua storia: un luogo di reclusione, il suono di un registratore che parte, la voce di una sedicente spia che si fa sempre più familiare. Il racconto “vive” solo qui e ora, in uno spazio che diventa punto fermo e si libera dai frammenti del tempo. Così in ogni episodio si mescolano intrighi e aneddoti non meglio definiti, tanto fluidi e cangianti quanto la gestione narrativa degli showrunner.
McKellar non si preoccupa troppo del tempo, e anzi lo sfrutta per approfondire il suo dialogo con lo spettatore. Attraverso lo sguardo attento di Park Chan-Wook, Il Simpatizzante attinge al tempo come a una sorgente da cui estrapolare istanti cristallizzati che si fanno reali soltanto attraverso la loro interpretazione nel presente. E il presente dice che una spia in stato di reclusione sta raccontando la sua folle storia, senza tralasciare nulla al caso.
Un destino a molte facce
A far da contraltare alla sua visione, però, c’è una scelta tutt’altro che casuale: Robert Downey Jr è la presenza ricorrente della serie e dei suoi racconti. Un attore fresco di Oscar per quattro personaggi diversi: un agente della CIA, un professore, un membro del Congresso e un regista della Nuova Hollywood. Una prova attoriale di grande livello, ma anche una scelta autocelebrativa (del resto, Downey è fra i produttori della serie) e dichiaratamente simbolica. Robert Downey Jr. incarna le diverse facce di un’America bianca e prevaricatrice, perfetto contraltare all’incertezza del Capitano. Un’entità cangiante che non teme confronti, che disprezza il diverso e non vede l’ora di sottometterlo, ma soprattutto il riflesso di apparenze e inganni.
A loro l’esule è costantemente attratto e repulso: ne percepisce il fascino e prova a identificarvisi, ma tituba perché da esterno può vedere (e disprezzare) anche il marcio che pervade le apparenze. Il dualismo, imperante e opprimente, si fa quasi sinistro nel rappresentare i legami tra gli interpreti attraverso un’ottica spesso morbosa, smorzata dall’estro e dall’istrionismo di Downey che quasi distrae lo spettatore. Il principale traino della serie sarà probabilmente l’attore americano, decisamente inquadrato in un progetto destinato a conferirgli tutti gli onori del caso, ma forse sovraccaricato in più di un’occasione.
Così è se vi pare
A tratti, la serie rischia di ingolfarsi proprio sugli eccessi con cui intende accattivare gli spettatori meno attenti. La messa in scena pazzesca (specie nei primi tre episodi) e il materiale originale avrebbero goduto di maggior ariosità alternando al grandeur dei frangenti più sottili. La complessità c’è, ma raramente trova il modo di ricongiungersi alla tensione emotiva del suo protagonista – e quindi al centro nevralgico del romanzo. Park Chan-Wook e Don McKellar si sono palesemente divertiti con Il Simpatizzante, creando una serie fra le più ambiziose di sempre, ma imperfetta per sua stessa ammissione. Lo squilibrio e il caos dominano la scena, pur mantenendo un certo ordine attraverso la chiave satirica del racconto, ma gli elementi non risultano particolarmente connessi.
I temi sono tantissimi, alcuni soltanto accennati; eppure il cuore narrativo della pellicola e il suo reale sottotesto, quello del “racconto che nasce da ogni cosa”, si perdono fra le critiche a un contesto corrotto e di facciata. Da una parte, è più che comprensibile: il Capitano è il regista della sua stessa storia e al contempo un narratore tutt’altro che affidabile, ma mancando di coerenza esterna rischia più volte di perdere il filo. Restano il coraggio immenso nel raccontare una storia di questo calibro abbattendo le convenzioni del genere, ma anche l’idea di creare un racconto di prospettive in cui ogni storia può essere valida per chi la racconta. La costruzione delle atmosfere e la struttura del racconto porteranno la serie verso diversi traguardi, ma i suoi contenuti potrebbero provocare un tracollo non indifferente.
Il Simpatizzante è intrinsecamente fallace, scostante e delirante tra i suoi alti e bassi, ma nello spirito resta ironicamente fedele all’idea di Nguyen: nessun racconto può davvero essere universale, e la fedeltà è materia assai complessa.
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L'adattamento targato HBO de Il Simpatizzante brilla tanto nella messa in scena, quanto nelle interpretazioni del cast. Le ambizioni ci sono tutte, come dimostra lo sguardo attento di Park Chan-Wook, ma i tentativi di Don McKellar di far satira su troppi elementi sovraccaricano il racconto e rischiano in troppi frangenti di deviare l'attenzione.