Prodotta da Fidelio e Grøenlandia, in collaborazione con Prime Video e Rai Fiction, Antonia è un’ironica serie dramedy diretta da Chiara Malta con la supervisione creativa di Valerio Mastandrea, che in 6 episodi racconta il percorso di Antonia (Chiara Martegiani) successivo alla diagnosi di endometriosi. Nella giungla urbana di Roma, questa protagonista carismatica, irriverente e acuta fallisce nel tentativo di ignorare il dolore e torna all’origine attraversando le proprie voragini, fisiche ed emotive.
Viviamo in rete, ma siamo spesso incapaci di crearla, passivi alla richiesta di ascolto perfino delle persone che dovremmo conoscere meglio. Tuttologi esperti, medici di base, psicologi iscritti all’albo dell’università della vita, eppure l’informazione ha ancora solo il rispetto della nicchia, di chi attivamente ricerca o si lascia educare senza la pretesa di assolvere il compito in autonomia. Antonia è una scommessa coraggiosa, perché estende la premessa – esclusivamente femminile – a un’esigenza collettiva più profonda.
Ne abbiamo parlato con Silvio Maselli, manager dell’audiovisivo e produttore di Antonia per Fidelio, società di produzione cinematografica e audiovisiva con la direzione artistica di Daniele Basilio.
Da original a pre-acquisto: la mediazione con Grøenlandia e l’appello degli indie
Antonia è nata nel 2019, ma ha visto la luce solo cinque anni più tardi. Nel mezzo, una pandemia e una continua evoluzione digitale. Puoi raccontarci la gestazione di questa serie?
Maselli: “È la metafora del dialogo tra società indipendenti e grandi piattaforme distributive. Il soggetto, scritto da Chiara Martegiani, Elisa Casseri e Carlotta Corradi, è arrivato a Fidelio tramite Valerio Mastandrea, e ce ne siamo innamorati io e Daniele Basilio, che condivide con me la gestione della società. Così abbiamo chiesto a Chiara, Elisa e Carlotta di scrivere un soggetto più strutturato e lo abbiamo subito presentato ad Amazon che stava investendo in Europa in storie innovative.
Lo abbiamo spedito a Londra, al tempo non c’era ancora la struttura editoriale italiana, e se ne innamorò letteralmente l’allora responsabile EMEA di Amazon Original Content che fece con noi una call in piena post pandemia, a metà 2020. Ci disse che il progetto era bellissimo per la tv italiana e ci informò che Amazon Italia sarebbe sbarcato dopo qualche mese e che quindi, al suo rientro, avremmo avuto modo di parlare direttamente con il team italiano per sviluppare il progetto. Le piattaforme digitali viaggiano velocemente, i loro algoritmi restituiscono feedback immediati rispetto ai gusti del loro pubblico e quindi Amazon ha virato verso l’entertainment e Antonia da original è diventato un contenuto di pre-acquisto. Questo ci ha consentito di avere più tempo per svilupparla e modificare le idee iniziali.
Antonia è cambiata dall’esordio. Quando abbiamo avuto il greenlight abbiamo deciso, in assenza di un quadro normativo certo – perché il nostro paese si dice sovranista e desideroso di valorizzare imprese nazionali ma non fa nulla nei propri provvedimenti legislativi e nelle macchine amministrative per consentire agli indie di prosperare e sostenere contenuti, soprattutto i pre-acquistati – di rivolgerci a Grøenlandia che ha scelto di salire a bordo per darci una mano a realizzarlo. In assenza di un decreto tax credit è convenuto realizzare una serie in condivisione, piuttosto che da soli, perché i tassi passivi delle banche sono più alti di quello che Grøenlandia ha riconosciuto a noi. Antonia nasce dentro Fidelio ed è arrivata a Grøenlandia, che l’ha accolta con passione e impegno.
La storia di Antonia ha a che fare con i grandi cambiamenti di questa industria, non sempre accompagnati o capiti dal regolatore pubblico. A questo proposito faccio un appello: le regole ci sono, bisogna essere tempestivi nel renderle applicabili nel contesto economico italiano. La cosa peggiore per un imprenditore è l’incertezza, non possiamo allocare investimenti multimilionari (Antonia costa circa 5 milioni) senza avere sicurezze sui tempi di sviluppo dell’investimento. La Rai, che ringrazio, ha da noi pre-acquistato insieme ad Amazon la licenza per trasmettere Antonia su territorio italiano attraverso RaiPlay, ma in seconda finestra. Mariapia Ammirati, direttrice di Rai Fiction, ha capito il valore di Antonia per una piattaforma come Rai Play perché può rappresentare una grande opportunità essendo indirizzata a un pubblico diverso da quello consolidato negli eccellenti ultimi anni di programmazione. Rai è entrata con una quota minore (dal sesto mese sarà disponibile sia su Rai Play che su canale) e questo dimostra il valore della co-produzione.”
A tal proposito, quanto di Antonia è cambiato nella mediazione con Grøenlandia?
Maselli: “Non molto, in realtà. Con Grøenlandia è cambiata, durante il dialogo con la piattaforma, passando da un original a pre-acquisto. C’era un cast differente e alcuni passaggi sono stati semplificati, dovevano arrivare più velocemente senza la mediazione di una conoscenza culturale. Il bacino di utenza aveva un target diverso. Basti pensare a una delle scene iniziali, in cui Antonia si trova a gestire la pretesa del proprio partner di completare un rapporto sessuale non protetto, che senza discussione e consenso preventivo è un atto di violenza. Per noi mediamente avanzati è un fatto consolidato, eppure c’è un grado di sensibilità differente che richiede una scrittura differente e accessibile a più letture e interpretazioni.”
La critica ha visto in Antonia la stessa comicità british del personaggio di Fleabag. A chi si rivolge la serie?
Maselli: Chi fa il nostro mestiere pensa di parlare a tutti, perché tutti hanno gli stessi diritti audiovisivi. Antonia è stricted, come dicono gli amici delle piattaforme, guarda a un pubblico femminile metropolitano e ai loro compagni per aiutarli a capire meglio la partner. Io penso sia una serie queer, non c’è una barriera culturale o linguistica, è un contenuto fruibile per chi è disposto a mettersi all’ascolto: anche i maschi devono fare i conti con la malattia e l’autoaffermazione femminile. Mi auguro la vedano i maschi, che hanno il patriarcato nel proprio codice genetico, e attraverso un percorso di acculturazione possano riconoscerne i sintomi e allontanarli.
Come Alice nella tana del Bianconiglio: risalire attraverso i propri buchi neri
Il focus è sulla psicoterapia: Antonia passa dall’indagare un problema fisico a fare i conti con la propria salute mentale attraverso la terapia. Possiamo dire che Antonia è un manifesto?
Maselli: “Assolutamente sì. Del primo soggetto abbiamo amato soprattutto la verticale di puntata che ha un metodo psicoanalitico differente. Oltre l’obiettivo divertimento che questo genera, al fondo c’è l’idea che non importi il metodo, ma l’attitudine. Nella prima stagione Antonia fa fatica a capire di dover fare un viaggio dentro di sé. Il “dammi tregua” di Antonia è il “ho bisogno di esplorare il mio buco nero”. C’è da capire se il cambiamento renda migliori o possa portare alla regressione. La salute mentale è importante, bisogna smettere di avere paura di sentirsi fragili. I professionisti aiutano chiunque a migliorare il proprio rapporto con il mondo, le nuove generazioni sono più avanti, sono le vecchie a resistere. Questa serie è per loro un monito, e un manifesto, a vivere la salute mentale come un pezzo della salute tout court.”
La costruzione del terzo episodio sembra una strizzata d’occhio al personaggio animato di Alice nella tana del Bianconiglio. Antonia cerca di combattere il pregiudizio sulla salute mentale?
Maselli: Se non riusciamo a riconoscere la richiesta di aiuto dei nostri amici più cari (l’aiuto che Antonia manda a Radiosa, e Radiosa manda ad Antonia ndr.) questo dice molto sulla necessità di provvedere a garantirla a tutti. Il bonus psicologo lo ha dimostrato, c’è un bisogno non più latente di crescita e riflessione.
Fidelio è una società di produzione cinematografica e audiovisiva che si inserisce nella trasformazione digitale e di settore con una cifra innovativa e originale. Quali sono i vostri valori e quali sono i vostri prossimi progetti?
Maselli: “Ci piacciono le storie. Se devo trovare un trait d’union sicuramente il senso di responsabilità, oltre che il talento e la passione per l’espressione artistica. Vedrete presto Nero a metà, un documentario su Pino Daniele e sulla storia del disco che lo consacrò nell’Olimpo della musica italiana. Un musicista napoletano che suona il blues e miscela sonorità mediterranee con quelle oltre oceano, raccontiamo la parabola artistica della sua prima fase di carriera. In estate invece saremo a Milano per girare Hype, storia di un talento collettivo di una crew di rapper con alla regia Fabio Mollo e Domenico Croce, registi rispettivamente di My soul Summer e Vetro, i nostri primi due film. Stiamo lavorando anche molti progetti filmici, siamo molto legati a Le tre del mattino tratto da un romanzo di Gianrico Carofiglio, storia di un padre e un figlio costretti a vivere negli anni ’80 due notti e tre giorni in una Marsiglia violenta e oscura. Diventeranno persone diverse.”