Il final trailer del remake in live action de La Sirenetta lo abbiamo trovato questa mattina sulla battigia, inaspettatamente trasportato dalla corrente di un’edizione, questa degli Oscar 2023, che farà tiepidamente parlare di se, non sempre per le cose giuste. Un nubifragio, quello di stanotte, a cui solo una balena poteva sopravvivere.
Quello che abbiamo visto nelle nuove immagini mostrate nel nuovo trailer ci conferma ciò che sospettavamo: La Sirenetta di Rob Marshall seguirà di pari passo la scia del classico dell’89, con la solita mancanza del coraggio di arrivare fino in fondo, mascherata da proverbiale rispetto per il film che salvò la Disney dagli abissi più profondi. Una scusa troppo spesso utilizzata per giustificare la pigrizia dei prodotti che negli ultimi anni ci vengono propinati.
Quel che è certo è che la speranza è l’ultima a morire e nel profondo – ammettiamolo – sogniamo ancora di innamorarci perdutamente anche di questa nuova Ariel.
Partendo dal trailer, proviamo a capire cosa ci ha convinto (e cosa no) del nuovo live action Disney, in sala dal 24 maggio.
La Sirenetta: davvero sono stati i colori a renderla iconica?
Sono proprio gli occhi pieni di sogno e meraviglia della protagonista, Halle Bailey, a riaccendere le aspettative. Sebbene la fluttuante chioma rosso fuoco manchi agli occhi degli spettatori più nostalgici, l’essenza del personaggio di Ariel va ben oltre il contrasto cromatico.
Generazioni di bambini e bambine si sono identificati in lei perché manifesto di un’adolescenza improvvisa, dettata dalla voglia di esplorare nuovi orizzonti, sperimentare la propria libertà e dare un nome a quel sentimento che ti può spingere nella tempesta più terrificante per salvare la vita di un marinaio appena conosciuto. E magari non possiamo chiamarlo amore, ma è sicuramente un rito di passaggio per qualsiasi adolescente guidato dall’istinto, alla ricerca della propria identità, lontano dall’ossessione di controllo genitoriale che vorrebbe proteggere ed invece soffoca. Ariel può respirare sott’acqua, eppure boccheggia.
Già dal primo trailer, insieme ad una voce davvero meravigliosa, le capacità espressive della giovane Bailey avevano convinto chiunque avesse deciso di togliere il paraocchi della superficialità. Non ci resta che sperare che questo suo talento venga valorizzato da ciò che le nuoterà intorno.
I padri vanno di moda anche in casa Disney
Spesso l’unica cosa che salva questi live action non richiesti è proprio il cast. Volente o nolente, se centri i nomi giusti, questi porteranno al cinema anche i più scettici. L’abbiamo visto per titoli altisonanti ma complicati come Il Re Leone, La Bella e la Bestia, Aladdin e anche questa volta, ne siamo sicuri, avere un nome come quello di Javier Bardem nei panni di Tritone darà una grande spinta.
In questo nuovo trailer lo vediamo brevemente, ma tanto basta per trovarlo a suo agio in un personaggio che rappresenta pienamente tutti i canoni tipici della rappresentazione classica della divinità, quella con il corpo scultoreo a valorizzare la potenza fisica, in contrasto con la barba e i capelli bianchi che ne dimostrano l’effettiva immortalità, esperienza e saggezza. Il personaggio di Tritone è forse uno dei più profondi se si parla delle figure genitoriali dei protagonisti Disney. Avranno approfittato di due interpreti così talentuosi come Bardem e Bailey per approfondire il complicato ma straordinario rapporto padre e figlia da Tritone ed Ariel?
La CGI, compresa quella parlante
Lo stile dei live action Disney ormai è ampiamente riconoscibile. E non è un complimento.
Piatto, anonimo, devoto al green screen. Effetti visivi che portano a casa il compitino e si prendono faticosamente un 6.
L’imbarazzante live action su Il Re Leone ce l’ha insegnato con una dura, durissima lezione.
Se un animale creato in computer grafica è troppo realistico, sarà davvero difficile che sia credibile nel momento in cui inizierà a parlare o peggio, cantare. Ed è anche il caso di Sebastian, Scuttle e Flounder, i tre inseparabili amici del mondo animale che seguono Ariel nelle sue avventure.
E anche se i più si preoccupano di certi cambi cromatici a quanto pare troppo difficili da accettare, sarebbe il caso di impensierirsi di più sul come potremo goderci una scena come quella iconica di “In Fondo al Mar” se a cantarla sarà un Sebastian che sembra uscito dall’acquario di un ristorante.
Speriamo in un miracolo di coinvolgimento.
Tentacoli al neon
C’è un motivo se la scena più potente del classico Disney basato sulla fiaba di Andersen è affidata alla cattiva.
Nel film d’animazione, La Canzone di Ursula è assolutamente spettacolare, da molti definito uno dei punti più alti dell’animazione e della narrazione di quegli anni. Inevitabile, in questo caso più del solito, la nostra curiosità è puntata sull’antagonista della storia, una delle più iconiche e carismatiche che il cinema ci abbia mai regalato: Ursula.
Proprio per questo, scegliendo Melissa McCarthy, Disney le affida una responsabilità dalle dimensioni decisamente complicate da gestire.
Nonostante questo look al neon visto nel final trailer sia di grande impatto visivo, la McCartney non conquista né convince particolarmente. Tanto uguale a Ursula classe 1989 nel make up, quanto diversa nell’espressività, Melissa non possiede i tratti marcati ed inquietanti della cecaelia più vendicativa dei sette mari e dovrà attingere dalla sua personalità recitativa per creare quella Ursula di cui questa nuova Ariel avrà bisogno.