Abbiamo scambiato qualche parola con Felice Antignani, legale di affari e talentuoso filmmaker indie, in occasione del suo ultimo cortometraggio Cani affamati, un’opera che risente della forte influenza di tanto cinema noir italiano degli anni Settanta e che sta già ottenendo differenti riconoscimenti in vari festival nazionali. Con tanta passione e voglia di trasmettere l’amore per la Settima arte, il regista ha risposto alle nostre domande, colmando così tutte le nostre curiosità in merito alla sua nuova fatica filmica.
La genesi del progetto
Come nasce Cani affamati?
Cani affamati nasce da un’idea di Alessandro Amato, socio fondatore (con me e Nicolò Tagliabue) del collettivo Ordinary Frames, e autore del soggetto. Come lui stesso ha affermato, in più di un’occasione, tale soggetto è nato… per me, in quanto totalmente nelle mie corde artistiche. D’altronde, il sottobosco criminale e, soprattutto, i contrasti tra uomini, da un lato, e situazioni più grandi di loro, dall’altro lato, sono caratteristiche peculiari di tutta la mia (piccola) filmografia. Ho scritto la prima bozza di sceneggiatura, che, dopo alcune revisioni a quattro mani (le mie e quelle di Alessandro), è diventata quella definitiva.
Le atmosfere, nonché il plot del tuo ultimo film, da quali registi sono stati ispirati?
Cani arrabbiati di Mario Bava e Buongiorno, notte di Marco Bellocchio, soprattutto. Il primo per il meccanismo – onestamente mai visto altrove – del crimine nel crimine. Il secondo per le sensazioni della protagonista e per il suo crescente senso di colpa. A essi, come precisato nel press kit di Cani affamati, è doveroso aggiungere la filmografia noir di Fernando Di Leo, in termini di atmosfere e di racconto “neutro” degli eventi, senza proferire alcun giudizio circa i personaggi e le loro azioni criminose.
Rivalutare il cinema del passato
Quanto è importante, oggi, rivalutare un certo cinema poliziottesco del passato, soprattutto per portarlo all’attenzione delle nuove generazioni?
Allora, parto dalla definizione. Credo sia più corretto definirlo “poliziesco all’italiana” o “poliziesco” tout court, considerando che l’espressione “poliziottesco” era decisamente dispregiativa. In aggiunta, durante gli anni ’70, finivano per essere definiti “poliziotteschi” (rectius, “polizieschi all’italiana”) anche film dove la polizia era completamente assente o presente in porzioni marginali. Ecco, questi ultimi due esempi di film sono tra i miei preferiti in assoluto. Cani affamati è un crime puro, una storia in cui le forze dell’ordine sono assenti. Da ultimo, trovo che la riscoperta effettuata negli ultimi quindici/venti anni, grazie a una nuova generazione di critici cinematografici, sia dei polizieschi veri e propri, sia di quelli non propriamente tali (per le suddette ragioni), è stata sicuramente opportuna oltre che importante per le nuove generazioni (tra i quali metto anche me, dato che sono nato nel 1982 e, quindi, poco dopo la morte di quel genere).
Tra i registi italiani esponenti del genere, qual è o quali sono i tuoi preferiti e perché?
Enzo G. Castellari, Umberto Lenzi, Sergio Martino, Romolo Guerrieri, Mario Caiano e – se parliamo di finti polizieschi e più propriamente, invece, di noir – Fernando Di Leo. Gli autori citati sono molto diversi tra loro; i tratti comuni, che a me piacciono molto, ruotano tutti interno al realismo delle scene, alla violenza e, talvolta, a un certo trasporto emotivo.
Pensi che questo genere, per anni considerato di serie b, possa trovare nuova linfa tra le produzioni italiani attuali e/o future?
Onestamente non saprei. I plot a oggetto il “super poliziotto” oggi non sono più proponibili. Diverso il discorso, invece, se parliamo di crime movies, in cui la presenza delle forze dell’ordine e della criminalità è bilanciata. Meglio ancora, come detto prima, se la polizia è totalmente assente, e la scena del film è occupata esclusivamente dalla criminalità, come avviene in Cani affamati.
Conclusa l’esperienza sul set di Cani affamati, al momento sei alle prese con la promozione di quest’ultimo. Ci sono nuovi progetti all’orizzonte?
Cani affamati ha iniziato da pochissimo il suo percorso festivaliero internazionale. Ha già vinto, quale miglior crime movie, al Calgary Independent Film Festival, ed è attualmente in concorso al 75° Festival Internazionale del Cinema di Salerno. Negli ultimi due mesi, ho girato (in co-regia con Paolo Furino) un cortometraggio (il mio quinto) dal titolo Foliè a deux. Una storia torbida, ossessiva e disturbata, scritta da Paolo. Mi sono divertito molto sul set e non vedo l’ora che la sua post-produzione sia terminata.