Sarah J. Maas è un nome ormai noto nel mondo dell’universo fantasy, soprattutto per quel che riguarda il fantasy paranormal romance new adult. Tra le autrici più amate e seguite, vincitrice ormai fissa dei Goodreads Awards, ma anche scrittrice piena di hater che mettono in dubbio le sue capacità narrative, Sarah J. Maas ha continuato per la sua strada, dando alle stampe saghe che hanno convinto milioni di lettori.
Nella recensione di Una Corte di Spine e Rose andremo proprio alla scoperta di quegli elementi che hanno reso Sarah J. Maas tanto un’autrice di punta, quanto lo spauracchio per molti che in lei vedono il tramonto e la svendita del genere fantasy. Una corte di Spine e Rose è il titolo del Drago che racchiude i primi tre romanzi della trilogia: La corte di rose e spine, La corte di nebbia e furia e La corte di ali e rovina. A questi titoli si aggiunge anche la novella Una corte di gelo e stelle.
Quello che rimane assolutamente innegabile è la capacità di Sarah J. Maas e delle sue storie di parlare ad una fetta di pubblico ben definita, un pubblico che l’autrice ha fidelizzato con la sola forza della sua creatività. Senza contare che La Corte di Rose e Spine era diventato un fenomeno editoriale ancor prima di giungere in Italia. Il suo successo all’estero è stato tale che moltissimi lettori hanno scelto di non aspettare una possibile pubblicazione italiana, gettandosi direttamente nella versione originale. E questo dimostra un’altra dote che nessun artista dovrebbe sottovalutare: la capacità di creare il tanto agognato hype.
Una corte di Spine e Rose
Genere: Fantasy/Paranormal Romance
Pagine: 1140 pagine – Edizione Drago
Editore: Mondadori
La trama di Una Corte di Spine e Rose
Feyre è una ragazza che, ogni giorno, deve andare a caccia per cercare di sostenere una famiglia che grava sulle sue spalle e che non sembra incline a mostrare la propria riconoscenza. L’esistenza arida passata nei pressi di una foresta fredda subisce uno scossone quando, dopo aver ucciso un lupo per poter avere la sua preda, Feyre finisce per essere rapita da un misterioso Fae, che la conduce nel suo regno, quella terra quasi leggendaria separata dal mondo dei comuni mortali e che porta il nome di Prythian. Diventata una prigioniera presso la Corte della Primavera, Feyre inizia pian piano a conoscere il suo rapitore, Tamlin, con il quale inizia una passione inaspettata. Ma il regno in cui Feyre si trova è un mondo irto di pericoli e menzogne, dove tutti portano maschere, compresa quella della virtù, che fa sembrare docile persino la bestia più crudele. Feyre si troverà a dover combattere per la sua vita e per difendere le persone che ama, mentre nella sua esistenza subentrano nuovi personaggi, come il potente Rhysand, signore della Corte della Notte.
Un retelling che non ci ha creduto fino in fondo
Prima ancora che il primo capitolo della saga arrivasse sugli scaffali delle librerie italiane, l’opera di Sarah J. Maas aveva attirato l’attenzione di molti perché veniva presentato come una rivisitazione – e, dunque, un retelling – della fiaba de La bella e la bestia. Il primo romanzo, infatti, cerca di riproporre proprio il topos della ragazza bella e coraggiosa che si consegna a una bestia per salvare la propria famiglia e accetta di rimanere prigioniera, per poi scoprire che dietro il volto del mostro si nasconde un’anima gentile, degna di essere amata.
Peccato che questa scelta narrativa si mostri solo come un’intelligente mossa di marketing. Sebbene all’inizio ci siano alcuni elementi che il romanzo ha in comune con la nota favola, man mano che si procede con la lettura (e con i romanzi) il legame appare sempre più flebile, fino a scomparire del tutto. Questa scelta di non seguire fino in fondo il progetto iniziale – o, almeno, quello che è stato professato come il progetto iniziale – porta a un andamento altalenante della saga, che ha non pochi problemi di coerenza e di tenuta del ritmo. Inoltre va detto che Sarah J. Maas non è certo la scrittrice più coraggiosa e originale: non solo nel riproporre stereotipi e cliché che possono anche sposarsi bene con la storia raccontata, ma nell’usare strutture narrative che già aveva usato in passato.
L’andamento dell’interesse amoroso della protagonista – che resta comunque il punto focale dell’intera operazione – segue pedissequamente quello che la Maas aveva già fatto nel 2012 con l’altra sua saga di successo, Il trono di ghiaccio. Questo fa sì che la storia raccontata nella saga di Una corte di spine e rose non solo non sorprenda più, ma dia al lettore la sensazione di avere a che fare con un’autrice che non è così sicura delle proprie scelte e la cui insicurezza si avverte anche in alcune scelte narrative così discutibili da rasentare il diritto di essere definite trash.
Una saga piena di problemi, ma che diverte
Quando si ha a che fare con Sarah J. Maas molti lettori sentono spesso il bisogno di definire la lettura un guilty pleasure, come se il piacere provato durante la lettura avesse bisogno di una giustificazione o comunque di essere privato della propria natura, per essere definito qualcosa di serie B. Ma il punto è che Una corte di spine e rose funziona perché fa quello che molti autori e lettori dimenticano sia il punto principale della lettura: intrattenere. Lo stile di Sarah J. Maas è molto semplice, ma è anche scorrevole, al punto da essere una lettura alla portata di tutti, che non appesantisce né si trincera dietro chissà quali pretese. Forse la scelta più saggia sarebbe sempre insistere sul fatto che si tratti di una sorta di paranormal romance, piuttosto che un high fantasy, perché nonostante il secondo volume tenti di arricchire il racconto con intrighi e complotti, il cuore del libro rimangono le (tante) storie d’amore.
Detto questo, però, va sottolineato che la saga ha alcuni problemi, anche gravi, che non possono essere ignorati. La mancanza di originalità è solo una delle tante imperfezioni che il libro presenta: tra le pagine si trovano anche esempi di queer baiting che possono infastidire, come la ridondanza di certi concetti (come quello del “mate”) che vengono ripetuti fino allo sfinimento. Alcune scelte narrative sono anche palesemente ridicole, che strappano un sorriso anche nelle scene che dovrebbero essere più drammatiche e i personaggi maschili tendono a loro modo ad assomigliarsi nella caratterizzazione. Il libro di Sarah J. Maas, dunque, non è forse il capolavoro che premi e vendite fanno immaginare: ma è un onesto prodotto di intrattenimento che piacerà molto a chi nei libri cerca soprattutto le storie d’amore ambientate in altri mondi.
La recensione in breve
Una corte di spine e rose è una trilogia che non è esente da difetti gravi, ma che racconta con onestà e semplicità una storia in cui sono le ship ad avere il peso maggiore.
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Voto ScreenWorld