Dalla sua prima apparizione datata 2005, il franchise di God of War è profondamente cambiato. Un videogioco che al poco budget ha contrapposto una sana passione per il medium videoludico, tanto da raccogliere schiere di appassionati e lanciarsi nell’Olimpo dei titoli di punta di PlayStation 2.
È dunque una sensazione strana quando, a distanza di tantissimi anni, ci si ritrova accanto a un falò, mentre fuori il gelo del Fimbulwinter annuncia l’imminente fine di tutto, per raccontare le gesta di Atreus e Kratos in quella che sarà la loro ultima avventura: God of War Ragnarök. L’uscita del videogioco, attesa per il 9 novembre in esclusiva su sistemi PlayStation 4 e 5, segna infatti un finale sorprendente, denso di emozioni, un epilogo inevitabile per una storia che mai come in questa occasione diventa un racconto universale su un padre che vede crescere il figlio e teme per la sua incolumità, mentre fuori casa c’è un intero mondo pieno di pericoli mortali.
L’inizio del Ragnarök
God of War Ragnarök, come già ampiamente comunicato da parte di Santa Monica Studio e diretti sviluppatori, riprende esattamente dalla fine del precedente capitolo, datato 2018, portandosi comunque dietro tutta quella grammatica di gioco che aveva sancito il successo di questa nuova visione di un redivivo generale spartano deciso a ricominciare una nuova vita nelle terre norrene.
Dopo gli eventi finali del precedente capitolo è giunto il Fimbulwinter, freddo e glaciale inverno che preannuncia l’arrivo del Ragnarök, la fine di tutto. Kratos e Atreus sono parte fondamentale di questo evento apocalittico per via delle profezie che li vedono in prima linea combattere contro Odino e forse perire alla fine di tutto.
Il destino dei due è già segnato? Possono cambiarlo oppure devono abbandonarsi all’evidenza dei fatti? Ha senso combattere una battaglia e prendere delle scelte se queste sono in realtà già state previste?
Tante, troppe domande. Domande che Kratos rimugina nella sua testa mentre vede Atreus crescere, diventare adolescente e dunque irascibile alle dure decisioni del padre. Lo stesso ragazzo necessita sia di libertà che di essere visto e riconosciuto dal padre come guerriero; comincerà quindi a fuggire, a vivere avventure proprie per mettersi alla prova, mentre da Asgard c’è qualcuno che lo chiama: se a casa sua è solo il piccolo Atreus, in altri luoghi viene chiamato – e venerato – come Loki.
Novità per affrontare la fine del mondo
Da quanto detto fino a questo momento, si può scorgere una parentesi narrativa molto più curata, attenta nell’esposizione e nel veicolare ogni singolo momento che verrà proposto; infatti God of War Ragnarök è un ricettacolo di colpi di scena, stravolgimenti, tradimenti e alleanze. Una ricetta che aveva funzionato nei precedenti capitoli di God of War e che qui si ripropone per mettere la parola fine a questa avventura di Kratos e Atreus.
Al netto delle spettacolari novità introdotte in questo sequel (per un’analisi più tecnica vi rimandiamo alla recensione su GamesEvolution), l’unica che vale la pena citare per sorreggere l’importanza della narrativa in questo capitolo è la possibilità di giocare anche nei panni di Atreus in specifici momenti.
Il resto del gioco è il classico more of the same potenziato all’inverosimile: il Leviatano, le Lame del Caos, una nuova arma da brandire, lo scudo, le diverse armature, tutto il nuovo sistema di abilità, le prove, le risorse, boss e mid-boss e circa 25 ore di longevità della storia principale a cui aggiungerne almeno altre 10 nel completare tutte le missioni e richieste secondarie.
God of War Ragnarök è senza ombra di dubbio imponente nei contenuti proposti, un’intelligente azione di sviluppo nel condensare in un capitolo finale la miglior grammatica di gioco possibile per divertirsi, commuoversi e sentirsi appagati alla fine di ogni combattimento.
Kratos e Atreus, le fiamme della passione
Questo sequel è incredibilmente farcito di tantissimi personaggi: a quelli che già conosciamo dal capitolo precedente, se ne aggiungeranno molti altri, decine di figure di spicco della mitologia norrena che hanno tutte il giusto minutaggio per essere introdotte e ben contestualizzate, senza mai risultare forzate, fuori luogo o aggiunte di poco peso.
Tutte queste figure gravitano attorno ai nostri due eroi. Kratos e Atreus sono senza ombra di dubbio il vero cuore pulsante di questa produzione che fa della narrativa il ramo portante. Senza nulla togliere al gioco precedente, qui il valore drammaturgico tocca vette notevoli, necessarie, dando vita a una storia in cui molte dinamiche possono risultare vicine a tanti di noi.
Le fughe notturne di Atreus – momento dove prenderemo i suoi comandi – per cercare un riscontro sulla sua identità come sul suo destino, sono la risposta naturale di un ragazzo che soffre la distanza emotiva che ha con il padre. Di contro Kratos attuerà durante questo viaggio un’importante mutazione – a tratti necessaria – per fare finalmente ordine nel suo passato e accettare il suo destino, qualunque esso sia.
Gli errori dei padri
La conclusione di God of War Ragnarök non guarda solo al precedente capitolo, bensì all’intero franchise della saga. God of War è sempre stato un prodotto che, sotto l’azione elettrizzante, la violenza e la sete di vendetta, ha costruito le sue basi solide sul delicato rapporto tra padri e figli.
Prima il rapporto tra Kratos e Zeus e ora quello tra Kratos e Atreus; e quando quest’ultimo scappa e si ribella al padre, ecco che il fantasma del passato si fa sempre più opprimente, qualcosa che Kratos non vuole rivivere a parti invertite e che da solo non riesce a gestire.
La conclusione di questa storia, che chiaramente vi invitiamo a godervi fino all’ultimo sorso, è un grandissimo inno al cambiamento, anche quando questo avviene in prossimità di un cataclisma apocalittico. Molte volte il destino può essere sconfitto dall’azione più semplice, quale quella di abbandonare la violenza per cercare un approccio diverso, perché la terra che lasceremo, presto o tardi che sia, diverrà la casa dei nostri figli. L’azione più eroica che un genitore possa compiere non è tanto un sacrificio in segno del destino, bensì cambiare per essere di esempio ai figli, forza motrice per la salvaguardia del futuro.
Una lettera d’amore
God of War Ragnarök per questi e tanti altri meriti di gameplay, è un gioco assolutamente meraviglioso, sicuramente uno dei migliori di questa annata videoludica. In particolare è impressionante come lo stesso gioco utilizzi meccaniche e stilemi classici del videogame per elevare la caratura dell’avventura narrata. Come se gli stessi sviluppatori stessero usando le avventure di Kratos per redigere un gigantesco tributo a tutta l’industria dei videogiochi, celebrare una passione in comune con un grandissimo videogioco, di quelli che fanno pompare sangue e passione nelle vene, e che ci fanno ritrovare al bar e discutere di tutto quello che abbiamo vissuto pad alla mano.
Quello che Santa Monica Studio ci ha lasciato è un saluto monumentale a uno dei personaggi più iconici di casa PlayStation, capace oggi, nel 2022, di smuovere l’attenzione mondiale mentre tutti si chiedono quale sarà il destino dei due amati eroi.
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