Cortometraggio : Film di breve durata, generalmente non superiore ai 40 min.
Per celebrare il Pride Month abbiamo scelto sei cortometraggi queer che raccontano la straordinaria varietà e profondità del mondo LGBTQIA+. In un panorama cinematografico dove la rappresentazione queer, seppur ancora minoritaria, cresce a ritmo costante, questi film incarnano il passaggio da una visione codificata e stereotipata a racconti più autentici e ricchi di complesse sfumature.
Grazie all’impulso del cinema indipendente e del New Queer Cinema degli anni ’90, oggi le storie queer si moltiplicano, abbracciando una pluralità di voci e identità spesso rese invisibili. Nonostante le sfide ancora presenti, come la sottorappresentazione di persone trans, non binarie e queer di colore, il cinema resta un potente mezzo di esplorazione e affermazione, capace di dare spazio a narrazioni ricche e diverse.
Una nota è necessaria: molti cortometraggi queer trovabili in rete provengono da paesi anglosassoni, che nel corso degli anni hanno sviluppato una produzione più ampia e spesso più ribelle in questo argomento. Per questo motivo, eccezionalmente, la rubrica di questo mese contiene esclusivamente cortometraggi anglofoni. Nonostante questo, i cortometraggi che vi proponiamo restano comunque un invito a immergersi in questo mondo complesso, attraverso generi e linguaggi differenti, per scoprire nuove prospettive e vivere storie che parlano di coraggio, amore e identità.
Corti Moderni: Billy Star
Kevin Abstract, 2017, USA, 22’
Billy Star è un cortometraggio particolare, un concept album visivo a metà strada tra musica e cinema, tra videoclip musicale e racconto cinematografico. Esordio alla regia di Kevin Abstract, frontman del gruppo hip-hop Brockhampton, con un corto che si basa sui suoi brani. Qui, per una volta, la direzione si inverte: non è il cinema a influenzare la musica, ma è un musicista a plasmare un film secondo le logiche e il ritmo della propria sensibilità sonora.
La storia è quella di un amore estivo tra due ragazzi: un meet-cute perfetto tra il protagonista, Helmet Boy, e il suo interesse amoroso. La relazione che nasce tra loro non viene raccontata seguendo una struttura narrativa tradizionale. Al contrario, Billy Star si muove come una canzone: predilige le emozioni ai fatti, le impressioni visive ai dialoghi, il flusso sensoriale alla linearità. È un racconto per immagini e suoni, in cui i momenti non sono descritti ma sentiti.
Il corto restituisce l’intensità di un amore estivo con la libertà e l’immediatezza della musica. È evocativo, frammentario, a tratti malinconico, proprio come una relazione destinata a bruciare in fretta ma lasciare il segno.
Per chi ne fosse rimasto colpito, Kevin Abstract ha poi espanso l’universo di Billy Star in un lungometraggio omonimo, anch’esso disponibile su Youtube.
Corti Sperimentali: Scorpio Rising e Superdyke
Kenneth Anger, 1963, USA, 28’ e Barbara Hammer, 1975, USA, 18’

Kenneth Anger e Barbara Hammer sono due figure fondamentali del cinema queer, ciascuno pioniere nel raccontare il desiderio omosessuale in un’epoca in cui la rappresentazione LGBTQ+ era marginalizzata o censurata. Anger, con il suo stile mitico e barocco, ha dato forma a un immaginario homoerotico potente e provocatorio, mentre Hammer, con un approccio più intimo e tattile, ha esplorato la soggettività lesbica con radicale onestà e vitalità. Entrambi hanno utilizzato il linguaggio del corpo come spazio di identità, piacere e resistenza, sfidando le norme etero-dominanti e trasformando il cinema in uno strumento di liberazione e affermazione personale.
Scorpio Rising e Superdyke rappresentano perfettamente questa tensione tra forma sperimentale e contenuto politico. In Scorpio Rising, Anger fonde l’immaginario della cultura motociclistica con simboli religiosi, attraverso un montaggio frenetico accompagnato dalla musica pop degli anni ’60 crea una sorta di videoclip proto-musicale che indaga la mascolinità, la feticizzazione e la ribellione. Superdyke, invece, è una performance collettiva in cui Hammer e un gruppo di donne lesbiche si travestono da amazzoni per “occupare” con ironia lo spazio pubblico, sfidando le rappresentazioni maschiliste e rendendo visibile il desiderio femminile lesbico.
Nelle loro differenze questi due cortometraggi si somigliano incredibilmente. Il travestimento è, in entrambi i casi, un gesto fondativo: un atto di trasformazione e affermazione identitaria. In Scorpio Rising, il costume è esso stesso espressione di desiderio e mascolinità ritualizzata; in Superdyke, il travestimento è strumento di rottura e immaginazione politica. Entrambi donano alla musica un ruolo essenziale: la colonna sonora definisce un’atmosfera trasformando i film in cartoline audiovisive degli anni ’60 e ’70, congelando queste opere nel tempo come eterno punto di riferimento.
Scorpio Rising e Superdyke vogliono essere solo due esempi del mondo cinematografico di questi due artisti, ancora prima che registi, due portali verso le ossessioni e le visioni di due autori che hanno trasformato il linguaggio del cinema in uno spazio radicale di esplorazione identitaria, erotica e politica.
Scorpio Rising e Superdyke sono disponibili su YouTube.
Corti Drammatici: Dottie Gets Spanked
Todd Haynes, USA, 1993, 30’

In Dottie Gets Spanked, Todd Haynes racconta i primi segnali della consapevolezza queer attraverso la vicenda di Steven, un bambino che cresce nella periferia americana degli anni ’60. La sua osssesione per la comica Dottie Frank non esprime un desiderio sessuale, ma piuttosto un’intensa forma di identificazione e ammirazione affettiva. Questa passione, percepita come inusuale, lo emargina dai coetanei, segnando una distanza tra lui e le aspettative legate al comportamento maschile convenzionale. Per Haynes, l’identità queer non esplode con gesti clamorosi, ma si rivela come una differenza sottile e persistente che lentamente isola e definisce chi la vive.
Con il progredire del film, Haynes approfondisce il tema del desiderio come qualcosa di proibito, che deve essere celato. In Steven, questo desiderio è ancora indefinito e simbolico, ma trova espressione nella scena in cui Dottie viene sculacciata e, soprattutto, nel sogno in cui lui stesso viene punito, reagendo con una gestualità quasi estatica. Al risveglio, Steven comprende che il desiderio è ormai legato alla vergogna. Decide quindi di seppellire il disegno di Dottie, avvolto con cura in un foglio d’alluminio in un gesto di protezione e consapevolezza: ciò che oggi va nascosto, un giorno potrà finalmente fiorire.
Con un semplice corto per la tv, Haynes riesce a raccontare l’essenza, le difficoltà e infine la consapevolezza dell’essere queer in una società profondamente tradizionalista.
Dottie Gets Spanked è disponibile su YouTube.
Corti Lontani: Behind Every Good Man
Nick Elliot, 1967, USA, 8’
Behind Every Good Man, uno dei cortometraggi pionieristici del cinema transgender, racconta la vita quotidiana di una donna transgender nera che vive nella Los Angeles degli anni 60’. Il film segue la sua routine giornaliera: prepararsi nell’appartamento, passeggiare per la città e interagire con il mondo esterno, mentre una voce narrante rivela il suo mondo interiore, fatto di desideri, difficoltà e forza emotiva.
Nick Elliot riesce, in pochissimi minuti, a condensare tutte le sfide, gli sguardi giudicanti e i pregiudizi che circondano una persona trans. Ma, Behind Every Good Man è anche un ritratto intimo di cosa significhi essere transgender, mettendo in luce la devozione e il significato profondo legati al rituale di vestirsi, truccarsi per sentirsi finalmente liberi di essere sé stessi.
Corti animati: In a Heartbeat
Esteban Bravo e Beth David, 2017, USA, 4’
Quel desiderio travolgente, quasi incontrollabile, che ci spinge verso l’Altro. Quel sentimento di ansia, il tempo che sembra fermarsi, un colpo al cuore improvviso: In a Heartbeat è tutto questo. È il momento in cui si vede la persona per cui si prova qualcosa e ci si sente piccoli, inadeguati, vulnerabili. È l’imbarazzo di essere scoperti, il timore di non essere ricambiati, ma anche il desiderio crescente, irrefrenabile, che ci spinge comunque ad avvicinarci. Il corto riesce a catturare con straordinaria delicatezza quell’istante sospeso in cui nasce un sentimento puro, autentico, prima che la paura del giudizio lo trasformi in qualcosa da nascondere.
In a Heartbeat è anche una poesia, o forse una filastrocca, sul confine sottile tra amicizia e amore durante l’infanzia, quando i sentimenti sono ancora puri, istintivi e indistinti. È una metafora dell’innamoramento, ma anche della libertà di sentire, prima che i pregiudizi sociali impongano cosa sia giusto o sbagliato.
Il corto è una dedica all’innocenza dei primi sentimenti, a quella fase in cui amare ed essere amici possono coincidere senza etichette o paure. Mostra con sensibilità l’ansia del mostrarsi, il batticuore che immobilizza, la paura di non essere all’altezza. In a Heartbeat riesce a restituire tutta la complessità emotiva del primo amore, con uno stile visivo semplice ma universale.