Vagrant Story compie venticinque anni e quello che è considerato come uno dei più grandi capolavori dell’era PlayStation grida ancora vendetta.

Mai si è raccolta polvere attorno l’eredità di questo titolo, che in molti continuano a ricordare con nostalgia, rammarico e frustrazione. Nel tempo, l’opera partorita da Yasumi Matsuno è cresciuta e ha proliferato tra i tanti appassionati, arrivando fino ad oggi, dove in rete potete trovare estimatori folli, capaci di riempire produzioni video da decine di ore, mentre si dilettano in analisi sul gioco. Anche sul fronte podcast non scherziamo: provate a scrivere Vagrant Story in qualunque servizio di podcast, e guardate da soli i risultati.

Ma come mai la leggenda di Vagrant Story è proliferata così tanto? Ripercorriamo e celebriamo dunque una della storie più ripetute in molteplici arti e contesti, ovvero essere terribilmente all’avanguardia per il periodo di uscita, non venir capito subito per poi essere celebrato tempo dopo.

Vagrant Story, una pesante eredità

Uno screen di gioco di Vagrant Story
Il particolare e sofisticato sistema di combattimento di Vagrant Story. Fonte, Square Enix.

Matsuno è un pazzo scatenato. Dopo aver chiuso i lavori e ottenuto le lodi per l’iconico Final Fantasy Tactics – e non esageriamo nel dire che qui su ScreenWorld qualcuno ne richiede un remake a gran voce – il director decide di avventurarsi in un progetto folle.

Attribuendo il successo di Tactics anche al nome di Final Fantasy, Matsuno vuole creare un videogioco grandissimo, partendo da un concept totalmente inedito, avviluppando attorno ad esso delle meccaniche decisamente complesse, qualcosa per cui la politica del mordi e fuggi non avrebbe mai funzionato: per giocare a questo gioco bisognava passare del tempo a ragionare, creare strategie, studiare ogni singolo oggetto, personaggio, arma e nemico presente.

Le idee per Vagrant Story ci sono tutte, purtroppo Matsuno deve fare i conti con un imprevisto: la potenza hardware della prima PlayStation non permette la realizzazione di quella struttura così ricca e sfaccettata. Urgono dei tagli, di quelli drastici, per cui ad oggi Vagrant Story è un gioco, tra le altre cose, privo di un finale soddisfacente, ma ci torneremo a breve su questo punto. Vengono dunque tagliati contenuti satellite, diverse mappe e anche la presenza di alcuni personaggi che avrebbero gravitato attorno ad Ashley Riot, protagonista del gioco. Nonostante tutto, alla sua uscita, critica e pubblico rimasero ammaliati dalla bellezza e dalla qualità finale del progetto.

Pura avanguardia

Il personaggio di Ashley in Vagrant Story.
Il personaggio di Ashley in Vagrant Story. Fonte, Square Enix.

Parte di questa bellezza la si ritrova in due organi distinti: la regia delle cutscene e la cura nella scrittura. In questi termini di paragone, pensate alla regia e la scrittura di Hideo Kojima in Metal Gear Solid e replicatela in Vagrant Story.

La trama scritta da Matsuno era non solo articolata, ben scritta e ricca di eventi, come di personaggi, ma sin da subito si palesava come matura, seria e fortemente oscura. Si dice che già il primo soggettone, poi scartato, fosse stato ancor più oscuro di quello che poi venne realizzato.

La stessa gestione degli eventi narrativi portava il videogiocatore a rivalutare il semplicistico concetto che si può avere del bene e del male. Tutti gli eventi sono messi in discussione per via delle continue menzogne che serpeggiano nelle pieghe della trama, come le stesse bugie che molti personaggi pronunciano durante il gioco. Le stesse storie e identità messe sul piatto dal nutrito pantheon di personaggi non delineano mai con certezza le intenzioni di tutti.

Questo non è mai frutto di disattenzioni o errori, bensì una struttura narrativa ben voluta, atta a valorizzare e spingere il videogiocatore sia a farsi una propria idea, ma anche ad approfondire la nutrita storia che circonda le avventure sotterranee di Ashley.

Ultimo, ma non meno importante, il sistema di combattimento, ricco di nozioni da assimilare, come la possibilità di colpire parti precise di nemici, ognuna con una sua debolezza o resistenza, andando a sfruttare un sistema di attacchi a turno in tempo reale e margini di azioni; un sistema a metà tra Parasite Eve (il secondo capitolo in special modo) e Final Fantasy XII.

Una trilogia ideale

Ivalice è l’immaginaria terra dove si svolgono gli eventi di Vagrant Story, come gli eventi di Final Fantasy Tactics e quelli dell’appena citato Final Fantasy XII. Casualità? Non proprio.

In Vagrant Story ci sono molteplici riferimenti a personaggi ed eventi di Tactics, motivo per cui, al netto dell’ambientazione, in molti hanno ipotizzato come Vagrant Story sia una storia ambientata molti anni dopo gli eventi di Tactics, rendendolo quasi una sorta di sequel spirituale, ma cosa c’entra con Final Fantasy XII?

Matsuno nel 2001 venne scelto per dirigere e scrivere Final Fantasy XII, mettendosi subito all’opera, ma fino all’uscita del gioco nel 2006, il director andò contro a diversi problemi. Tagli e licenziamenti sul team e una generale insoddisfazione attorno il procedere dei lavori.

L’idea originale di Matsuno venne ridimensionata e riorganizzata da Square Enix, con lo stesso che si allontana dal progetto un anno prima della sua uscita. È vero, il protagonista di Final Fantasy XII è il giovane Vaan, ma chi è tra tutti gli altri personaggi presenti che ha l’arco narrativo più interessante? La risposta è proprio quella, Basch, l’ex Capitano dell’Ordine dei Cavalieri di Dalmasca.

Nella visione originale di Matsuno, Basch doveva essere il protagonista principale del gioco, andando ad ereditare il destino di Ashley nel criptico finale di Vagrant Story, deciso a vagabondare nel mondo di Ivalice senza una meta. Nel 2023, a distanza di molti anni, lo stesso Matsuno dichiarò falsa questa ipotesi, ma se anche fosse vero, è innegabile che il titolo ebbe una produzione travagliata, con un protagonista principale, Vaan, fin troppo anonimo se messo a confronto con la raffinata storia di Basch.

Oltre i sogni

Uno scorcio dell'ambientazione esterna di Vagrant Story.
Uno scorcio delle poche ambientazioni esterne di Vagrant Story. Fonte, Square Enix.

Di Vagrant Story se ne potrebbe parlare per ore e quella appena raccontata è solo la più classica delle punte di un iceberg di incredibili proporzioni. Vagrant Story oggi vive nei ricordi di chi lo ha giocato al momento della sua uscita, perdendosi e innamorandosi proprio della sua complessità come nel tono e nel ritmo dell’esposizione di trama e meccaniche.

Ma anche chi lo ha recuperato nel tempo, al netto di un invecchiamento palese e fortemente arrugginito, è riuscito a percepire la cura e la passione che Matsuno ha intriso in ogni singolo pixel o in ogni pagina di sceneggiatura.

Ogni tanto capita di parlare di remastered, remake o affini. Ecco, Vagrant Story è uno di quei titoli che meriterebbe davvero una seconda possibilità. Non parliamo di sequel ufficiali o simili, bensì una cornice tutta nuova, con un’ottimizzazione delle stesse meccaniche come della regia che lo hanno contraddistinto venticinque anni fa. La community c’è, è ancora viva e ne parla con forte interesse e ardore. Che il tempo possa portare consiglio a Square Enix, per regalare splendore ad un vero e proprio capolavoro dimenticato.

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Classe 1989. Gabriele Barducci scrive di Cinema e serie tv, collaborando attivamente dal 2022 con ScreenWorld, CinemaSerieTv e GamesEvolution. Comincia a scrivere di Cinema e serie tv nel 2012 accompagnando gli studi in Scienze della Comunicazione presso l'università di Roma La Sapienza. Nel 2016 entra nella redazione di The Games Machine, di cui tuttora è caporedattore della sezione Cinema, occupandosi anche di videogiochi, mentre dal 2017 è nello staff della rivista di cinema Nocturno.