C’è da fare una considerazione essenziale per proseguire nella lettura di questo articolo: al giorno d’oggi, ogni publisher del mondo videoludico, piccolo o grande che sia, necessita di avere nel proprio pantheon di giochi almeno un soulslike, genere che è riuscito a crearsi negli anni un nutrito numero di appassionati. Certo, dopo Elden Ring le cose sono cambiate e in termini di complessità e meccaniche di gioco forse dovremo aspettare anni per vedere superata l’opera di From Software, sempre che non sia lei stessa a superarsi.
Nonostante tutto, niente vieta a piccoli o grandi sviluppatori di tentare l’irta strada della sperimentazione e, proprio come vedremo in questa recensione di Thymesia, i giovani sviluppatori di OverBorder Studio hanno intrapreso una missione conservatrice, puntellando idee e meccaniche in un comparto di gioco tutto sommato valido, non esaltante, ma meritevole di attenzione.
Thymesia
Genere: Azione, GdR
Piattaforma: PS4/PS5, Xbox Series S/X, Xbox One, PC, Nintendo Switch
Uscita: 18 agosto 2022
Prezzo: 24,99€
Studio: OverBorder Studio
Una trama pestilenziale
Il nostro protagonista, Corvus, è un guerriero senza volto, che viene celato costantemente da una maschera da dottore della peste, mentre affronta gli orrori di un mondo in totale disfacimento a causa di una misteriosa malattia propagatasi a macchia d’olio.
Senza ricordi e memoria del suo passato, come dell’origine della pestilenza di cui forse c’entra un uso improprio dell’alchimia da parte dell’uomo, in prima battuta nell’esigenza di portare a termine l’obiettivo primario e dunque recuperare il passato di Corvus, possiamo ben inquadrare la natura del prodotto per quanto riguarda la gestione della mappa di gioco. A differenza di località ben più note come l’Interregno o Yharnam, il mondo di gioco di Thymesia, Hermes, è suddiviso in mappe, accessibili da un menù apposito – un po’ come succede in Nioh.
Le macroaree saranno tre, più il mondo finale che anticipa lo scontro con l’ultimo boss. Il level design di tutte queste mappe non urla per originalità o brillantezza, anzi, spesso e volentieri la logica della costruzione delle scorciatoie risulta assai bislacca, con aperture facilitate verso zone ben lontane dal nostro obiettivo, oppure punti di ripristino in caso di sconfitta che sono o troppo pochi, o sin troppo abusati a distanza dall’ultimo.
Perdere e ripetere più volte
La classica regola del “muori e ripeti” viene affrontata a viso aperto, senza fronzoli e senza alcuna novità. Nonostante sul fronte estetico Corvus possa sembrare un personaggio con un proprio stile e una temeraria forza, dei tanti nemici che incontreremo, boss compresi, tutti saranno un possibile ostacolo mortale se non ci dedicheremo alla sottile arte della pazienza, come dell’assimilazione di ogni moveset di ciascun nemico.
Questo richiede dunque una sana pazienza del ragno per guardare, tentare, morire e ripetere. D’altronde se ci si dedica a un soulslike siamo abbastanza consapevoli a cosa si va incontro, giusto? Dunque è bene perdere tempo nel menù di personalizzazione dove possiamo sicuramente trovare qualche motivo di lode aggiuntiva al già sufficiente lavoro svolto dagli sviluppatori.
Senza possibilità di cambiare armi in nostro possesso, sconfiggere i nemici con attacchi pestilenziali ci donerà la possibilità di evocare particolari armi (sempre intrise di verde peste) dal singolo utilizzo per poi scomparire. Una sorte di arma magica a evocazione unica, da usare con sapienza nei momenti di bisogno. A queste poi si aggiungono le classiche personalizzazioni riguardo gli oggetti di recupero vita e le utilissime piume da lancio che ci doneranno la possibilità di eseguire un parry da lontano quando un nemico è in procinto di sferrare un attacco critico.
Un’ambientazione oscura e malata
Degne di nota sono sicuramente le ambientazioni, mai troppo originali ma costruite con criterio, prendendo spunto da titoli di maggior spicco, i già citati Elden Ring o Bloodborne. Alla lunga purtroppo si comincia ad annusare un po’ di pigrizia nel riciclo di alcuni assett come di alcune zone. Niente per cui puntare pesantemente il dito, ma la sensazione è quella che alcune zone della mappa siano state volutamente allungate per farci attendere ancora un po’ prima dello scontro con i boss.
Parlando di quest’ultimi non si può non notare un forte disequilibrio del livello di sfida assolutamente impressionante. I nemici, seppur divisi per categorie e livelli di sfida, sono tutti ampiamente affrontabili se saremo in grado di gestire tutte le abilità di Corvus, mentre i boss sono estremamente punitivi, giacché dotati di alcuni attacchi praticamente impossibili da schivare o evitare. Scelta giustificabile anche dall’implementazione di abilità sviluppate su diversi rami personalizzabili che vanno dalla velocità di movimento all’incremento dei punti di attacco. Trovare un equilibrio è dannatamente difficile e la cosa peggiore che può capitare in questa situazione è ripetere lo scontro decine e decine di volte, con il divertimento che scema in tedio.
Nei soulslike poi il livello di sfida è un’esperienza terribilmente personale: c’è chi li porta a termine con una semplicità disarmante e chi invece fatica più del solito. Per qualunque tipo di pubblico, Thymesia è lì pronto ad essere giocato, per un’esperienza non priva di sbavature, ma confezionata a dovere: il classico piccolo prodotto, lontano dal podio dei titoli Tripla A, che cerca comunque di lasciare il segno e forse, questo obiettivo non semplice, lo centra in pieno.
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La recensione in breve
Thymesia si è rivelato un soulslike accessibile, divertente, contenuto e nulla più. Una piccola sperimentazione tutto sommato valida in un mercato che sta diventa sempre più saturo, ma il piccolo gioco dei ragazzi di OverBorder ha qualche carta buona da giocare per farsi apprezzare in modo onesto e pulito.
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Voto ScreenWorld