Forte di un sequel ancora fresco di distribuzione, il titolo della Tarsier Studios – Bandai Namco, a distanza di quattro anni dall’uscita su console e PC, mantiene ancora intatto il suo aplomb videoludico. Quale occasione migliore, per chi ancora non avesse avuto modo di giocarlo, di scoprire i punti forti che rendono Little Nightmares un piccolo, meraviglioso (e inquietante) capolavoro nel suo genere?
La trama
Il plot di Little Nightmares si apre con un incubo fatto da Six, una bambina di nove anni che sogna una misteriosa donna vestita in kimono. Risvegliatasi dall’incubo, Six si ritrova in un mondo onirico, popolato da ombre e misteriose creature. Con indosso un impermeabile giallo e armata, solo ed esclusivamente, di un accendino, la protagonista deve affrontare le trappole e le presenze oscure che popolano Le Fauci, realtà alternativa in cui è piombata. Progredendo con la storia, Six scopre di trovarsi a bordo di un’enorme nave-resort in cui i peggiori lati dell’umanità vengono riversati. Più orrori incontra (come Il custode e i Cuochi gemelli), più la bambina mette a dura prova la propria sanità mentale sprofondato, così, nel suo stesso lato oscuro. Almeno, fino al risolutivo (e inevitabile) scontro con la donna in Kimono.
Il gameplay
Uno dei punti forti di Little Nightmares risiede nell’avvincente gameplay: mischiando ad hoc platform, avventura dinamica, rompicapi e un pizzico di survival horror in chiave di paure infantili, il videogame di Tarsier Studios – Bandai Namco riesce a tenere alta l’attenzione del videogiocatore smaliziato o del gamer accanito. Il livello di difficoltà si attesta sul medio e, in alcune sezioni dell’avventura, sarà impossibile non vedersi costretti a ripetere l’azione non andata a buon fine. Difatti, la componente più ostica di Little Nightmares non risiede tanto nei rompicapi bensì nelle sezioni di platforming: basta non calcolare bene un salto oppure ritardare durante uno scatto di fuga dalla mostruosità di turno che, il game over, diventa inevitabile, riportando il videogiocatore e, con lui, la piccola Six a riprendere dall’ultimo checkpoint raggiunto. Una difficoltà, questa, che riesce a mantenere sempre alto il grado di sfida che sì, alla lunga, può diventare frustrante ma che, ciò nonostante, non fa venir la voglia di posare il gamepad.
Diverso è l’aspetto relativo all’esplorazione e ai rompicapi. Attraverso Six, il giocatore si trova a interagire con gli oggetti presenti negli ambienti e, soprattutto, con l’unica (non) “arma” del gioco: un accendino per rischiarare il buio che, nel 70% dei casi, rende i capitoli che compongono Little Nightmares una vera e propria esplorazione nell’oscurità. Con questa combo formata da esplorazione più utilizzo della fonte di luce primaria, è possibile risolvere i rompicapi per poter avanzare nella storia, sbloccando sezioni ancora non raggiungibili oppure per poter sfuggire al nemico. Infatti, è proprio la necessità di dover scappare innanzi al villain di turno che aggiunge la componente survival horror in Little Nightmares: piuttosto che combattere, qui la miglior difesa è la fuga pena il game over.
Il game design
Il principale punto forte è l’eccezionale game design. A metà strada tra Tim Burton/Henry Selick e gli anime/manga a tema orrorifico, Little Nightmares vanta un’ambientazione da togliere il fiato. Se, come detto in precedenza, molte delle sezioni esplorabili sono immerse, quasi, nel buio più totale, è proprio questo dettaglio che rende il tutto molto accattivante. Mescolando e amalgamando, con maestria, oscurità, dettagli raccapriccianti e musiche con ritornelli disturbanti, Little Nightmares si fa forte di un mondo videoludico altamente inquietante ma, al tempo stesso, impossibile da non apprezzare.
Vuoi per il feedback tattile mediante il sistema di vibrazione del gamepad (a tal proposito, come non menzionare il battito cardiaco di Six percettibile nel momento in cui, quest’ultima, si trova nelle vicinanze delle mostruosità di Le Fauci), vuoi per l’incognita di non sapere cosa si nasconde dietro una porta oppure se c’è qualcosa acquattato nel buio, l’esperienza videoludica di Little Nightmares porta in giocatore a esplorare, con perizia chirurgica, ogni anfratto, stanza o angolo del mondo onirico (e da incubo) del titolo, apprezzandone gli effetti particellari così come l’engine grafico che consegna un impeccabile universo da fiaba dark giocabile e vivibile come un vero e proprio film interattivo.
Longevità e conclusioni
Little Nightmares si attesta su una longevità di certo non molto prolissa. Se si affronta la campagna di gioco senza porre troppa attenzione all’esplorazione e alla ricerca di alcuni manufatti che sbloccano artwork e maschere indossabili da Six, mettendo il massimo impegno l’avventura può essere portata a conclusione nel giro di massimo tre ore, a meno che non si prediliga rushare e allora, qui, diventerebbe possibile terminare l’avventura della bambina in giallo anche in due ore scarse. Tuttavia, è possibile continuare l’esperienza di gioco tramite tre DLC che vedono, come protagonista parallelo, un bambino intento a fuggire da Le Fauci. Se si riesce a bypassare questa unica pecca riscontrabile nell’ottimo primo capitolo del (al momento) dittico creato da Tarsier Studios – Bandai Namco, Little Nightmares è una di quelle esperienze videoludiche che non può mancare tra quelle dei videogamer veramente appassionati e che si presta a più di un ritorno nelle cupe e mostruose profondità di Le Fauci.