6 Ottobre 2012. Mentre in Venezuela il presidente Hugo Chàvez è in corsa per la riconferma a capo dello stato, allo Staples Center di LA, California si sta giocando il quarto di finale tra i CLG (Eu) contro il Team World Elite (Cina), valevole per un posto alle semifinali del campionato del mondo di League of Legends stagione II. La partita è serratissima e lo stadio dei Lakers, per una volta vestito a festa per gli eSport, è gremito di persone da tutto il mondo. I primi due giorni della kermesse sono andati alla grande, collezionando più di cento milioni di visualizzazioni su Twitch e click in streaming sul sito ufficiale della Riot. Jason Drmaez, tifoso danese dei Tapei Assassin (Taiwan) che poi vinceranno il titolo, ha un filino di sangue nell’alcol e urla: “GG. GG. GG.”, “Good Game” per tre volte, perché la partita è quasi giunta al termine e il team cinese è in vantaggio, sono passati cinquantanove minuti e trenta secondi di match.
In quel momento sullo schermo di tutti i giocatori e dei responsabili della Riot Games appare la scritta “Tentativo di riconnessione”, seguito da ululati generali di pubblico e player. Il server non ha salvato i dati di gioco. A quel tempo non era possibile, quindi l’incontro deve ricominciare da capo, ma dopo venti minuti la situazione si ripete e la scritta si ripresenta. “Tentativo di riconnessione”. Froggen, il midlaner (corsia centrale) dei CLG non si accorge di essere inquadrato dalle telecamere e in un attimo di stizza, quasi distrugge tastiera e mouse contro uno dei suoi compagni.
Dopo sette ore – non due o tre, ma sette – di nuovi inizi e nuove interruzioni, Brandon Beck, il co-fondatore di League of Legends, guadagna il palco e con un filo di voce annuncia che l’evento è sospeso e verrà recuperato offline. Silenzio. La quiete prima della tempesta. Beck guarda in basso, riporta il microfono alla bocca ed esclama che a ogni spettatore pagante verranno donati 25 dollari in Riot Point (la moneta di LoL), ordineranno pizza ai peperoni per tutti e che il merchandising è gratuito fino a mezzanotte. Ancora silenzio. Poi tutto il pubblico, a partire da Jason Drmaez, esulta invece di insultare, applaude invece di fischiare e comincia a gridare all’unisono: “Riot. Riot. Riot”. Tre volte, proprio come con Good Game.
Ecco, Arcane comincia proprio quel giorno.
Gli angoli del gioco conosciuto
Benvenuti nella landa degli evocatori.
Se avete mai premuto Play nella schermata di avvio di “League of Legends”, allora sapete di cosa sto parlando. Per i neofiti di uno dei giochi più giocati al mondo, vado a spiegarvi in breve cosa accade su questa beneamata landa, anche perché in Arcane di easter eggs ce ne sono diversi. LoL – che fa molto meno ridere della trasmissione omonima creata in Giappone – è un MOBA (Multiplayer Online Battle Arena) in cui due squadre di cinque giocatori ciascuna si affrontano su una mappa speculare suddivisa in quattro zone: top o corsia superiore; mid o corsia centrale; bot o corsia inferiore e la giungla, ovvero una zona neutrale e in ombra ad appannaggio di tutti e due i team. Il gioco è del tutto gratuito e una partita media dura tra i trentacinque e quaranta minuti, salvo complicazioni. Vince la squadra che per prima riesce a distruggere il nexus avversario, ovvero la sua base. Ogni giocatore ha a disposizione 157 personaggi (campioni) tra cui scegliere, un’infinità vista la breve vita del gioco. Ogni campione ha ruoli differenti, caratteristiche e abilità uniche, ma soprattutto… storie diverse.
Perché come recita la tagline della serie TV targata Riot: ogni leggenda ha un principio. I racconti di Runeterra, la location designata per LoL, sono molteplici e intrecciati: dalla giustizia di Demacia, ai tradimenti politici di Noxus o le invenzioni di Piltover o ancora i pirati che abitano Bilgewater. Ma solo nell’ultimo periodo la lore ha visto un continuo crescendo di studiosi e narratori, proprio perché negli anni di rivalsa dello storytelling un videogioco di tale portata non poteva esimersi dal porre il proprio accento sull’importanza del background di un personaggio. Dungeons & Dragons, Pathfinder, The Witcher, World of Warcraft: i grandi nomi del mercato hanno compreso – non senza colpevole ritardo – che ai player non basta più sparare su tutto ciò che si muove, vogliono sapere perché devono sparare su tutto ciò che si muove. Ecco spiegato il motivo per cui quando Joel suona “Future Days” in The Last of Us II qualcuno, per non scomodare il termine chiunque, bagna il joypad con una lacrima.
Le storie sono importanti, che ormai suona come provare a guardare il mondo dal buco di culo di una marmotta o provare a spegnere un incendio a sputi. Anche la Riot, che con il termine skillato ha fatto scuola, dimentica per un attimo le abilità alla tastiera e apre il sipario su cosa si nasconde sulla landa. Ed ecco in rapida successione cinematic da Oscar per presentare il Re in Rovina, la sua nebbia mietitrice e la nuova canzone degli Imagine Dragons, da sempre appassionati di LoL. Vi dice nulla: “We are the warriors that built this town from dust”? Non stanno parlando della rinascita post 11 Settembre, ma dei dolori e delle fatiche e dei tradimenti “alla Game Of Thrones” di League of Legends. Per conferma, vi basta digitare “Warrios Lol” sulla barra di ricerca su Youtube per capirne di più, le vecchie glorie apprezzeranno e i neofiti cliccheranno subito Play come se sullo schermo ci fosse una gara 7 di NBA Finals tra LeBron e Curry. E se il paragone non regge, provate a chiedere ai fan di LoL di Faker e forse avrete una testimonianza diretta di cosa vuol dire l’espressione: “Michael Jordan degli eSport”.
Non giocate a League of Legends!
La narratologia di League of Legends comincia con uno che di storie se ne intendeva parecchio: Steve Freak, il creatore della celebre mappa di Warcraft III, non a caso uno dei primi giochi dove la storia contava parecchio e che consegnò ai posteri l’ardua sentenza di uno dei personaggi più iconici dei videogiochi: Arthas, il Re dei Lich. Giochiamo ancora insieme, vi dice nulla: “Lascia che vengano, Gelidanima ha fame!”? Steve cominciò a lavorare con Steve Mescon, appena assunti dalla Riot Games, per la creazione di una costola di DOTA ma che non fosse un altro modo per continuare a vendere i marchi Blizzard. Nel settembre 2006, dopo diversi gameplay che ne attestavano la paternità e l’esclusività, nacque League of Legends e il primo personaggio creato fu Teemo, lo scout yordle di Bandle con uno scocciante ed empatico legame con dei funghi… garantiamo velenosi, ma non siamo certi che non siano allucinogeni.
Gli autori e i game designer si ispirarono alla cultura pop proprio per creare personaggi dall’immaginario collettivo condiviso e modellando le storie tra le regioni che abitano Runeterra. No, non racconti per bambini, ma trame avvincenti che tramandano mostri marini, battaglie per il potere, non morti; elementi comuni al fantasy ma mescolati in un cocktail che da dodici anni fa sfaceli ovunque approdi. Insomma, è come prendere i Targaryen e metterli in un gioco cinque contro cinque su una mappa speculare. Garen, la potenza di Demacia, ispirato al concetto dei paladini di D&D; oppure Swain circondato dai suoi corvi, che cita Edgar Allan Poe una volta portato sulla landa; la storia di Xayah e Rakan che ha dato vita a un vero e proprio fenomeno di massa in cui i fidanzati potevano giocare uno di fianco all’altro, investendo San Valentino di cosplay a loro dedicati. Se avete voglia di conoscere tutte le storie che abitano LoL e quindi Arcane non vi basta che scriverci e sarete accontentati.
- Noi ci divertiamo e voi pure.
- Un universo vasto e in mutamento e per attraversarlo, ecco a voi una lista di regole da rispettare.
- Non giocate a LoL, è un droga! Il passo da ‘faccio un’ultima partita’ a ‘faccio le ultime venticinque e vado a letto’ è breve.
- La community ha un certo problema di tossicità, ma risolvibile con il tasto mute all.
- Qualsiasi cosa succeda, comunque vada il game, se perdete date tutta la colpa al Jungler.
- Per giocare a League of Legends, dovete già saper giocare a League of Legends.
Parliamoci chiaro, questo manuale di sopravvivenza è pieno zeppo di stronzate e luoghi comuni che tutti coloro che conoscono LoL hanno affrontato, perché il mondo da esplorare è così vasto che ha meritato l’attenzione di persone comuni, ma anche di chi se perde a UNO tenta di invadere il Tibet.
In questo mondo mai solitario, Arcane ha proprio ragione: ogni leggenda ha un principio… ma anche tutte le belle cose hanno un inizio e infatti è stata già confermata una seconda stagione. E la Riot, in un panorama di cose molto belle tra cui il nuovo prodotto firmato Zerocalcare o Squid Game, ha saputo dimostrare per l’ennesima volta che la linea sottile tra il buon gusto e il capolavoro è nella scelta delle storie e del loro principio.
Good Game!