In Rise of the Ronin, dopo meno di un paio di ore di gioco, ritroviamo il/la nostro/a protagonista, nei suoi abiti da Ronin, abile e letale spadaccino, camminare in una città che nella parte storica abbandona gli ambienti bucolici classici con cui abbiamo sempre idealizzato il Giappone nel suo contesto più romantico, per trovarci davanti palazzi, pistole a tamburo nelle fondine, dei passanti vestiti in giacca e cravatta, scarpe in cuoio al posto dei sandali e bandiere inglesi, francesi e americane che svettano fuori dagli edifici.
Siamo nel 1868 e il Giappone si vede arrivare verso i propri porti numerosi navi mercantili di paesi stranieri. Dopo aver passato centinaia di anni a vivere rivoluzioni e scontri interni e a preservare la propria integrità, rifiutando ogni influenza dal mondo esterno, adesso il Paese si trova davanti a una scelta: iniziare o meno un commercio con l’occidente, cosa che porterà inevitabilmente ad un periodo di forte influenza culturale, di stranieri in terra straniera e di conflitti che decideranno il futuro del Paese orientale.
Per un’opinione più dettagliata sul titolo rimandiamo alla recensione pubblicata su GamesEvolution
Rise of the Ronin, il Giappone tra tradizioni e modernità
Rise of the Ronin, nuova produzione dei ragazzi di Team Ninja che pubblicano sotto l’etichetta di PlayStation Studios, è un progetto che sembra tratteggiare delle intenzioni suggestive più sul piano narrativo che tecnico, o almeno, pare sin da subito evidente come il contesto storico, la stessa immersione e la ricerca di una dimensione più veritiera in cui concentrare la storia (abbandonando in parte aspetti mistici, magie e simili) risulta marcatamente più in evidenza. Va bene la scia produttiva figlia di una passione e ricerca di una formula di gioco soulslike, come anche va altrettanto bene la voglia di sperimentare la soluzione open world che ha fatto la fortuna di successi mondiali quali Elden Ring, ma è innegabile quanto l’immersione e il contesto storico giochino un ruolo estremamente rilevante.
Questo però non ci rende spettatori attivi o passivi di eventi storici. Proprio nella grammatica di gioco ci ritroveremo spesso davanti a delle scelte multiple che ci porteranno alla presenza – o meno – di personaggi storici importantissimi, interagire con loro, anche cambiare gli eventi che ci ha tramandato mamma Storia. Ecco dunque che l’immagine suggestiva evocata in apertura torna prepotente, con un carico di significato intrinseco di gran peso: un Ronin – samurai senza padrone – che si aggira in una città che alterna capanne a palazzi di mattoni, la tunica alle camice e le cravatte, il passato che guarda alla modernità e quest’ultima che cerca di indicare la via per il futuro.
Il vecchio contro il nuovo
Rise of the Ronin tratteggia dunque un periodo storico estremamente delicato per il Giappone e al netto delle finalità narrative che ci vede seguire la ricerca della nostra Lama Gemella, c’è anche il tempo di passeggiare e osservare Edo, l’attuale Tokyo. Il Giappone di Rise of the Ronin è tratteggiato come un corpo anziano e pesante, tenero e bucolico a tratti, vivo delle tradizioni che ogni abitante ha sempre difeso con onore e davanti a questo, la finestra di un domani rivoluzionato dalle potenze estere e dalla necessità di una modernizzazione imminente, è la miglior cartolina che ci si può portare dietro ad ogni passo che faremo nella mappa di gioco.
Il vecchio contro il nuovo, la forza trainante della Storia e della modernità che reclama di estendere le sue mani anche su una Terra solare, in pace eppure sempre in continuo conflitto interno.
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