Non facciamo mistero di aver messo mano, proprio in questi giorni, su God of War Ragnarök. Partorire un giudizio complessivo dopo solo una manciata di ore non sarebbe possibile e in questo luogo ancora non ci è permesso, ma si può cogliere l’occasione per ricordarci del perché quel God of War uscito nel 2018 ha segnato una svolta importante nel franchise.
Il dolore misto alla rabbia di Kratos, mentre sulle sue mani, che stringono forte le Lame del Caos, gronda sangue che cola dalle gengive infiammate. Kratos è di nuovo tra noi, nel suo capitolo finale che segnerà una – si spera – degna conclusione delle sue avventure, sempre accompagnato dal figlio Atreus.
In questo articolo dove puntelleremo qualche prima impressione su God of War Ragnarök, coglieremo anche la palla al balzo per parlare di Kratos, di storie, miti e leggende e rapporti di amore e odio mai sopiti tra padri e figli, dentro e fuori la furia dello storico generale spartano.
God of War: dove eravamo rimasti
Niente è più doloroso della perdita di un figlio sotto i propri occhi. Peggio è quando ci si ritrova totalmente inermi, incapaci di agire. Alla fine del God of War del 2018, non si poteva non entrare in piena empatia con Freya, strega che ha visto suo figlio Baldur perire per mano di Kratos.
Ma se Freya è la madre di Baldur, suo padre si chiama Odino e, come tale, dopo questo gesto tutta Asgard ha tremato. Un segnale importante quello dell’ex Fantasma di Sparta, che con un gesto di aperta sfida, mostra indifferenza davanti alle minacce delle divinità norrene, mentre lo stesso Kratos cerca di lasciarsi il passato alle spalle.
L’età non ha portato saggezza a Kratos che si ritrova in balia delle conseguenze delle sue azioni con l’arrivo di Thor che lo attende fuori casa, pronto a uno scontro sia fisico che verbale. Mentre il Fimbulwinter si abbatte ovunque – un lungo inverno che si prefissa come presagio dell’arrivo del Ragnarök – Kratos e Atreus devono capire il macabro gioco del destino, se e come cambiare il futuro e trovare alleati nei perduti giganti.
Padri e figli
God of War ha fatto suo un valore drammaturgico presente in tantissime opere come nelle migliori tragedie greche: il rapporto tra padri e figli.
Come generale spartano divenuto poi Dio della Guerra, il rapporto di Kratos con suo padre Zeus si è avvalso di complotti, tradimenti e ripetuti inganni. Da Omero a svariati cantori misteriosi di quel periodo, mai come in queste occasioni giochi di potere e gelosie tra maestro e allievo si presentavano anche in contesti quali il difficile rapporto tra padre e figlio.
Così avviene tra Kratos e Zeus, quando quest’ultimo tramerà alle spalle del figlio per ucciderlo e quando invece sarà il figlio ad annientare il padre; il sacrificio supremo sarà l’atto liberatorio per eccellenza, gettando la Grecia in un caos ambientale, ma lasciando ai suoi abitanti la possibilità di essere liberi, avere un arbitrio libero dalle catene del destino, tenute in mano da divinità boriose, infantili, estremamente malvagie.
Ma nel ritirarsi poi a vita privata nella fredda Scandinavia, ecco che il destino bussa ancora alla porta. Lo sterminatore di dei non può rimanere nascosto per troppo tempo agli occhi del mondo e su di lui si abbatterà una nuova e terribile profezia, per un destino che torna a reclamare attenzione e una casella nella grande scacchiera del tempo.
Un sequel fedele
Le prime ore di gioco di God of War Ragnarök ci riportano in quell’immaginario brillante, violento e sinistro. Non c’è tempo per un ulteriore addestramento per padre e figlio, giacché l’inverno del Fimbulwinter è sempre più gelido e ostile; ma appena i due metteranno piede fuori casa, la furia della vendetta di Freya sarà lì pronta ad abbattersi sui due combattenti.
Santa Monica Studio non è una software house nata ieri. Essa è consapevole che il precedente gioco del 2018 era un gioiello per grammatica di gioco come di scrittura, dunque il miglior modo per approcciarsi a questo sequel è quello dell’ottimizzazione e aggiunta di piccole migliorie, volte a smussare gli angoli senza rovinare l’esperienza di gioco collettiva.
Così facendo God of War Ragnarök si presenta al videogiocatore in splendida forma, esteticamente pieno da riempire occhi e stomaco, mentre sul Pad sentiamo nuovamente la pressione dei tasti quando lanciamo il Leviatano contro i nostri nemici.
Un destino oscuro
Cosa succede nell’immediato futuro è ancora difficile dirlo. Da una parte, l’aver firmato un rigido embargo ci impedisce di essere fin troppo espliciti in questa prima fase, ma d’altro canto l’avventura sembra promettere grandi e intense svolte.
Ancora una volta, un destino – forse già scritto – viene a battere le nocche fuori dalla porta di Kratos. Egli assieme ad Atreus vuole impedire il Ragnarök. Forse anche questo paese può essere liberato dall’oppressione delle divinità e come già successo durante lo scontro con Zeus, forse sarà necessario un sacrificio finale, ma di chi e a che scopo?
Troppo presto per tirare le somme, è però indubbio che God of War è tornato a solcare le console casalinghe e i televisori di tutti noi, in un’epopea finale che sembra riprendere senza sbavature le ottime sensazioni del precedente capitolo, facendo già gola a milioni e milioni di appassionati in giro per tutto il globo.
Bentornato Kratos. Impugna ancora la tua arma, trova i giusti alleati e scongiura il Ragnarök. Noi saremo lì, a tifare per te, mentre cerchiamo di razionalizzare quello che sarà una chiusura definitiva della tua storia, evento a cui forse ancora non siamo ancora pronti.