Ritrovarsi tra le mani un gioco come Assassin’s Creed Mirage, nel 2023, potrebbe quasi considerarsi un’esperienza alienante. L’ultima produzione Ubisoft è quanto di più legato al passato si possa immaginare: nel gameplay, nelle atmosfere, nelle dinamiche e nei cliché narrativi… nella sensazione generale che restituisce sin dalle primissime ore di gioco.
Se fra chi legge c’è qualche giocatore di vecchia data, si ricorderà come il franchise che racconta l’infinita (e, ahimè, spesso disordinata) saga degli Assassini abbia compiuto un viaggio estremamente variegato fra i generi videoludici. Nata come un action nudo e crudo – seppur pieno di peculiarità – nel tempo è arrivata addirittura ad essere un GDR open world, con l’Egitto di Origins a fare da capostipite di una trilogia ambientata nel mondo antico che, probabilmente, vede proprio come miglior rappresentante quello ambientato fra dune e piramidi.
Insomma, un viaggio lungo. D’altronde di epoche, posti e personaggi da esplorare ne esistono tantissimi, ma ad un certo punto si è quasi sentita l’inevitabile necessità di tornare ad una formula più quadrata, meno complessa, più facilmente fruibile e che non richiedesse centinaia di ore di gioco.
Eccolo qui, Mirage, con la sua Baghdad dell’800 e un protagonista virile, spericolato intento a fare qualcosa di significativo per il suo popolo. Un degno erede di Altair, che ne ispira gesta e formula. Seppur qualcuno ci abbia inculcato che una produzione che non s’inventa nulla non sia degna di lodi e apprezzamenti, chi scrive ha un punto di vista diametralmente opposto. Recuperare archetipi del passato, proponendo racconti piacevoli e inserendoli in un contesto ludico e di world building ben confezionato (seppur senza particolari spunti o guizzi) non è un peccato capitale ma può essere una scelta consapevole e apprezzabile.
Assassin’s Creed Mirage in questo senso rappresenta un perfetto ponte fra il passato remoto ed il prossimo futuro della serie, un piccolo esperimento che senza strafare regala una decina di ore divertenti e appaganti, lasciando ben sperare per ciò che arriverà nei prossimi anni.
A spasso nel tempo
Qualora non si fosse capito abbastanza bene, Assassin’s Creed Mirage torna indietro di diversi anni per quanto riguarda la formula, arrivando quasi a proporre un 1:1 con il primo assoluto capitolo della serie. Un action in terza persona con alcune, piccole dinamiche di gioco di ruolo e una trama lineare che non permette chissà quale deviazione.
Un gioco vecchio, direbbe qualcuno; un piacevole intermezzo, direbbero altri. Molto probabilmente è tutto riconducibile alla cara, vecchia e sacrosanta soggettività – e va benissimo così. Proviamo però a sfatare un mito di cui abbiamo parlato poc’anzi, ovvero che se una produzione non è in grado di innovare allora va cestinata e bollata come fallimento.
Un concetto, ironicamente, datato, superato e sbugiardato da fatti e, ovviamente, opinioni. Partendo dai fatti, possiamo dire con assoluta serenità che inventare qualcosa oggi, nel mondo dell’intrattenimento, è cosa assai ardua. Potrà sembrare un discorso retorico e scontato, ma è bene ricordare che qualsiasi opera multimediale attinge da altre sue cugine, sorelle, zie alla lontana.
Anche visionari come Hideo Kojima o Quentin Tarantino sono menti geniali figlie di influenze esterne. Forse, si potrebbe parlare di inedito nel caso in cui un’opera assembli in modo mai visto prima una serie di elementi già noti; in questo caso è probabilmente più facile parlare di originalità.
E allora perché mai un gioco come Mirage andrebbe condannato per pigrizia e obsolescenza? Andrebbe cambiato il punto di vista e lo spirito con il quale approcciamo le cose, lasciando da parte inutili dibattiti su dettagli molto spesso trascurabili, e lasciandoci cullare da ciò che l’opera in questione trasmette, imparando ad accettare che “un buon gioco”, “un buon film”, non sono giudizi negativi bensì tutt’altro.
In un mercato dove non esistono vie di mezzo, dove si inseguono i dibattiti fra flop o capolavoro, produzioni di questo tipo dovrebbero aiutarci a capire che stiamo sbagliando qualcosa, perdendo di vista l’unica cosa importante: ci siamo divertiti? È stata un’esperienza piacevole? Senza dover sempre pretendere l’indimenticabile e/o la perfezione assoluta.
Un piacevole intermezzo
Tutta questa lunga premessa, forse anche un po’ verbosa e polemica, per dire molto semplicemente che Assassin’s Creed Mirage è un gioco che merita la vostra attenzione. Immediato, ben impacchettato, impreziosito da un’atmosfera e un periodo storico funzionale al racconto, riesce nel difficile intento di intrattenere senza prendersi mai troppo sul serio – da un punto di vista strutturale – ma trovando dei buoni compromessi in ogni suo aspetto, così da risultare gradevole nella sua totalità.
Il fil rouge a tenere in piedi tutto è Basim, personaggio già visto nel recente Valhalla e che qui troviamo in giovane età, quando entra a far parte degli Occulti, predecessori dei più famosi Assassini. Gli eventi si susseguono piuttosto rapidamente, senza particolari guizzi di ritmo o colpi di scena, e avranno come ambientazione principale Bagdad e alcuni piccoli agglomerati urbani a lei vicini. Uno scenario affascinante ma forse meno accattivante di quanto si potesse sperare, capace però di regalare scorci mozzafiato anche grazie ad una colonna sonora particolarmente ispirata.
Rimane piuttosto chiaro che Mirage sia un intermezzo fra ciò che è stato e ciò che sarà. Non è chiaro se la serie tornerà ad una formula più aperta, o magari troverà compromessi e strade intermedie, come potrebbe essere quella dei recenti God Of War di Santa Monica Studio. Quel che è certo è che Assassin’s Creed, seppur negli anni ne abbia viste di cotte e di crude, riesce sempre a trasmettere la sensazione di aver ancora qualcosa da dire.
Vi basterà godervi qualche ora nel deserto, nel mercato di Baghdad o nei palazzi lussuosi di Califfi e regnanti. L’ingrediente segreto della serie è sempre lì, latente ma presente, lontano ma vicino. Una magia che neanche una rivisitazione moderna e ammodernata di un gioco del 2007 può sconfiggere.
Forse perché la saga di Ubisoft è una delle poche che gioca in modo onesto con fantasia e nostalgia, con curiosità e sogni proibiti. A chi non piacerebbe avere un Animus in salotto e visitare le epoche più iconiche della storia dell’umanità? E questo esula se a farlo ci si mettano 10 o 100 ore, con un gioco più lineare oppure grandiosamente stratificato. Se vi piace viaggiare, Assassin’s Creed è ancora oggi uno dei migliori modi per farlo.
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