DELIRIO: Non lo sapevo che si potesse smettere di essere un dio.
SOGNO: Si può smettere di essere tutto.
Questo breve scambio può dare un’idea dello spirito e dei toni di cui è permeato The Sandman, fumetto seriale creato da Neil Gaiman negli anni ’80 che, delle battute apodittiche e lapidarie, fece una delle sue cifra stilistiche. Non è solo per i dialoghi fulminanti che l’imponente opera onirica di Gaiman viene ricordata, nemmeno “soltanto” per aver cambiato le regole del gioco, narrative ed editoriali, del fumetto seriale americano, imponendo la figura dell’Autore. The Sandman è stato un’unica, coerente, magnifica, visionaria, originale, destabilizzante e irriverente narrazione visivo-letteraria che ha rivoluzionato il mondo del fumetto seriale. Ha colto e, al tempo stesso, anticipato perfettamente lo spirito dei tempi, trattando temi inediti e scottanti che si affacciavano per la prima volta nelle storie disegnate, rielaborando mitologie antiche con sensibilità post-moderna.
Ha inventato praticamente un genere, un fantasy dal taglio horror (come veniva presentato sul primo numero), dalle modalità e atmosfere peculiari, che sarebbe stato imitato, almeno come ispirazione, infinite volte, non solo nei fumetti, ma anche al cinema e nella serialità televisiva. Approfittando dell’uscita dell’omonima serie per Netflix, che vede come showrunner principale e produttore esecutivo Allan Heinberg, affiancato da David S. Goyer e dallo stesso Gaiman, andiamo a vedere in dettaglio come Sandman ha rivoluzionato il fumetto seriale americano.
La trama: Sogno e gli Eterni
Morfeo, detto anche Oneiros, o semplicemente Sogno, è l’essere preposto al regno dei Sogni, anzi egli è il Sogno. A seconda delle epoche e delle culture in cui si manifesta, viene visualizzato in forme diverse dai mortali che hanno l’onore di incontrarlo. Non a caso detto anche il Plasmatore, Morfeo, tessendo i sogni degli uomini, ne influenza anche le vite e i destini. Egli è tra l’altro uno dei sette Eterni, preposti a determinate sfere dell’umano sentire e dell’esistenza in generale. Con lui sono Destino, Morte, Disperazione, Distruzione (inteso anche come cambiamento), Delirio (che prima era Delizia), Desiderio (dalla sessualità ambigua). Non si tratta di semplici rappresentazioni antropomorfe, ma quegli stessi concetti o emozioni, con tutto ciò che ne consegue.
All’inizio della serie Morfeo è stato imprigionato, tramite un incantesimo, da un mago inglese, Roderick Burgess, che voleva in realtà evocare e imprigionare Morte. Sogno si libererà e avrà un gran da fare per riacquistare i suoi poteri dopo 70 anni di prigionia e, soprattutto, per rimettere a posto le cose nel Reame dei Sogni che, lasciato senza cura, ha provocato grossi danni e squilibri nella vita onirica degli umani. Senza contare alcuni Incubi che sono sfuggiti al controllo (ricordate questo nome, il Corinzio) e circolano indisturbati tra gli umani.
Numerose avventure occorrono a Morfeo e ai suoi fratelli, con i quali, come in una qualunque famiglia disfunzionale che si rispetti, ha un rapporto contraddittorio e conflittuale, soprattutto con l’imprevedibile Desiderio. Solo con Morte, genialmente tratteggiata da Gaiman come una ragazza dark-punk dal raffinato senso dell’umorismo, estrema saggezza e insospettabile compassione, ha un rapporto vero e affettuoso. Grandi sconvolgimenti attendono però Morfeo nelle sue relazioni con gli umani, con gli dei e, soprattutto, con il senso del suo agire nel mondo, dovendo venire a patti con quelle leggi cosmiche, non scritte, che regolano i regni degli Eterni, e che ha seguito fin troppo alla lettera per miliardi di anni. Alla fine della serie nulla sarà più come prima.
Una storia che finisce
Se pensiamo alle opere che hanno rivoluzionato il fumetto, i primi titoli che vengono di solito in mente sono Watchmen di Alan Moore e Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller, entrambi usciti in un decennio incredibile come quello degli anni Ottanta, fondamentale per il balzo in avanti compiuto dalle storie disegnate. I graphic novel di Moore e Miller erano però mini-serie che si concludevano nel giro di una dozzina di albi, poi raccolti in volumi. The Sandman era invece un vero e proprio fumetto seriale, con cadenza (quasi sempre) regolare, che uscì nelle edicole per ben 8 anni, dal 1988 al 1996. Ciò che però distingueva l’opera di Gaiman dagli altri prodotti seriali della DC Comics (nel cui universo inizialmente si inseriva) era che, fin dall’inizio, era prevista una fine.
Si trattava dunque di una narrazione programmata che, attraverso un numero definito di cicli narrativi, avrebbe portato ad esaurimento la vicenda, senza strascichi e soprattutto senza rinascite o retcon tipiche del fumetto seriale americano. Questo significava che quando succedeva qualcosa nella serie, qualunque evento più o meno drammatico e/o traumatico era definitivo e non c’era la possibilità che, in seguito, qualche altro autore resuscitasse qualche personaggio, oppure cambiasse le cose per rileggere eventi del passato sotto una luce inedita, a volte stridente rispetto all’impostazione originaria.
Controllo autoriale
L’intera serie è sempre stata sotto il completo controllo di Neil Gaiman che ne ha ideato, elaborato e programmato la narrazione dall’inizio alla fine, avvalendosi tra l’altro di numerosi disegnatori diversi che dovevano rispettarne la visione. Ogni illustratore è stato infatti scelto per dare un particolare tono emotivo alle storie, a seconda dei temi trattati, dei toni e delle atmosfere previsti. Siamo dunque lontani dalla standardizzazione, spesso inevitabile, del fumetto supereroistico americano, ma ci troviamo di fronte a un vero e proprio progetto autoriale seriale, complesso e stratificato, inedito per l’epoca. Fu proprio grazie al successo di The Sandman che, nel 1993, la DC Comics varò la linea Vertigo, dedicata a fumetti d’autore che esulavano dalle linee narrative dei super-eroi, di cui la creatura di Gaiman, costituiva la punta di diamante.
Anche nei dettagli la rivoluzione di Gaiman fu come una valanga: Morfeo, il titolare della testata, non era mai presente sulle copertine (vero marchio di fabbrica ad opera di Dave McKean), con l’eccezione del primo numero. Immaginate un fumetto di Batman o Superman senza il supereroe di turno in copertina: impensabile, almeno all’epoca. Non solo, ma Morfeo non è neanche sempre presente in tutte le storie. A volte, nelle narrazioni auto-conclusive, egli interviene solo come un deus ex machina, influendo sul destino di altri personaggi, che Gaiman approfondisce molto bene, facendoceli amare, odiare, o comunque conoscere nelle loro luci e ombre. Non è un caso infine che un albo di The Sandman, lo shakespeariano “Sogno di una notte di mezza Estate”, vinse nel 1991 il World Fantasy Award in una categoria letteraria e non fumettistica. Questo la dice lunga riguardo l’impatto di Sandman sulla cultura in generale e sulla considerazione nei confronti del fumetto.
Storie che raccontano e non spiegano
Le storie di Morfeo e degli Eterni non sono univoche, non hanno un andamento tradizionale e, soprattutto, non vengono spiegate alla fine. Alcuni elementi della narrazione e del mondo di cui fanno parte, rimangono volutamente nell’indeterminatezza, lasciando i lettori, a volte, senza risposte precise riguardo i meccanismi universali che informano e plasmano il mondo di Sandman. Ed è proprio questo il bello: quelle storie rimangono dentro la coscienza del lettore e vi lavorano dentro. Non è inusuale che, chi ha letto The Sandman, vi ritorni prima o poi nella sua vita, spinto da un richiamo irresistibile, per ritrovare quei personaggi e quelle atmosfere oniriche e disturbanti, che mettono in gioco la coscienza e anche il senso morale di colui che le legge.
Il mito decostruito e rielaborato
Caratteristica unica e peculiare delle narrazioni di Neil Gaiman, sia per quanto riguarda il fumetto che per la letteratura (pensiamo ad American Gods), è l’utilizzo spregiudicato (in senso buono) e originale del mito. In The Sandman sono presenti personaggi provenienti dalle più disparate mitologie, da Thor e Odino a Orfeo, da Lucifero (poi ripreso in una serie a lui dedicata, da cui è nata l’omonima serie televisiva) alle Eumenidi (altrimenti dette Erinni o Furie). Il bello è che ognuno di questi personaggi, pur rispettando le caratteristiche originarie presenti nelle storie mitologiche di provenienza, agisce e si confronta con gli altri in modo assolutamente credibile. Miti spogliati, in un certo senso, dell’epica di cui sono naturalmente rivestiti e calati in storie emotivamente verosimili. Agiscono come personaggi tridimensionali, con proprie peculiarità caratteriali, adattate alla sensibilità post-moderna.
Con questo non si creda però che quelle storie perdano in epicità: l’abilità di Gaiman è stata quella di inserire quei personaggi in modo coerente e organico nel mondo di The Sandman dove, nel quadro generale, assumono valenze nuove, a volte titaniche e tragiche, altre più umane. Su tutti ricordiamo un memorabile monologo di Lucifero, l’angelo caduto, in cui afferma di non essere affatto lui a costringere gli uomini a fare il male, e concludendo infine così, a proposito degli umani: “Parlano di me come di uno che se ne va in giro a comprare le anime. Come una pescivendola nei giorni di mercato, senza chiedersi mai il perché. Non ho bisogno di anime. E come si può possedere un’anima? No. Essi appartengono a loro stessi, solo che odiano dover ammetterlo.”
Personaggi femminili e temi adulti
Le donne in Sandman non sono fanciulle semi-nude, dal corpo statuario, semplici alter-ego femminili degli eroi maschili ma con in più, spesso, l’elemento romantico. I personaggi femminili nell’opera di Gaiman sono donne reali, prese dalla vita comune, che affrontano problemi quotidiani e che non hanno il fisico di modelle, né le fattezze di dee (ci sono ovviamente anche dee e creature fatate di bellezza incomparabile). Sono personaggi a tutto tondo che vivono, soffrono e che, per strane sincronicità, si ritrovano al centro di trame cosmiche, bivi del destino che possono influenzare l’intero universo.
Rose Walker, Hyppolita Hall, Foxglove, Hazel, Thessaly, Wanda. Quest’ultima in particolare rappresenta una piccola rivoluzione nel fumetto: si tratta in realtà di Alvin, un uomo che ha cambiato identità sessuale, trovando una nuova vita e nuovi amici che sono diventati la sua nuova famiglia, al di là di quella di origine che non lo ha mai accettato. Emozionante e commovente l’arco narrativo di Wanda, presente nel ciclo Il gioco della vita, su cui non anticipiamo ovviamente nulla. Questo è solo un esempio dei molti temi adulti trattati nel corso di The Sandman e che comprendono, tra gli altri, la solitudine, la follia, il disadattamento alla società, la pedofilia, la psicopatia (memorabile il congresso dei serial killer), nonché argomenti, trattati tangenzialmente, come la Storia, la filosofia, la cosmologia, la fisica, la mitologia, l’esoterismo e tanto altro ancora.
Il potere delle storie
Sandman è una grande celebrazione del potere performativo delle storie, ovvero del potere che esse hanno di plasmare la realtà. Mai come oggi siamo consapevoli del fatto che le narrazioni influenzano la percezione collettiva di un evento o di un personaggio. Neil Gaiman ce lo ha detto 30 anni fa tramite il suo protagonista Morfeo, che, governando il regno dei Sogni, presiede anche il modo in cui percepiamo la realtà e, di conseguenza, la maniera in cui essa viene codificata. Il modo in cui un individuo, o un intero popolo, sogna, condiziona il mondo circostante, a partire dalle mitologie, nate nel magma oscuro dell’inconscio collettivo, che hanno plasmato rituali, religioni e visioni del mondo nel corso delle epoche. Fino alle storie che ci raccontiamo per sfuggire a noi stessi, ma che sono indicative di ciò che portiamo dentro e che non vorremmo emergesse alla luce della coscienza.
Anche gli dei, nella visione di Gaiman, non sono altro che storie plasmate nel reame dei Sogni, al quale ritorneranno una volta che gli uomini non crederanno più in loro, non offrendogli più preghiere né offerte. Tutti però, umani, dei ed Eterni, in The Sandman non sfuggono al confronto con sé stessi e ad una disperata ricerca della propria identità. O, in altre parole, di un posto nel mondo. Persino gli Eterni possono avere dubbi sul senso del proprio agire e venire così a patti con le proprie responsabilità, magari persino decidendo di abdicare al regno che gli è stato assegnato dal Destino.
Siamo dunque genuinamente curiosi e, ammetiamolo, anche timorosi su come una serie televisiva, a prescindere dai talenti coinvolti e dalle qualità profuse, possa rendere conto di una tale complessità, ricchezza e unicità.
Sarà emozionante scoprirlo nei prossimi giorni.