Sandman è finalmente tornato sui nostri piccoli schermi con la sua seconda e – disgraziatamente – ultima stagione. Dopo le accuse all’autore della serie a fumetti, lo scrittore e sceneggiatore Neil Gaiman, una delle creature più affascinanti dell’universo comics (e fantasy in generale) rimarrà presto vittima del suo stesso creatore.

Nei nuovi episodi usciti pochi giorni fa su Netflix, Morfeo si trova nel pieno del suo arco di redenzione – impegnato nel tentativo di porre rimedio ai torti inflitti alla sua amata Nada, ma anche a uno dei suo figli: Orfeo. Risalendo all’origine di questo affascinante (e antichissimo) racconto, cercheremo di approfondirne la filosofia attraverso i suoi legami con la mitologia greca e il nuovo (moderno) adattamento nell’Universo del Dio dei Sogni. 

Come nasce Sandman

Sandman illustrazione di Dave Mckean
Sandman, un’illustrazione – ©Dave Mckean

Per parlare dell’Opera di Gaiman bisogna fare un piccolo passo indietro, tornando alla genesi dell’opera originale con l’obiettivo di comprende come gli stilemi del suo creatore si siano fusi perfettamente per creare un personaggio così iconico. Siamo nel 1988 quando, in casa DC Comics, viene chiamato un giovane Neil Gaiman – assieme al pittoresco artista Dave McKean – per rielaborare e sviluppare una versione moderna di un loro personaggio della Golden Age. I due, che avevano già lavorato in tandem in alcune storie di Swamp Thing, erano alla ricerca di una storia matura per un pubblico adulto che potesse far tornare in voga i Mature themed comics.

Nasce così Sandman, una delle saghe fantasy più fortunate (e apprezzate) del mondo dei comics che scava nel cuore della storia per raccontare come anche lo spirito di un Dio (un Eterno, in questo caso) possa cambiare attraverso le relazioni umane. Il resto è storia. La serie inizia a scalare le classifiche fino a esser definita dal Los Angeles Times come “la più grande saga epica nella storia dei fumetti”.

Entra in scena Netflix

Poster della prima stagione di The Sandman
Poster della prima stagione di The Sandman – ©Netflix

Piccolo flashforward e siamo di nuovo al presente. Quando nel 2019 Netflix annuncia la produzione della prima serie incentrata sul Dio dei Sogni, i dubbi sono tanti: quanto sarebbe stato difficile trovare un attore che potesse incarnare la solennità di Morfeo ma allo stesso tempo mostrare l’importanza della sua umanità, del suo cambiamento e del perdono? L’arrivo di Tom Sturridge fuga ogni dubbio con una delle interpretazioni più delicate e sottovalutate degli ultimi anni. Un personaggio che sì, è un Dio, ma un Dio fallibile, razionale e distaccato che si evolve costantemente.

Trascinata dal carisma del suo protagonista e dalla cura posta in ogni dettaglio, la prima stagione di Sandman è un successo. Dopo aver visto adattato il principale arco narrativo che vede la cattura – e di seguito la fuga – del Dio dei Sogni, la serie ci ha lasciati con Morfeo che, dopo aver recuperato i suoi strumenti (elmo, sabbia e rubino) ristabilisce l’ordine nel suo “The Dreaming”. Un’impresa niente male per l’Eterno, che sembra però non avere un attimo di pace neanche in questa seconda stagione. 

Lo stile di Neil Gaiman

The Sandman 2
Gli Eterni riuniti in The Sandman 2 – Fonte: Netflix

Uno dei fattori che ha reso immortale il mito di Sandman è senza dubbio l’attenzione maniacale che il suo scrittore ha riposto nellunire i diversi riferimenti alla mitologia greca, norrena ed egizia per amalgamarli in un’unica grande storia. Questo, seppur particolarmente presente in Sandman, è uno stilema dello stesso autore inglese, presente in molte altre delle sue opere come American Gods o I Figli di Anansi.

Proprio da questi riferimenti, figli di una tendenza autoriale che guarda al passato per raccontare il profondo, nasce una storia che ha colpito milioni di fan in uno dei recenti episodi usciti su Netflix: il moderno adattamento del Mito di Orfeo.

Il peso di saper adattare

Orfeo - The Sandman 2
Orfeo in The Sandman 2 – ©Netflix

Il mito di Orfeo, adattato nel terzo episodio della seconda stagione e presente nella raccolta “Sandman Library Vol. 6: Favole e Riflessi” della Panini Comics, ha radici profonde nella mitologia greca. Orfeo è un personaggio ibrido che fonde diversi elementi appartenenti ai miti ellenici. Come figura, è sia apollinea in quanto figlio di Apollo (benefattore del genere umano), sia dionisiaca, legata in particolare proprio al riscatto dagli inferi di Euridice. Proprio qui risiede già uno dei più interessanti cambiamenti nella storia di Gaiman: Orfeo è il figlio di Sogno.

Non più Apollo, il Dio che ne protegge le spoglie nel bisogno, ma di Calliope e Morpheus, un Dio distaccato e freddo, quasi l’antitesi di Apollo stesso. Orfeo è destinato ad amare Euridice in ogni racconto della letteratura moderna e passata. Allo stesso tempo, è maledetto nel vedere la sua amata morire a causa del morso di un serpente.

Il mito del viaggio nell’Ade  

Il mito di Orfeo
Il mito di Orfeo

Come nel racconto classico, anche nella versione di Gaiman Orfeo discende negli Inferi per riportare in vita Euridice, ma fallisce. Tutta la scena è raccontata in modo molto simile alla leggenda originale: lo scrittore inglese aggiunge tocchi più cupi e metafisici, in sintonia con la gravitas della sua saga. Il fallimento, in questa nuova versione del racconto, porta a un destino ancora più crudele. Orfeo vive in una sorta di dannazione immortale: una testa ancora cosciente, custodita da monaci su un’isola remota, a simboleggiare la sofferenza eterna per aver sfidato le leggi della vita e della morte.

Come dicevamo prima, Morpheus – pur essendo suo padre – non interviene in aiuto del figlio e questo crea una frattura insanabile nel loro rapporto. Durante il suo viaggio, Sogno stesso svilupperà una nuova coscienza: ciò lo porterà a concedere al figlio la morte come atto di misericordia e redenzione, un gesto atto a sanare la loro relazione e carico di un peso emotivo importante.

I temi che Gaiman voleva trasmettere con il racconto di Orfeo attingono dall’arte e dalla storia dell’uomo. Sandman (come il mito originale, del resto) è un racconto immortale che unisce il potere dell’arte (in questo caso la musica di Orfeo) al confine tra la vita e la morte, la perdita dell’amore all’ineluttabilità del destino. Ad avercene di storie così.

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