Dopo un debutto memorabile che aveva attirato l’attenzione di molti, The Sandman si è scontrato con la dura realtà di un mondo in cui anche l’autore più brillante può celare un lato oscuro. Lo show Netflix che tutti aspettavano per una seconda stagione si è dovuto arrendere a una cancellazione (forse premeditata, forse figlia degli eventi) irrevocabile, affrettandosi a correggere il tiro per offrire una degna conclusione ai fan. L’opera che è tornata sulla piattaforma lo scorso luglio è figlia di un progetto libero da ripensamenti: gli episodi finali della seconda stagione di The Sandman saranno gli ultimi, anche dal punto di vista dei contenuti. Non c’è niente da fare.
Se la prima sezione aveva dato l’impressione di uno slancio troppo frettoloso verso quella chiusura già scritta, la seconda tranche di episodi ribalta la situazione quasi del tutto. Si percepisce fino alla fine il peso di un destino beffardo, ma gli autori si sono rivelati all’altezza di un’opera fra le più eleganti e profonde degli ultimi anni. Il risultato finale è un compromesso tra il sogno e l’oblio, una (ri)soluzione che unisce, anziché dividere. The Sandman chiude il cerchio, completa il suo percorso e si prepara all’eternità senza alcun timore, consapevole (seppur per pochi istanti) di aver fatto la differenza.
Genere: Fantasy, drammatica
Durata: 12 Episodi/55 minuti ca.
Uscita: 3 Luglio-31 Luglio 2025 (Cinema)
Cast: Tom Sturridge, Jenna Coleman, Gwendoline Christie, Boyd Holbrook
Prima della fine

Giocando con la sua natura crepuscolare dentro e fuori lo schermo, The Sandman si muove sin da subito tra meraviglia e dolore. Le ultime puntate dello show mettono in luce il cambiamento di un Dio che si è fatto progressivamente uomo, abbracciando la propria condizione in un mondo di abissi inesplorati. C’è meno spazio di manovra, forse, per questo la linearità risulta più percettibile, ma non si avverte mai la sensazione di forzatura tipica di certe produzioni pronte a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo.
La gestione di alcune scelte narrative resta uno dei punti più fragili dell’opera, più per mancanza di mezzi (ed episodi) che per mancanza di idee, ma la spettacolarità del tema principale riesce a soddisfare fino in fondo. L’epopea di una famiglia tanto unica quanto fallibile, alla deriva di un passato di echi smarriti, si fa infine emblema della condizione umana. A dimostrazione che la crescita di un Dio (o forse la sua caduta definitiva) non può prescindere dal dolore. Così The Sandman, persino nei suoi ultimi istanti, assume i contorni di quelle meraviglie che hanno finito per contemplare la loro imperfezione, bruciando intensamente prima di perdersi nella cenere.
Un’elegante ribellione

In fin dei conti, ogni cosa in The Sandman richiama all’osservazione. Il suo è un microcosmo di critici e adulatori, spettatori non paganti di un destino che aspetta solo l’occasione giusta per cominciare a scrivere qualcosa di nuovo. L’esistenza diventa quindi la poesia dei legami perduti, l’estasi di quei ricordi che vivono nell’atto stesso di raccontare. L’opera di Gaiman diventa completamente simbolica nel momento in cui accetta la propria natura: alla chiusa, il racconto diventa vero protagonista tra il sogno e la memoria. Così la nostalgia pervade ogni sequenza, richiamando la malinconia di chi osserva. Resta la grandezza di una delle produzioni più raffinate di Netflix, perla dal potenziale enorme di cui si è potuta cogliere solamente un’eco lontana.
Nei suoi ultimi spiragli di luce prima del definitivo tramonto, The Sandman avrebbe potuto limitarsi a essere un grande rimpianto. Invece, la serie dimostra che ci vuole tempo, anche per comprendere fino in fondo il senso di certe scelte. Un impatto che sarebbe decisamente più compiuto se Netflix evitasse di troncare le stagioni in piccoli archi utili a tenere qualche abbonamento in più. Goyer e soci prendono le redini di una barca già affondata nell’abisso dei sogni perduti, creando un’ode alla fine che omaggia la forza creativa e il potere del cambiamento. Chiudere con una frattura, in un mondo di facciate perfette, è l’atto di ribellione perfetto – nella speranza di una rinascita.
La bellezza di The Sandman sta tutta nel suo confermarsi meditabondo, sempre concentrato a riflettere sul tempo e sulle essenze. La storia insegna che chi guarda al mito sussurra agli uomini, dando forma a paure e desideri. Non ci voleva certo un Dio per capire il senso dell’esistenza, ma ci voleva un’opera così per ricordare che forse i Sogni possono ancora cambiare il mondo.
Conclusioni
The Sandman chiude le porte al sogno e apre le porte dell'oblio, ma lo fa con la speranza di aver lasciato il segno. Nonostante il suo andamento sfortunato e altalenante, questa serie si conferma una delle opere più affascinanti ed eleganti mai prodotte da Netflix. Uno sguardo al di là del Sogno che non dimenticheremo tanto facilmente.
Pro
- Il cast, guidato da Tom Sturridge, si conferma la punta di diamante della serie
- La ricostruzione di scenari e ambienti lascia un ricordo difficile da cancellare
- Il valore simbolico dell'opera trova una coerenza ottimale, anche di fronte a una fine frettolosa
Contro
- Si percepisce sempre il peso di un potenziale inespresso
- Il ritmo altalenante della narrazione, soprattutto tra la prima e la seconda parte, può dare più di qualche fastidio
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Voto ScreenWorld