Quanto malessere covato dietro una maschera. Da una parte i baffi di Dalì, dall’altra fredde forme geometriche. Da una parte il simbolo di una rivoluzione artistica, dall’altra rigidi simboli inquietanti. È impossibile parlare di Squid Game e La casa di carta senza farsi ammaliare dai loro simboli più riconoscibili. Eppure, dietro le loro facciate più o meno inquietanti, queste due serie tv nascondo connotati simili. Tratti somatici che ogni tanto coincidono e accorciano distanze culturali grandissime. Insomma, dall’ardore spagnolo all’insofferenza sudcoreana il passo è breve. Proviamo a capire perché raccontandovi tre punti di contatto tra Squid Game e La casa di carta.
1. Baffi e triangoli: l’iconografia
Per diventare un fenomeno di massa devi saper catturare la massa. Perché una serie diventa iconica quando le icone le partorisce in casa. In questo senso, come detto in apertura, La casa di carta e Squid Game hanno dimostrato un potere iconografico altissimo. Nell’arco di pochissimi episodi sono riuscite a imporre una serie di simboli che hanno avuto presa rapida sull’immaginario collettivo. Le maschere di Dalì sono diventate subito il bigliettino da visita della banda capitanata dal Professore. Sono subito state elevate a simulacro di rivoluzione, coraggio e beffa delle regole. Proprio come Dalì fece con la sua arte anarchica e disinibita. Un simbolo straniante e allo stesso tempo di grande impatto visivo, capace di riassumere in pochi tratti l’anima della serie spagnola. Dall’altra Squid Game, ispirandosi non poco alle tute rosse de La casa di carta, ha subito messo in chiaro le cose con le sue maschere asettiche, anonime e impersonali (proprio come il gioco al massacro che mette in scena). Solo tre simboli: un cerchio, un quadrato e un triangolo. Ovvero le forme del campo nel gioco del calamaro. Tre geometrie che, però, richiamano anche le tre icone presenti sui tasti dello storico joypad PlayStation. Una citazione molto ammiccante alla dimensione ludica più popolare del pianeta. Grazie a un’iconografia coerente La casa di carta e Squid Game sono entrate di prepotenza nelle vite di tutti. Per informazioni chiedere ai cosplayer e a chi vende costumi di carnevale.
2. Giocare con il fuoco
Diciamo la verità. Il successo clamoroso de La casa di carta e Squid Game nasce anche dalla grande semplificazione che caratterizza due serie tv accessibili e ammiccanti. Ci riferiamo soprattutto alla loro struttura narrativa. Sia Squid Game che La casa di carta hanno un’impostazione livellare, che solletica subito il piacere ludico della visione. Il piano del Professore e il sadico gioco a cui partecipa Gi-hun sono suddivisi per fasi, singole tappe di un percorso che procede per gradi. Il pubblico non guarda le loro imprese, ma partecipa alle loro storie. Un coinvolgimento aiutato da questa struttura “a livelli” che coinvolge e simula una dinamica da videogame. Non è un caso che entrambe le serie si basino su un vero e proprio regolamento da rispettare. La casa di carta ha nel piano del professore il suo “libretto di istruzioni”. Le regole del gioco sono stabilite sin da subito. Chiare per i protagonisti e per lo spettatore, che si sente subito parte della banda. Regole da seguire alla lettera, che vanno rispettate oppure violate dagli antagonisti di turno. E quando le regole saltano, il pubblico gode con piacere voyeuristico. Un piacere sadico che ci travolge ancora di più nel gioco perverso di Squid Game. Via di mezzo tra il talent e il reality show rivisto in chiave distopica, lo show sudcoreano traveste l’orrore con il gioco e crea un cortocircuito straniante tra l’innocenza di alcune prove e la loro feroce violenza. In entrambe le serie, quindi, si gioca con il fuoco. I protagonisti soffrono, sudano, penano e si dannano l’anima. Noi guardiamo soltanto e ci sentiamo sempre al sicuro. Felici di partecipare.
3. Fregare il sistema
Continuiamo a giocare. Facciamo finta che La casa di carta e Squid Game siano due enormi scacchiere in cui tutti si stancano di essere usati come pedine. Sì, perché in entrambi gli show i personaggi hanno un grande obiettivo di fondo: fregare il sistema, spezzare catene e vendicarsi dei soprusi subiti. Entrambe con una grande somma di denaro nel mirino, le due serie Netflix hanno avuto infiammato le persone perché hanno cavalcato un malessere collettivo diffuso. La casa di carta ha urlato al mondo la sua rivolta contro le istituzioni: polizia, banca, informazione. Tutto quello da cui ci sentiamo manipolati, di colpo viene beffato procurando solo godimento. Se La casa di carta è lotta contro il sistema, Squid Game si mette sulla stessa scia. No, la sua non è una “lotta di classe”. Perché in quel caso dovrebbe esserci il desiderio di sostituirsi a chi è in cima alla gerarchia. Invece la triste storia di Gi-hun parte non è altro che disperata sopravvivenza. Una disperata esistenza strisciante che poco per volta si trasforma in nobile missione. Il finale di Squid Game è chiaro: bisogna spezzare la ruota e distruggere il sistema malato dietro quel massacro di massa.