Lo sapeva bene Federico Fellini: il vento nel cinema è magico. Indefinibile, invisibile eppure presente grazie al suono. Proprio col suono del vento inizia questo nuovo episodio di The Last of Us, un vento gelido che blocca il racconto di un viaggio e fa riemergere memorie sepolte. Se abbiamo deciso di iniziare la nostra recensione di The Last of Us 1×07 con il nome di Fellini è perché questo settimo episodio della serie HBO creata da Craig Mazin e Neil Druckmann è degna di essere legata a un maestro del cinema. Per la qualità, per l’emozione, per quell’indescrivibile senso magico che trasforma il racconto di una coppia di protagonisti in una perla universale.
Diretto da Liza Johnson, che offre uno degli sguardi più ammalianti della serie, Left Behind vi lascerà un segno sulla pelle, colpirà duramente e vi regalerà quello che è – ad oggi – l’episodio più emozionante e commovente della stagione.
The Last of Us
Genere: Horror
Durata: 55 minuti
Uscita: 27 febbraio 2022 (Sky, NOW)
Cast: Bella Ramsay, Storm Reid
La storia di Ellie
Ci piace pensare che quel suono del vento a inizio episodio sia stato capace di portare quella magia che il regista di Rimini ricercava continuamente soprattutto durante la sua seconda metà di carriera. Adattamento del DLC videoludico dal titolo Left Behind, questo settimo episodio di The Last of Us si concentrerà quasi totalmente sul passato di Ellie, trasportando noi spettatori a prendere il giusto respiro prima di proseguire il viaggio nel presente. Senza voler scendere nel dettaglio degli eventi, basti sapere che la ragazza protagonista, dopo gli eventi che hanno chiuso l’episodio della scorsa settimana, ha trovato rifugio in una casa abbandonata. La situazione la porta a ripensare a una notte in particolare del suo passato, una notte che ha cambiato tutta la sua vita.
All’interno della Zona di Quarantena di Boston, Ellie viene svegliata in piena notte dalla sua migliore amica e compagna di stanza Riley (Storm Reid), anche lei orfana. Riley obbliga Ellie a mettersi le scarpe, caricarsi uno zaino in spalla e, senza farsi scoprire, entrare in uno strano e gigantesco edificio. Basta un interruttore e la magia si compie: si tratta di un centro commerciale abbandonato, sicuro, con l’elettricità ancora in funzione.
Ellie, con gli occhi meravigliati, e Riley passeranno una notte a giocare, ridere, scherzare, ballare, vivere in quelle corsie e in quei negozi. Perché, oltre alla felicità e alla spensieratezza, quella sarà la notte di un addio: Riley si è unita alle Luci e molto probabilmente questa scelta la porterà lontano da Ellie. E con questa confessione, sarà anche la notte in cui Ellie crescerà. Una notte che lascerà una cicatrice sulla pelle che, a distanza di tempo, continuerà a fare male.
Due attrici che lasciano il segno
Appare evidente sin da subito, e via via che i minuti procedono si ha la certezza sempre più sconcertante, di trovarci di fronte a un episodio recitato da due attrici in stato di grazia. Bella Ramsey e Storm Reid mostrano un’affinità che raramente si vede sullo schermo, donando ai due personaggi una sensibilità e una tridimensionalità nel carattere che lascia sbigottiti. Per quanto The Last of Us mostri un mondo post-apocalittico, mai viene meno la sensazione di trovarsi di fronte a persone vere e non a dei personaggi. C’è qualcosa nella naturalezza degli sguardi, nel non detto che crea tensione (anche erotica), nel modo in cui i personaggi si muovono, si trattengono, ridono o si guardano riflessi in una vetrina di un negozio, che costruisce un legame empatico fortissimo.
E se a Storm Reid, che finalmente, dopo essere stata messa eccessivamente in secondo piano durante la seconda stagione di Euphoria, dimostra di essere un’attrice davvero capace di reggere intere sequenze, basta un solo episodio per entrare nel cuore degli spettatori e lasciare nella memoria un personaggio indimenticabile, le lodi dedicate a Bella Ramsey ormai non si contano più. Ramsey rimane in perfetto equilibrio tra il corpo e la mente di una bambina e quella di un’adulta costretta a crescere più velocemente del previsto, anche controvoglia. C’è un senso tragico dentro la sua Ellie, un dolore lancinante che soffoca con freddure, barzellette e parolacce, che la rende uno dei personaggi più umani del piccolo schermo degli ultimi anni. E non si poteva sperare ad attrice migliore per interpretarla.
A cuore aperto
Arrivato al settimo episodio, The Last of Us opera a cuore aperto. Un episodio che fa leva sul passato di uno dei due protagonisti per aprire le porte al presente e al futuro. Proprio grazie a questa parentesi narrativa e una scena finale esplosiva dal punto di vista emotivo, la serie mostra le sue carte e svela quanto sia sbagliato intenderla come un survival horror. The Last of Us è un dramma esistenziale, che usa il genere per raccontare un’umanità pulsante, congelata e sommersa dalla polvere della vita adulta.
Liza Johnson in cabina di regia sfrutta questo concetto e regala una narrazione per immagini destinata a un pubblico maturo, per come le utilizza e per il significato che contengono. Operare a cuore aperto significa dover avere lo sguardo di un eccellente chirurgo, e Johnson regala il giusto ritmo, ponendosi alla perfetta distanza dagli eventi.
E così lo sguardo meravigliato di Ellie davanti alle scale mobili ha il sapore dell’ingresso in un Paese delle meraviglie, le foto scattate in una cabina diventano tentativi di racchiudere la magia del momento, giocare e rigiocare a Mortal Kombat è il ricordo di un’infanzia mai vissuta da Ellie e un tempo perduto per noi spettatori. Il dirsi addio, l’imbarazzo provato, la rabbia e le lacrime che feriscono il viso, in maniera incontrollabile, sono ricordi anche nostri che quel vento magico a inizio episodio ci ha portato.
Fino ad arrivare alla più cruda verità: la crescita non è nient’altro che un doloroso intervallo di tempo che trascorre tra il cavalcare un cavallo di una giostra e un cavallo vero.
Il passato è una cicatrice
La ragazzina miracolata, la persona che potrebbe portare una cura al mondo intero. Ellie è stata morsa da un infetto, eppure è ancora viva e vegeta. Di quell’esperienza dovrebbe essere rimasta solo una cicatrice sul braccio. Anche se non si vede, però, la ferita è ancora aperta. Il mondo di The Last of Us è composto da questo: da personaggi che portano sul loro corpo la loro esperienza passata, i loro dolori e i loro lutti. In quest’episodio dove i corpi vengono tagliati snaturando le certezze quotidiane, contenitori di sicurezze che si bucano creando aria per l’imprevisto, dove il dolore non è solo corporale ma anche emotivo, si è costretti a posare il proprio sguardo sul futuro, verso la vita, e chiudere le ferite. Allora l’ago e il filo che attraversano la carne diventano intrecci di carne stessa, dita che si stringono, mano contro mano, che legano. Si rimane umani, anche sostituendo i propri volti con maschere mostruose.
Ferisce, quest’episodio. Penetra come uno spiffero tagliente. Poi finisce, lasciandoci il segno. La cicatrice del suo passaggio.
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La recensione in breve
Il settimo episodio di The Last of Us (1x07) offre una parentesi narrativa di rara bellezza. Girato con uno sguardo preciso e attendo ai dettagli, sorretto da due attrici dall'enorme talento, l'episodio è la dimostrazione della qualità eccelsa della serie, che regala un'ora di televisione emozionante e indelebile. Da rimanere senza parole.
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Voto ScreenWorld