Cari lettori,
se state leggendo queste righe, vuol dire che avete appena concluso la visione del terzo episodio di The Last of Us. Oppure, spinti dalla curiosità del voto o di un parere aggiuntivo, volete sapere qualcosa in più su questo capitolo della storia che ha già iniziato a far discutere. In entrambi i casi, cercheremo il più possibile di non cadere nella trappola dello spoiler, anche se la difficoltà maggiore non è tanto evitare gli sviluppi di una trama anche semplice di per sé, ma rendere a parole tutto il viaggio emotivo che questi 72 minuti ci hanno regalato. Dopo due appuntamenti introduttivi, la serie HBO, disponibile in esclusiva e in contemporanea con l’America su Sky e NOW, creata da Craig Mazin e Neil Druckmann mostra tutta la propria particolarità, e lo fa con un cambiamento narrativo nei confronti del videogioco che potrebbe scontentare qualche appassionato del prodotto videoludico, ma che risulta assolutamente centrato e vincente.
Ci perdonerete se diciamo subito, all’inizio di questa nostra recensione di The Last of Us 1×03, di trovarci di fronte a un episodio che alza ancora di più l’asticella qualitativa della serie, risultando un esempio cristallino e memorabile dell’essenza di The Last of Us. Un episodio che, una volta concluso, lascia un segno, come un’orma sul fango fresco, come l’inchiostro sulla carta. Rimbomba dentro di noi come una nota sospesa di pianoforte, lascia un sapore dolceamaro in bocca, ci ricorda la nostra umanità, stimola la nostra empatia. The Last of Us è questo: non un horror avventuroso e ricco d’azione, ma una disamina malinconica, esistenziale, sentimentale sulla natura umana, sulla solitudine e i sensi di colpa, sul bisogno di condivisione. Che è il motivo per cui lasciamo tracce scritte del nostro passaggio.
The Last of Us
Genere: Drammatico/Horror
Durata: 72 minuti
Uscita: 30 gennaio 2022 (Sky/NOW)
Cast: Nick Offerman, Murray Bartlett, Pedro Pascal, Bella Ramsey
La trama: nel posto delle fragole
Ovviamente, vi servirà un po’ di contesto. Dopo gli eventi dell’episodio scorso, i protagonisti si ritrovano fuori Boston, in una zona boschiva. Camminano in silenzio, ancora incapaci di digerire appieno quanto accaduto. Joel (Pedro Pascal) si ricorda di una piccola cittadina disabitata, se non da Bill (Nick Offerman), un uomo di mezza età che si è fortificato all’interno e può aiutare loro con provviste o armi e magari un’auto. È lì che decide di andare, per cercare di capire dove portare Ellie (Bella Ramsey), la ragazzina che deve consegnare alle Luci.
Intorno a loro la desolazione fatta di luoghi disabitati e abbandonati, corpi ormai imputriditi e resti di vestiti.
Proprio con un taglio di montaggio su questi pezzi di tessuto, l’episodio ci porta indietro nel tempo, nel 2003, a epidemia appena iniziata. Bill, nascondendosi in un bunker, fugge dalle forze dell’ordine intente ad evacuare tutta la cittadina. L’uomo si ritrova completamente da solo. A quel punto saremo costretti a seguire ciò che ha passato Bill nel corso dei vent’anni di epidemia: un sopravvissuto paranoico ma intelligente che ha trovato il modo di sentirsi costantemente al sicuro. Sino all’arrivo di Frank, un uomo in fuga che richiede asilo temporaneo. A quel punto tutta la quotidianità di Bill si trasformerà.
Un nuovo punto di vista
Ora è bene avvisarvi. Siamo costretti a raccontarvi che tra Bill e Frank nascerà una storia d’amore. Un evento solamente abbozzato nel videogioco del 2013 e che qui dà vita a un vero e proprio film indipendente nella serie. Questo terzo episodio di The Last of Us amplifica e racconta tutta quella storia d’amore, prima di tornare dai protagonisti naturali. Un cambiamento importante che, però, dimostra l’obiettivo centrato di un adattamento. Se nell’episodio precedente si erano asciugati tutti i momenti più ludici e interattivi (sia nel ritmo che ovviamente nella ripetitività delle azioni: una serie non funzionerebbe mai se dovesse procedere con fasi stealth e action continue come nel gioco), qui si cambia il punto di vista di una sezione della storia. Il risultato è assolutamente vincente, perché contribuisce a creare un mondo composto da diverse esperienze e diverse persone, ognuna con la loro vicenda, in cui solo successivamente inserire Joel ed Ellie.
Ed è un mondo vivo, vero, dove la disperazione e la solitudine diventano via via sentimenti sempre più forti e sinceri. Non c’è, nella storia di Bill e Frank, un messaggio secondario che stona con l’anima della storia, anzi. Abbracciando il loro racconto, noi spettatori comprendiamo ancora di più l’atmosfera della serie, diversa da tutti i normali survival horror movies a cui siamo abituati, donando un peso emotivo sempre maggiore. Con questo terzo episodio The Last of Us scopre finalmente le sue carte e regala un episodio al limite della perfezione, grazie anche alla coppia di protagonisti e alla regia dosata di Peter Hoar.
Lasciare traccia del proprio amore
Facciamoci una domanda difficile. Perché guardiamo film e serie tv? Perché ci ostiniamo ad appassionarci a storie anche ricche di tristezza e malinconia? Voi che state leggendo provate a rispondere. Forse il tutto si può racchiudere con il nostro desiderio di provare emozioni, di sentirci legati a personaggi e storie lontane dalla nostra realtà, ma che in qualche modo parlano di noi e di quello che siamo. Nella storia di Bill e Frank troviamo anche la nostra solitudine, il nostro desiderio d’amore, la nostra ricerca di una vita certo non facile, ma schietta e diretta. E sono le storie come queste, nella loro complessa semplicità, a lasciare qualcosa su di noi, anche delicatamente. Non ci lasciano i segni dei denti, ma il calore di una mano che si posa sulla pelle. Quel calore che descrive la nostra umanità in un mondo di morte e polvere.
Grazie a queste storie possiamo comprendere e leggere gli sguardi di due innamorati, il rimpianto di una sopraggiunta vecchiaia, la forza del dialogo e della fiducia, la sicurezza di non essere da soli. Così accade anche con Joel ed Ellie, che più passa il tempo più si sentono legati l’uno con l’altra, persone che hanno costruito fortezze impenetrabili come corazze, ma che a un certo punto non possono far altro che aprirsi e lasciar entrare ciò che sta all’esterno, con tutto ciò che comporta. È solo allora che ci si accorge di quanto abbiamo bisogno di queste storie, di questi personaggi estranei che, anche con un po’ di forza, fanno breccia nelle nostre mura, trovando terreno morbido su cui lasciare le orme del loro passaggio, anche a distanza di tempo.
Ci perdonerete, quindi, se questa recensione assomiglia a un biglietto lasciato sul tavolo, scritto in maniera sincera e che tradisce qualche parola d’amore di troppo. Ma d’altronde come si può nascondere un sentimento del genere quando ci si trova di fronte a un’opera di questo tipo? Viene davvero voglia di riscoprire il piacere della condivisione e lasciare una traccia di questa passione che ci accomuna. Un’impronta viva, la stessa lasciata dalla storia di Bill e Frank.
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La recensione in breve
Il terzo episodio di The Last of Us (1x03) regala un piccolo capolavoro di empatia ed emozione. Dimentica temporaneamente i due personaggi principali per rendere protagonisti due uomini che racchiudono, nella loro storia, tutta l'anima e l'essenza della serie. Girato e recitato in maniera semplicemente perfetta, questo terzo episodio si dimostra come un capitolo memorabile di questa stagione televisiva.
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Voto ScreenWorld