In ottica, si definisce il prisma un corpo trasparente delimitato da facce piane non parallele; facce rifrangenti, tali che un raggio di luce che incida su una di esse emerge dall’altra, dopo essere stato rifratto dal mezzo trasparente, un prisma viene utilizzato per deviare fasci di luce monocromatica. La nostra recensione di Prisma, la nuova serie italiana Prime Video, inizia così. Perché Prisma? Perché la luce che lo attraversa è la luce del sole, che è la stessa per tutti. Ma, a seconda della faccia che incrocia, rimanda un insieme di luci diverse tra loro, con mille sfaccettature. Noi, in fondo, siamo così. La luce che ci illumina è la stessa, ma ognuno di noi è caratterizzato da diverse sfaccettature e colori. La nuova serie di Ludovico Bessegato e Alice Urciuolo, le menti dietro al successo di Skam Italia, ci vuole raccontare un mondo dove ognuno di noi è un essere unico, fluido, in divenire, e alla ricerca della propria identità. Prisma è una serie che colpisce per la sua sensibilità e la sua delicatezza, per il suo incedere ipnotico e avvolgente, per l’empatia che si crea tra i personaggi, e tra personaggi e spettatore. È un prodotto di livello internazionale.
Prisma
Genere: Adolescenziale, drammatico
Durata: 50 minuti ca./8 episodi
Uscita: 21 settembre 2022 (Prime Video)
Cast: Mattia Carrano, Lorenzo Zurzolo, Caterina Forza
La trama: Marco e Andrea, “gemelli diversi”
Siamo a Latina, una città di provincia molto particolare. Una città giovane, senza un centro storico e senza un entroterra. È qui che vivono Marco e Andrea (Mattia Carrano), due gemelli. Andrea sembra quello più sicuro di sé, Marco è quello più insicuro e scontroso. Da lontano osserva Carola (Chiara Bordi), una ragazza che fa la sua scuola e che non ha mai avuto il coraggio di avvicinare. Durante l’estate ha avuto una relazione con Daniele (Lorenzo Zurzolo), ma ora sembra finita. Anche la storia tra Andrea e la sua ragazza è finita: lui l’ha trovata a letto con un’altra ragazza. E proprio quella ragazza, Nina (Caterina Forza), capita nella classe di Andrea, che sta ripetendo l’anno. Con un profilo falso, Andrea intanto chatta con un ragazzo, il cui profilo si chiama Sue Altezze.
Un teen drama senza esserlo
Prisma si svela tutto alla fine del primo episodio. Andrea apre curioso un pacco arrivato dal corriere. Dentro c’è un vestito da donna, fatto di una stoffa leggera. Andrea, che ha un fisico slanciato, lo indossa, e si guarda soddisfatto allo specchio. Ma è qualcosa che rimane solo per lui, che non ha il coraggio di far sapere agli altri. Prisma è questo, una serie sull’identità, di genere, ma non solo. È una serie sulle sfaccettature, sulla fluidità, sull’esplorazione del nostro corpo e della nostra natura. È un romanzo di formazione, un teen drama senza esserlo fino in fondo, perché i temi in qualche modo sono universali e riguardano tutti. Perché tutti noi, prima o poi, siamo stati alla ricerca del nostro vero io. Ognuno di noi non è solo un colore ma una serie di sfaccettature. E ognuno di noi, in fondo, è in continua esplorazione.
Il senso di Bessegato per l’adolescenza
Ma quello che colpisce in Prisma, e che segna la differenzia da tante altre serie tv, se non tutte, è la delicatezza dello sguardo di Ludovico Bessegato e Alice Urciuolo, è il tatto con cui maneggiano le storie e prendono per mano i loro personaggi, è la naturalezza con cui le vicende scorrono sotto ai nostri occhi. Abbiamo visto raramente temi di questo tipo portati sullo schermo, e ancor più raramente li abbiamo visti raccontati in questo modo. Forse è il senso di Bessegato per l’adolescenza. O forse è perché Prisma nasce da storie vere, e dall’incontro con persone vere, dall’ascolto del loro punto di vista. Tutto è scaturito dall’incontro con Giovanna Cristina Vivinetto, una poetessa che ha affrontato un percorso di transizione. E dalla scoperta che aveva un fratello gemello. Ogni personaggio, in Prisma, è se stesso, è unico, sfugge alle definizioni e agli schemi.
Lo sguardo e il sorriso di Chiara Bordi
È così anche per il personaggio di Carola, una ragazza che ha una gamba amputata e porta una protesi. La sua disabilità entra nella storia in maniera organica, naturale. È soprattutto una ragazza alla ricerca di un nuovo amore, di qualcuno di cui fidarsi, e la sua protesi entra nei discorsi, tra le altre cose, senza che ci sia mai enfasi, o uno sguardo pietistico. È il tocco di Bessegato, quella delicatezza dello sguardo di cui parliamo sopra. Carola è interpretata da Chiara Bordi, un’attrice veramente amputata, che porta in scena il suo corpo, bellissimo, con estrema naturalezza, e il suo sguardo e il suo sorriso riempiono la scena.
Mattia Carrano, un esordio sorprendente
Chiara Bordi è solo uno degli esempi di un cast perfetto. Su tutti spicca Mattia Carrano, attore straordinario, ancor di più se si pensa che è un esordiente assoluto, che interpreta un doppio ruolo, quello dei gemelli Andrea e Marco. Il giovane Mattia, volto nobile, lineamenti delicati e sensuali allo stesso tempo, riesce a disegnare (e spesso, nelle scene in cui sono insieme, lo ha fatto recitando la stessa scena in due ruoli diversi a distanza di pochi minuti) due ragazzi di inclinazioni diverse, giocando su sguardi, movimenti minimi del volto, postura. Accanto a loro si muovono Caterina Forza, nel ruolo di Nina, ragazza scontrosa in apparenza, ma sorprendente, che ci ha conquistato subito con il suo sguardo e la sua grinta. Nel cast, il nome più noto è quello di Lorenzo Zurzolo, che qui torna al personaggio più dark interpretato in Baby, ma con sfumature molto diverse, dalla classe sociale alla profonda fragilità e solitudine. Tutti questi sono volti belli, veri, estremamente credibili.
Così lontano, così vicino: Prisma ed Euphoria
C’è una scena, in Prisma, che fa molta tenerezza. È quella in cui due personaggi fanno sesso su un letto, evidentemente quello di lei da bambina, ancora pieno di pelouche. È un po’ un simbolo per dei personaggi in formazione, ancora un po’ bambini e già un po’ adulti, e in fondo nessuna delle due cose. è l’adolescenza. Quella che, in modo mirabile, ci ha raccontato in questi anni Euphoria. Già dalla prima stagione abbiamo detto che, dal momento dell’entrata in scena di Euphoria, l’asticella del teen drama si era alzata, e ogni serie teen avrebbe dovuto fare i conti con questo. Ecco, per la prima volta ora vediamo una serie che ci sembra allo stesso livello. E lo fa perseguendo strade opposte. Le due serie hanno in comune l’empatia che si sviluppa con i personaggi, l’intensità e lo standard produttivo altissimo. Ma dove la serie di Sam Levinson cerca sempre il dramma, la scena forte, il pugno nello stomaco, quella di Ludovico Bessegato cerca sempre la verità, la naturalezza, la delicatezza.
E in fondo è una questione di luce. Se Euphoria mette gli adolescenti sotto le luci al neon, Prisma li mette sotto la luce del sole, o della luna. Tutto è avvolto, in Prisma (in cui ogni episodio inizia con un colore diverso) da una luce ovattata. Che non è quella artificiale e sospesa di una fiaba, ma quella del sole che si riflette su di noi creando ogni volta colori diversi.
La recensione in breve
Prisma è una serie che colpisce per la sua sensibilità e la sua delicatezza, per il suo incedere ipnotico e avvolgente, per l’empatia che si crea tra i personaggi, e tra personaggi e spettatore. È un prodotto di livello internazionale.
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voto ScreenWorld