Un universo, per definizione, è in continua espansione. Non un’appropriazione di un volume preesistente ma una costante e inarrestabile creazione di spazio. La Marvel pare abbia seguito alla lettera questo assioma, trasformando Avengers: Endgame e l’apparente punto di arrivo che rappresentava in un blocco di partenza dal quale continuare a rilanciare. In questo processo creativo si inserisce Moon Knight, nuova serie inserita nel Marvel Cinematic Universe disponibile dal 30 marzo su Disney+, di cui abbiamo avuto il piacere di vedere i primi quattro episodi in anteprima.
In questa recensione di Moon Knight (senza spoiler) andremo a scoprire l’importanza e le potenzialità di questo nuovo e ambizioso progetto, cercando d’ipotizzare con quale portata sarà in grado di contribuire a questa costante espansione degli orizzonti di un universo più vivo che mai.
Moon Knight
Genere: Azione
Durata: 6 episodi / 50 minuti ca.
Uscita: 30 marzo 2022 (Disney+)
Cast: Oscar Isaac, Ethan Hawke, May Calamawy
Chi è Moon Knight?
Il nuovo prodotto del Marvel Cinematic Universe è una serie polivalente. Un conglomerato di significati diversi a domande differenti. Lo stesso quesito “Chi è Moon Knight?” porta con sé varie possibili risposte. Partiamo dal principio e quindi dalla sua genesi fumettistica.
Gli anni ’70 sono il periodo in cui in Marvel iniziarono ad avere una apertura verso tematiche più dark. È questo il periodo delle prime apparizioni di personaggi come Ghost Rider, Blade e appunto Moon Knight. Quest’ultimo fa il suo esordio nel 1975 sulle pagine di Werewolf by Night (o Licantropus), come villain del lupo mannaro della Casa delle Idee e per questo non a caso dotato di una simbologia legata alla luna e dotato di armi in argento. Notata le potenzialità del personaggio si decise di dargli una serie e un background più approfondito.
Marc Spector, mercenario dalla mente fragile che in punto di morte viene salvato dalla divinità egizia Kohnshu, il quale decide di renderlo il suo avatar terreno. Da questo spunto si sono poi fatte avanti nei decenni, con alterne fortune, le varie versioni del personaggio. Partendo e poi abbandonando un Moon Knight a metà tra Daredevil e una versione Marvel di Batman, si è deciso di proseguire e calcare la strada dell’instabilità mentale. In particolare nelle recenti run a cura di Warren Ellis e Jeff Lemire, in cui il focus è andato sempre più verso l’esplorazione del disturbo dissociativo dell’identità. Proprio dal lavoro di questi due autori sembra partire e prendere spunto la nuova serie Marvel.
Nella serie iniziamo a seguire la vita di Steven Grant, commesso di un negozio di souvenir di un museo londinese, costretto a causa di un disturbo del sonno a legarsi al letto di notte. Come presto ovvio non si tratta di sonnambulismo ma di una molteplicità di personalità all’interno dello stesso corpo. Il coinquilino di Steven è Marc Spector, americano con un passato violento a sua volta diventato l’avatar terreno del Dio egizio Kohnshu intento a sventare i progetti di una setta molto particolare.
Ma è qui che torniamo al quesito iniziale: “Chi è Moon Knight?”. Lo spettatore sarà portato, con il passare dei minuti e degli episodi, a porsi vari quesiti. Tra le due personalità ne esiste una dominante o preesistente? Esistono solo Steven e Marc? Quanto di Kohnshu e di tutta la vicenda è reale e quanto è invenzione di una mente frammentata? E quindi, chi è veramente Moon Knight?
Fare le scelte giuste
In un progetto con tali ambizioni la Marvel non poteva permettersi molti errori, a partire dal cast. Per il ruolo di protagonista ha deciso di puntare su Oscar Isaac. Reduce da una stagione a dir poco ricca che lo ha visto protagonista sia al cinema con Il collezionista di Carte di Paul Schrader e nel ruolo di Leto Atreides in Dune che in tv con la bellissima serie Scene da un Matrimonio, Isaac si dimostra una scelta semplicemente perfetta. Al netto di un accento inglese sfoggiato nei panni di Steven che potrebbe far storcere il naso a qualcuno, riesce a rendere e a far percepire il disorientamento e la sofferenza di una mente frammentata. Altrettanto azzeccata appare la decisione di puntare su Ethan Hawke nel ruolo dell’inquietante santone e villain della serie. I due funzionano molto bene tra di loro anche se a spiccare è senza dubbio Isaac che ancora una volta si conferma uno dei migliori talenti della sua generazione.
Con Moon Knight la Marvel avrebbe cercato di variare, cercando di esplorare strade nuove soprattutto nei toni e nei temi trattati. Sensazione poi confermata dal divieto alla visione imposto ai minori di 16 anni e da trailer che facevano presagire atmosfere horror. Se da una parte, come detto, Isaac riesce a rendere bene questo lato più disturbante non si può dire lo stesso di alcune decisioni. In particolare il trattamento riservato al personaggio di Steven che lo porta a essere il comic relief della serie, sempre pronto a smorzare i toni non appena si fanno più pesanti. Una scelta, seppur comprensibile, che potrebbe far scontenti quegli spettatori che speravano in una serie Marvel dark senza mezzi termini.
Ciò che funziona in larga parte è il design dei personaggi, in special modo la caratterizzazione Kohnshu, Moon Knight e Mr. Knight. La divinità egizia si muove e si atteggia come fosse uno Shinigami, tra l’inquietante e il divertito. Le due rappresentazioni degli avatar godono di un impatto estetico invidiabile, con alcuni dettagli come il mantello a forma di luna di Moon Knight che sicuramente faranno felici i fan del fumetto.
Infine due parole sull’impianto estetico generale della serie. Il livello delle coreografie dei combattimenti è quello non eccelso a cui ci ha abituati la Marvel, con un eccesso in alcuni frangenti dell’utilizzo della camera a mano ma con una maggior generosità per quanto riguarda la presenza del sangue. A deludere in parte sono gli effetti speciali, a tratti non abbastanza curati forse a causa di un budget non sempre adeguato.
Nota umanamente dolorosa per gli appassionati è invece l’apparizione di Gaspard Ulliel, qua all’ultima interpretazione della sua carriera a causa della tragica scomparsa di qualche settimana fa.
Marvel: costante creazione di spazio
A ormai più di un anno dall’inizio di questo nuovo corso Marvel legato alle serie televisive si può compiere un’analisi comparata, cercando di comprendere quali sono le direzioni prese. Ormai pare chiaro che i cinecomics non sono più un genere ma una chiave per interpretarne altri, come dimostrato sia dalle serie Marvel che dai prodotti più fortunati di casa DC come Joker o The Batman (a cui abbiamo dedicato un approfondimento, soffermandoci sullo stile di regia di Matt Reeves). Sarà però interessante osservare in che modo Moon Knight influenzerà il proseguo dell’MCU. Fino a oggi le serie distribuite su Disney+ erano tutte volte a portare avanti percorsi già tracciati, seppur con approcci e idee spesso innovative. Hawkeye e The Falcon and The Winter Soldier davano un proseguo all’arco narrativo di personaggi spesso oscurati da presenze ingombranti nei film. Loki e WandaVision, d’altro canto, ampliavano orizzonti esistenti preparando strade future.
A differenza di quanto visto in precedenza Moon Knight cerca di creare uno spazio tutto nuovo. L’introduzione del soprannaturale (se confermata dagli ultimi episodi), in un universo fin qua diviso tra il piano terrestre, quello spaziale e quello mistico, potrebbe portare a soluzioni e idee del tutto nuove. Un’ulteriore cornice più dark nella quale inserire opere già in lavorazione come Blade, Werewolf by Night o – perché no – un eroe urban e dark come il rientrato Daredevil. Moon Knight è l’ennesima testimonianza, se mai ce ne fosse bisogno, che l’era dei cinecomics non si appresta alla conclusione.
Al massimo è appena iniziata.
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Conclusioni
Un universo per definizione per espandersi crea nuovo spazio. La Marvel con Moon Knight conferma il medesimo principio nell'approccio all'MCU, andando alla ricerca in territori inesplorati e con uno sguardo fisso verso il futuro. La serie, pur compiendo alcuni lievi passi falsi ma con una grande prova attoriale di Oscar Isaac, porta nuova linfa al mondo dei cinecomics. A testimonianza di un'era ben lontana dalla sua fine.
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Voto Screenworld