Con la nostra recensione dell’ultimo episodio di Moon Knight cercheremo non solo di analizzare il sesto e conclusivo tassello della serie disponibile su Disney+, ma anche l’insieme del prodotto creato da Jeremy Slater.
Avevamo parecchio apprezzato nella recensione dei primi quattro episodi la capacità dei Marvel Studios di continuare a espandere il loro universo narrativo con costanza, ampliandone sempre di più i confini e dando la sensazione di assistere a nuovi inizi. Moon Knight si è dimostrata, a conti fatti, una serie parecchio slegata dal resto della produzione Marvel, una scelta che pone il racconto di Marc Spector in una via di mezzo.
Non troppo luminoso, né troppo oscuro, quest’episodio conclusivo rappresenta perfettamente la mezzaluna simbolo del personaggio, un eroe che sembra avere ancora molto da dire e che, di contro, sembra incapace di esprimersi in maniera chiara e precisa. Con il solito rush finale che i prodotti seriali Marvel non riescono a evitare negli ultimi episodi (anche in questo caso si ha la sensazione di uno sbilanciamento di ritmo che rende quest’ultimi 40 minuti sin troppo densi), Dei e mostri mette in scena luci e ombre di un progetto che speriamo non si concluda qui.
Moon Knight
Genere: Azione
Durata: 6 episodi / 50 minuti ca.
Uscita: 30 marzo 2022 (Disney+)
Cast: Oscar Isaac, Ethan Hawke, May Calamawy
Resa dei conti tra dei e uomini
Dopo un quinto episodio dedicato all’interiorità del protagonista, sdoppiato in due diverse personalità a causa di un trauma infantile, Moon Knight deve necessariamente concludere la trama principale, mettendo in scena la resa dei conti tra Arthur Harrow, seguace della dea Ammit e intenzionato a liberarla per rendere il mondo un posto libero da cuori impuri, e Marc Spector e sua moglie Layla, protetti non solo dal dio Khonshu, ma anche della dea Taweret. Si svolgerà, in un affascinante contesto di forte impatto visivo, uno scontro che vedrà uomini da una parte e dèi dall’altra.
L’episodio mostra i muscoli dal punto di vista della potenza visiva (alcune inquadrature sono una vera e propria gioia per gli occhi), anche se non sempre gli effetti digitali risultano all’altezza del loro compito. Nelle occasioni peggiori, permane la sensazione di un prodotto un po’ sotto gli standard della qualità delle opere targate Marvel Studios, nonostante sia ormai consolidata una visione che predilige il lato “fumettoso” all’iperrealismo. Dove, invece, la serie continua a zoppicare un po’ troppo è nel montaggio. Spesso si ha la sensazione di vedere inquadrature semplicemente messe in successione, senza una continuità di azione vera e propria. Il risultato è una fluidità del racconto un po’ zoppicante, che rischia di allontanare la partecipazione dello spettatore. La maniera migliore di godersi quest’ultimo giro di giostra è quello di godersi semplicemente e superficialmente ciò che avviene sullo schermo, senza richiedere dalla storia niente di più di quel che vuole offrire.
Oscar Isaac fa la storia
Anche dal punto di vista della scrittura, questo sesto episodio, impegnato a portare a termine un racconto che, soprattutto nella parte centrale, si era fatto parecchio complesso e confuso, non brilla particolarmente per originalità, dando un sapore amaro di “già visto”. Troppe le similitudini, in questi ultimi due episodi, con la conclusione di WandaVision, sia nel percorso psicologico ed emotivo dei personaggi, sia per la già citata necessità di tirare le fila del racconto in poco tempo. Va detto, però, che nonostante qualche semplificazione e scorciatoia di troppo, la serie riesce a raggiungere il proprio obiettivo.
Quello che sembra essere fallito è la costruzione di un vero e proprio racconto d’avventura avvincente, dal punto di vista del puro intrattenimento. Si arriva ai titoli di coda senza quell’appagamento di aver concluso un giro di giostra epico, mantenendo più di qualche riserva sulla voglia di rivedere quel mondo e quel personaggio, che finora è apparso come una semplice aggiunta al cast già variegato del Marvel Cinematic Universe.
Brilla, invece, l’interpretazione di Oscar Isaac, un vero e proprio mattatore. Forse a tratti sin troppo libero e senza una vera e propria direzione registica, Isaac si porta l’intero show sulle proprie spalle, donando al protagonista una profondità rara. L’accoppiata con Ethan Hawke risulta vincente e i due sono riusciti a dare vita a due personaggi in conflitto parecchio memorabili, al netto di qualche scelta di sceneggiatura infelice.
La vera luce, però, si presenta nel momento della risoluzione del conflitto interiore di Marc, più importante e interessante dell’ennesima scazzottata.
Una bilancia in equilibrio
Pesa di più un cuore o una piuma? Qual è il verdetto che merita questa serie che ha tentato di unire sin troppi elementi al suo interno? Nonostante le premesse iniziali avessero lasciato ben sperare, Moon Knight si è dimostrata una serie dal fiato un po’ troppo corto e denota, ancora una volta, la difficoltà da parte dei Marvel Studios di saper gestire nel migliore dei modi, al contrario di quanto accade nei lungometraggi cinematografici, una struttura seriale di sei ore. I momenti più riusciti vengono in qualche modo sempre equilibrati da sequenze che non si incastrano al meglio, molte idee visive vincenti si scontrano con un eccessivo gusto digitale a rischio kitsch, e gli snodi narrativi più emotivi si sposano quasi per obbligo con cambi di registro che scivolano in stonature.
Il risultato è come la bilancia dei nostri Marc e Steven sulla nave del quinto episodio. Due piatti che salgono e scendono, in attesa di una risoluzione che potrebbe avvenire in futuro e che potrebbe risolvere persino la stuzzicante ambiguità finale. La scena post-credits, immancabile come da tradizione, è sintomatica di questa via di mezzo in cui Moon Knight si è posta: appartenente al Marvel Cinematic Universe eppure indipendente, un’origin story che unisce tradizione e novità, un’avventura da vecchio film che cerca di trattare gli dèi come uomini, ma che non può fare a meno che spogliarli di un senso del mito.
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Conclusioni
In questa recensione dell'ultimo episodio di Moon Knight premiamo il talento di Oscar Isaac, vero e proprio mattatore, che sa dare vita a un personaggio tridimensionale. Il conflitto personale del protagonista appare più interessante di quello fisico che coinvolge uomini, superpoteri e dèi, alternando luci e ombre, anche dal punto di vista tecnico. Una serie che sa intrattenere, ma necessita di un maggior equilibrio.
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Voto ScreenWorld