Nel 2021 Andrew Garfield interpreta il ruolo della figura realmente esistita di Jim Bakker, marito della star religiosa Tammy Faye, conosciuta per il suo fervido cattolicesimo, per la sua voce squillante e per essere stata complice in una frode da milioni e milioni di dollari perpetrata in primo luogo proprio dal coniuge. Una donna interpretata nella pellicola Gli occhi di Tammy Faye dall’attrice Jessica Chastain e che le ha valso la prima statuetta come Migliore attrice protagonista stretta durante la serata degli Oscar. Un ruolo dal forte credo rivolto però, principalmente, ad un ritorno personale, quello che ha visto Jim Bakker accusato e condannato dalla sua stessa Chiesa, finendo persino in carcere.
Come vedremo in questa nostra recensione di In nome del cielo, serie Hulu che in Italia arriva sulla piattaforma di Disney+, Andrew Garfield è chiamato a interpretare nuovamente un uomo di fede, stavolta però legato a ideologie e credenze derivanti dalla comunità dei mormoni, quella in cui va consumandosi un brutale omicidio di cui l’interprete vestirà il ruolo di agente capo.
In nome del cielo
Genere: Drammatico, thriller
Durata: 60 minuti ca./7 episodi
Uscita: 31 agosto 2022 (Disney+)
Cast: Andrew Garfield, Daisy Edgar-Jones, Sam Worthington
La trama di In nome del cielo
Un protagonista il cui cuore non può che vacillare di fronte ad una violenza perpetrata in maniera sanguinosa e brutale, di cui a caderne vittime sono una giovane madre e la sua piccola bambina di soli quindici mesi. Un assassinio di cui l’uomo cercherà di ripercorrere le tracce dovendo mettersi faccia a faccia di fronte all’aspetto controverso e infimo della religione.
Quella che non rimane come luce da seguire e dimora in cui rifugiarsi. Bensì fanatismo e regole da dover seguire e in cui risulta impossibile fuoriuscire dai canoni prestabiliti. Quelli in cui non rientrava il personaggio interpretato nella serie da Daisy Edgar-Jones, e che la storia ripercorrerà mostrandone le contraddizioni e la crudeltà, arrivata fino al turpe omicidio.
Andrew Garfield, attore di fede
Seppur a distanza di un anno proprio da Gli occhi di Tammy Faye, in realtà quello di Andrew Garfield sembra un percorso unito a doppio filo nella riflessione attorno alla fede e che lo ha visto nel 2016 ricoprire ben due ruoli in cui il misticismo definiva completamente il carattere e la missione dei suoi personaggi.
Alla placidità distruttiva dell’introspettivo Silence di Martin Scorsese, Garfield contrapponeva quell’anno il fervore cristiano e d’azione dell’Hacksaw Ridge di Mel Gibson. Il Padre Sebastião Rodrigues era speculare e contrario, vicino eppure differente per cammino e interpretazione rispetto all’appassionato e vivamente umano Desmond T. Doss, soldato realmente esistito. Una doppia performance in cui l’attore ha dimostrato le azioni che spingono gli uomini di religione a compiere le loro decisioni, fondamentali per la salvezza della propria anima e quella degli altri.
Religione tra storie vere, cinema e serie tv
Un ritorno che sembra riverberare pur in altre vesti proprio con il film di Michael Showalter e il prodotto seriale di Dustin Lance Black basato sul libro Under the Banner of Heaven: A Story of Violent Faith di Jon Krakauer. Distanti anche questi, nonostante l’essere entrambi ispirati a storie reali – come la pellicola Hacksaw Ridge -: ne Gli occhi di Tammy Faye è la natura da biopic a dominare per stile di scrittura e messinscena del film, mentre è nei territori del thriller che In nome del cielo si Quando gli uomini (non) sentono Dio
La serie utilizza una fotografia scura e ombreggiata, tenebrosa così come il racconto che le puntate vanno a sviscerare, non cercando minimamente di illuminare una storia che di accecante ha solamente la follia degli esseri umani. Quelli che si proclamano santi e profeti, che inseguono guide e prescelti affidandosi più alle visioni che al buon senso comune.
Coloro che sarebbero pronti (e lo sono stati) a fare del male pur di beatificare e assecondare un Dio che, in verità, al massimo dovrebbe ricercare solamente la pace, portando invece il tempo del giudizio e dell’inferno direttamente sulla terra.
In nome della giustizia
Per l’assassinio feroce delle innocenti Brenda e Erica, In nome del cielo introduce gli spettatori nel circolo chiuso di una famiglia seguace della Chiesa Fondamentalista di Gesù Cristo e mostra tutti i peccati che le persone sono capaci di poter pensare e compiere. Nella suggestione di una narrazione indigesta, la serie contribuisce ad aumentare la sofferenza e l’irrequietezza del pubblico alternando un montaggio che punta ad avvicinare le sensazioni vissute dal protagonista di Andrew Garfield con quelle che vuole trasmettere agli spettatori.
Un rievocare che serve alla comprensione delirante e offuscata di una vicenda che porterà l’uomo a un’interrogazione profonda, la stessa a cui è invitato chi dall’esterno sta guardando. Un viaggio nella fede, che deve essere forte anche lì dove sembra impossibile ritrovare un briciolo di salvezza. Un’investigazione sul caso e dell’umano che fa della visione di In nome del cielo una strada stratificata e complicata. Il filtrare tutto attraverso l’occhio di chi nel Signore vuole e deve crederci.
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La recensione in breve
In nome del cielo è una serie che, dalla narrazione alla messinscena, dall'interpretazione degli attori al suo montaggio, sfida lo spettatore ad addentrarsi nell'indagine di un omicidio crudo e brutale. Una storia con protagonista un agente che dovrà affrontare il proprio rapporto con la fede, tra umanità alla deriva e bisogno di credere.
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Voto Screenworld