In questa nostra recensione di Archive 81 – Universi alternativi, nuova serie Netflix, approdata sulla piattaforma il 14 Gennaio e sviluppata da Rebecca Sonnenshine, sulla base di un podcast di Daniel Powell e Marc Sollinger, vedremo come questo interessante prodotto seriale categorizzato come horror, rientri in realtà in un genere diverso. Stiamo parlando del weird, nel quale i confini tra il terrore, il mistero e la meraviglia sono labili, e in cui il perturbante, inteso come modalità narrativa, la fa da padrone.
Archive 81 – Universi Alternativi (2021)
Genere: Horror/Weird
Durata: 50 minuti ca./8 episodi
Uscita: 14 gennaio 2022 (Netflix)
Cast: Mamoudou Athie, Dina Shihabi, Evan Jonigkeit
La trama
Daniel Turner (Mamoudou Athie), esperto in restauro di vecchie pellicole e videotape magnetici, si vede affidare un lavoro strano: il ripristino di un certo numero di videocassette Hi8 (formato in voga negli anni ’90) scampate all’incendio di un condominio nel centro di New York, il Visser Building, nel quale hanno perso la vita tante persone tra cui, sembra, anche Melody Pandras (Dina Shishabi). Quest’ultima è la filmmaker autrice dei nastri, che stava realizzando un documentario di taglio sociologico sugli inquilini di quel palazzo, per la sua tesi di dottorato. La cosa inquietante è che Dan dovrà lavorare su quei nastri in totale isolamento, in una villa sulle montagne Catskill, così come richiesto dal suo enigmatico cliente, Virgil Davenport, proprietario di una grossa multi-nazionale.
L’esame dei nastri rivelerà realtà molto inquietanti celate nell’apparentemente anonimo palazzo, legate soprattutto alla presenza di una setta dedita a pratiche occulte (nessuno spoiler, questo è chiaro già dal trailer). Mentre Melody, brava ragazza di buon cuore, nel meta-racconto che noi guardiamo insieme al protagonista, si lascia trascinare in una fitta e pericolosa rete, anche lo stesso Dan si farà prendere dalla sua vicenda, fino a rimanerne invischiato in modi paradossali e spaventosi.
Da Polanski a Lovecraft passando per Cronenberg
Anche solo leggendo la trama è impossibile non pensare subito alle pellicole più famose di Roman Polanski, quelle in cui maggiormente la paranoia urbana e l’alienazione della società occidentale si fondono a paure ataviche, legate ad archetipi che puntualmente vengono riattivati nell’inconscio collettivo e che in questo caso hanno a che fare con il Male che si insinua nel mondo moderno. Rosemary’s Baby (1968) e L’inquilino del terzo piano (1976) sono dunque i riferimenti più espliciti di questa serie che crea sapientemente un clima da incubo e persecuzione, senza spingere tanto sul pedale dell’horror esplicito, ma bensì sulla costruzione di un’atmosfera sempre più minacciosa, tramite l’uso di dettagli via via più inquietanti. Sull’uso dei dettagli comunque ci ritorneremo.
Va detto però che lo spessore sociologico e antropologico che si respirava nelle pellicole di Polanski viene qui diluito, a favore di una trama molto complessa, in cui non mancano colpi di scena che avvinceranno certamente lo spettatore, ma che lo depisteranno anche, nel percorso che porta i personaggi sempre più vicini alle terribili verità celate nel Visser Building. Va riconosciuto anche che il Dakota Building, scenario di Rosemary’s Baby, aveva ben altro carisma, parola usata non a caso, visto che in queste storie le magioni e i palazzi diventano veri e propri personaggi. Tra l’altro il condominio utilizzato da Polanski, inquadrato spesso esternamente da prospettive minacciose, divenne tristemente famoso perché fu anche teatro dell’assassinio di John Lennon e comunque godeva già di una certa aura negativa. Il Visser Building di Archive 81 viene invece inquadrato poco all’esterno e molto all’interno, negli squallidi corridoi e negli appartamenti anonimi che ne compongono l’atmosfera angosciante. È divertente notare inoltre che uno dei personaggi, un’amica di Melody che si impossessa per un po’ della telecamera, citi John Cassavetes, padre del cinema indipendente americano, realizzato con pochi mezzi e macchina a mano, ma anche interprete proprio di Rosemary’s Baby.
L’esame dei videotape diventa sempre più gravoso per la psiche di Dan e l’interazione con essi e con la storia ivi contenuta è sempre più intima e coinvolgente, fino a creare strani cortocircuiti e arrivando a influenzare la realtà attorno a Dan, o forse soltanto la sua mente. Questo non può non far pensare al capolavoro cronenberghiano Videodrome (1983), in cui uno spaesato James Wood si faceva promotore della ‘nuova carne’, sulla base di un segnale subliminale inserito negli snuff movie di una diabolica emittente televisiva. Anche la vicenda di Archive 81, da un certo punto in poi, ruota attorno ad uno snuff movie, girato quasi un secolo fa: ecco che la poetica cronenberghiana si riaffaccia in questo prodotto seriale dalla architettura narrativa complessa, ricca di spunti e riferimenti.
Non mancano esplicite suggestioni da Lovecraft, padre dell’orrore cosmico, nonché maestro del Weird. L’abominevole culto praticato dalla setta in questione, che venera una certa statuetta e che gioca con l’inconscio provocando uno stato onirico nei suoi partecipanti (tramite le vibrazioni di un diapason e una nenia infernale) non sarebbe stato affatto fuori luogo in qualche racconto del solitario di Providence, creatore di dimensioni altre, in cui le leggi della fisica seguono regole diverse da quelle conosciute, e sono abitate da colossali entità indifferenti al destino degli esseri umani. È lo stesso titolo italiano della serie a suggerire l’esistenza di universi alternativi, infra-mondi, oppure oltre-mondi che vogliono unirsi, riunirsi o semplicemente tracimare nel nostro mondo. È interessante come, in questo tema, Archive 81 faccia il paio con un’altra serie, prodotta in questo caso da HBO nel 2020, in cui si faceva esplicito riferimento all’autore dei miti di Chtulhu fin dal titolo e cioè Lovecraft Country. Anche lì c’era una setta segreta dedita a pratiche innominabili, con in più il tema razziale come sottotesto preponderante.
Non ultimi per importanza rileviamo alcuni riferimenti alla storia dell’occultismo: in particolare c’è un personaggio chiamato Aleister Spare. Questo è in realtà la crasi tra i nomi di due occultisti del ventesimo secolo: Aleister Crowley, famoso magista ed esoterista, rinomato negli ambienti pop (presente anche sulla copertina di Sgt. Peppers dei Beatles) e il meno conosciuto Austin Osman Spare. Entrambi asserivano di essere in contatto con entità extra-dimensionali e il secondo le rappresentava anche tramite dei dipinti affatto rassicuranti. Tra le tematiche presenti nella serie c’è infatti anche quella della pittura legata a percezioni extrasensoriali, praticata dai cosiddetti Tramiti dello spirito, corrente artistica fittizia ma riferibile comunque a pratiche fiorite soprattutto nei primi decenni del Novecento e che in Osman Spare trovarono un prosecutore.
Il found footage
Come sappiamo il ricorso al found footage (materiale video ritrovato per caso e girato con telecamere amatoriali e mano malferma), è un espediente fin troppo abusato nel genere horror, da The Blair Witch Project (1999) in poi, ma la Sonnenshine lo utilizza in maniera intelligente: quando Dan guarda i filmati in Hi8, se per qualche attimo la visione di noi spettatori corrisponde a quella della telecamerina Sony di Melody, subito dopo si passa ad un punto di vista oggettivo in cui l’enunciazione del racconto non è più quella soggettiva della ragazza, ma bensì quella di un narratore onnisciente che ci mostra gli eventi con il linguaggio cinematografico classico, ovvero composto da più inquadrature che frammentano lo spazio e l’azione in modo discreto, si direbbe quasi invisibile. Non ci sono infatti particolari guizzi di regia in Archive 81 ma la macchina da presa segue l’azione in maniera quasi anonima, rispecchiando il clima sciatto del Visser Building, cosa evidenziata anche dalla fotografia, caratterizzata da colori desaturati, tendenti al grigio e al marrone. Vi è anche certa consapevolezza meta nel momento in cui un personaggio fa esplicito riferimento proprio a The Blair Witch Project, ma per fortuna finisce lì, scongiurando la strada della riflessione meta-cinematografica, fin troppo battuta dagli horror, da Scream in poi.
Il world-building e il weird
Sembra strano parlare di world-building in una storia che non è un fantasy, ma anche in una narrazione che si svolge nella nostra realtà è importante il livello di dettaglio con cui si costruisce la back-story che è alla base degli eventi che si scatenano in Archive 81. Il livello di dettaglio con cui è stata preparato l’assunto di base della serie è alto e ben congegnato, potendo contare non solo sulla storia della setta occulta in questione ma anche sulla realizzazione di materiali video fittizi che aprono ogni episodio e che danno un’aria da mockumentary. Tali materiali spaziano da spot pubblicitari a estratti da notiziari nonché a serie Tv inesistenti (il gustosissimo Il cerchio, ispirato in parte a The Twilight Zone) in puro stile anni ’80-’90 (e anche Cinquanta) e forniscono importanti dettagli riguardo ciò che andremo a vedere nell’episodio in questione.
Spostandoci di media, questa tecnica narrativa ricorda non poco un grande autore della nona arte, Alan Moore, il quale, da Watchmen in poi, ha sempre condito le sue narrazioni con materiali extra-fumettistici che arricchiscono le sue storie di dettagli che permettono di vedere gli eventi narrati secondo nuove prospettive. Su questo terreno Archive 81 è particolarmente riuscito, anzi non ci sarebbe dispiaciuto qualche bonus in questo senso.
I dettagli della premessa narrativa sono fondamentali anche nel racconto weird, in cui rientra la serie di Sonnenshine, caratterizzato dall’irrompere di un elemento totalmente Altro nella realtà quotidiana, qualcosa che scardini i presupposti fisici e anche filosofici del nostro piccolo mondo e che ci faccia dunque mancare il terreno sotto i piedi. Questa la sensazione perturbante preminente nei racconti weird, la stessa che ci fa provare Archive 81, nel momento in cui veniamo sempre più calati negli eventi e nei personaggi che abitano l’inquietante Visser Building.
Il gusto di raccontare per inquietare.
Come abbiamo visto, la carne al fuoco è davvero tanta in Archive 81 e non tutto funziona proprio a dovere. Un numero inferiore di episodi (magari 6 invece di 8) avrebbe giovato alla fluidità della narrazione e alcuni depistaggi e digressioni potevano essere evitati. La presenza della telecamera, costantemente in mano a Melody, rappresenta una forzatura, punto debole di molti prodotti basati sul found footage, anche se qui viene utilizzato bene. Manca uno sguardo sul mondo che conferisca uno spessore alla serie, analogo a quello dei riferimenti alti messi in gioco (Polanski e Cronenberg in primis), ma la storia costruita dalla Sonnenshine fa il suo dovere nel raccontarci una vicenda spaventosa e inquietante per il puro gusto di tenerci avvinti allo schermo. Tra l’altro schiva il pericolo della riflessione meta, fin troppo inflazionata in molti prodotti di genere attuali, prendendosi la responsabilità di sostenere un racconto complicato ma onesto nelle intenzioni di intrattenere. In ogni caso la visione di Archive 81, per la sua struttura e per le sue peculiarità tipicamente weird, spinge naturalmente lo spettatore ad una intensa sessione di binge watching, riuscendo a tenere sempre alta l’asticella della tensione e della curiosità. Il finale infine lascia presupporre ulteriori stagioni.
E voi cosa ne pensate di questo? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo la recensione insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!
Conclusioni
Una serie avvincente e inquietante che spingerà lo spettatore ad un inevitabile binge watching, con molta carne al fuoco in quanto a riferimenti e a complessità della trama. Avrebbe giovato qualche episodio e qualche digressione depistante in meno. Basato sulla costruzione di un'efficace atmosfera più che sugli spaventi facili.
-
Voto ScreenWorld