Come si supera questa nausea da supereroi? Non chiedetelo certo a Martin Scorsese. Per informazioni meglio rivolgersi a quel gruppo di ragazzacci brutti, sporchi, cattivi e soprattutto incazzati neri contro i Super. Perché il segreto del successo di The Boys è soprattutto questo: essere arrivata proprio quando il pubblico iniziava a stancarsi dei cinecomics. Nello stesso anno in cui Avengers: Endgame chiudeva un’era del genere, la serie tv arrivava su Prime Video col suo carico di malessere nei confronti dei supereroi. Figure esaltata, descritte come star viziate ed egoiste, incapaci di pensare oltre il proprio enorme ego. Una serie tv sboccata, violenta e disinibita che ha fatto breccia nel cuore del pubblico. Una serie tv di successo, capace di sfornare personaggi iconici come Patriota e Butcher.
Non sorprende quindi che The Boys abbia generato prima uno spin-off animato (The Boys: Diabolical) e ora uno in live action. Quel Gen V che il 29 settembre è arrivata su Prime Video con i suoi primi tre episodi (su otto totali). Prodotto minore? Innocuo passatempo che vivrà sempre all’ombra della serie madre? Forse no. Ecco perché non dovremmo proprio sottovalutare i superpoteri di Gen V.
Cambio di prospettiva
Premessa. Gen V è ambientata nello stesso, folle universo di The Boys, ma i personaggi principali appaiono solo di sfuggita dentro poster, spot o statue. Come se fosse un sottofondo familiare per ricordare al pubblico che i Super esistono in quel mondo anche se non si vedono. La serie spin-off segue altri destini. Al centro c’è la sciagurata vita della ventenne Marie Moreau, ragazza capace di manipolare il sangue (suo e altrui) con un trauma alle spalle. Il suo sogno di diventare una Super diventa realtà quando riesce a entrare nella prestigiosa Godolkin University, accademia dove la sempre losca Vought International coltiva i migliori supereroi di domani.
Fin dalle premesse, quindi, Gen V ribalta la prospettiva di The Boys. Se la serie madre era un continuo passaggio dal basso (i ragazzacci di strada guidati da Butcher) all’alto (le stanze del potere di Patriota e compagnia), lo spin-off si ferma a metà strada, mettendoci nei panni di una giovane venuta dal nulla che sogna di diventare qualcuno.
Un cambio di punto di vista intelligente, che mette al centro del racconto il desiderio giovanile. Pronto a essere (ovviamente) disilluso. A cosa sei disposto pur diventare qualcuno? E soprattutto cosa significa davvero essere eroi? La risposta viene cercata in un contesto competitivo e spietato come quello del college, dove tanti sono interessati solo alla notorietà e alla fama, senza preoccuparsi della propria morale. Perché, dopotutto, se l’esempio supremo di (presunto) eroismo è un tizio come Patriota, è normale che le cose vadano in questo modo. Ecco come il cambio di focus di Gen V rende lo show ancora più attuale e urgente, visto che affonda le mani nel nostro delirio egocentrico. Specchio (nemmeno troppo distorto) di un’epoca in cui pensare di squadra è pura utopia. Perché l’Io schiaccia il Noi come un moscerino. Questo Gen V lo sa benissimo, e ce lo sbatte in faccia senza pietà.
Un mondo violento
E arriviamo all’altro grande pregio dello show: l’uso intelligente e sensato della violenza. The Boys ci ha educato come si deve: quello immaginato da Garth Ennis non è un mondo per stomaci deboli e persone facilmente impressionabili. Tra ossa rotte, braccia squarciate e budella spiattellate sui muri, Butcher e compagnia ci hanno dimostrato che devi sporcarti le mani per farti valere. Il mondo è spietato, e per viverlo appieno devi diventarlo anche tu. La morale sembra questa. Spesso accusata di “esagerazioni gratuite”, la serie madre non ha mai abbassato i toni, facendo della violenza un’inevitabile cifra stilistica. Un’esigenza che torna di prepotenza anche in Gen V dove la violenza diventa quasi l’unico modo possibile per esprimersi. In un contesto competitivo, cinico e anaffettivo come quello della Godolkin University, per emergere devi urlare, picchiare, alzare i toni.
Una condanna che trasforma le brave persone in deboli e rende i timidi carne da macello. Altra convincente metafora dei nostri tempi in cui per esistere bisogna per forza esasperare ed esasperarsi. E allora sotto con la violenza, con la competizione disperata, con l’aggrapparsi a ogni occasione con le unghie e con i denti. Gen V è la voce di una generazione in cui nemmeno il sesso è associato al piacere. Perché basato soprattutto sul dominio altrui e sulla manipolazione. Non si riesce nemmeno a fare l’amore insieme, perché l’Ego è troppo forte. Il vero superpotere da abbracciare (o abbattere).
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