Come un roboante ruggito nel silenzio. Così Godzilla Minus One è arrivato su Netflix. Senza preavviso, senza promozione. Niente di niente. Dal nulla, eccolo stare stretto in streaming. Grande cinema costretto nel recinto del piccolo schermo. Un bel regalo, visto che a dicembre Minus One è stato un grande evento lungo solo sei giorni in pochi cinema italiani. Da allora se ne è solo parlato bene e il clamoroso Oscar agli effetti visivi non ha fatto altro che confermare la bellezza di un film che ci regala un Godzilla molto diverso da quello più caciarone che divide lo schermo con King Kong nel MonsterVerse Warner. Perché Minus One è film intimo e profondo, che non rinuncia allo spettacolo. Un film giapponese che racconta il Giappone attraverso una creatura iconica. Un film importante per almeno tre motivi.
1. Il mostro per spiegare l’uomo
Un mostro grande quanto un trauma. Godzilla è sempre stato questo. L’incarnazione mostruosa della bomba atomica che torna inesorabile a infestare il Giappone, seminando altra morte, altra distruzioni e nuovi orrori. Minus One, invece, fa qualcosa di diverso. Minus One usa il mostro per capire l’uomo. Il regista Takashi Yamazaki trasforma Godzilla nel simbolo di tutto quello che la guerra lascia nel cuore di chi sopravvive, come un fantasma pronto a infestare la coscienza di chi resta in vita. Così il mostro diventa quasi lo specchio distorto in cui l’uomo guarda in faccia le conseguenze della guerra. E, colpo di scena, non si tratta solo di traumi. Perché il primo sentimento che affligge il soldato protagonista è il senso di colpa. L’aver fallito per troppo attaccamento alla vita, l’aver deluso il suo popolo e causato la morte dei suoi compagni. Col tempo, però, la presenza di Godzilla diventa quasi un collante per il Giappone ferito dalla Seconda Guerra Mondiale. E il senso di colpa diventa altro. Diventa senso del dovere e senso di appartenenza. Così la storia di uno diventa la storia di tutti. Con la dannazione del soldato che si trasforma l’orgoglio di un popolo. Tutto attraverso la metafora del mostro. La bellezza di Godzilla Minus One è tutta qui. Aver creato una specie di Dunkirk nipponico. Ovvero un film che racconta l’identità giapponese, ma allo stesso tempo parla di umanità, diventando fruibile e apprezzabile da chiunque.
2. Prevedere gli effetti visivi
L’Oscar agli effetti visivi vinto da Minus One ha fatto la storia. Perché? Perché sono stati curati da un team composto da 35 persone con un budget di 15 milioni di dollari. Noccioline in confronto alle grandi produzioni hollywoodiane, che da Minus One hanno appena avuto una grande lezione di umiltà. Impossibile non rimanere a bocca aperta davanti alla resa di questa CGI che si integra alla perfezione con le riprese live action, creando un impasto perfetto. Se il film ci sembra realistico, anche quando ci troviamo davanti a un kaiju dal fiato atomico, è proprio grazie alla cura estetica degli effetti visivi, che tra animazioni credibili (i movimenti goffi e lenti di Godzilla sono sempre verosimili), illuminazione e sporcizia dell’immagine rende tutto credibile. Merito dell’esperienza del regista Yamazaki nel campo degli effetti visivi e del suo lavoro sul set dove ogni ripresa prevedeva già in partenza il futuro inserimento di elementi in computer grafica. Dopo ogni ciak Yamazaki tornava al monitor per controllare che il girato fosse già ottimizzato per l’inserimenti degli effetti visivi. Un esempio? La fisica degli oggetti smossi da Godzilla era già inserita in live action, rendendo più facile il lavoro della CGI. Insomma, laddove spesso Hollywood sperpera soldi con tanto lavoro di post-produzione, Minus One ha previsto tutto e lavorato in modo economico senza che sullo schermo si vedesse mai il risparmio. Anzi.
3. Less is more
Fin dal titolo Minus One lavora di sottrazione. Il “meno uno” del titolo rappresenta il Giappone che dopo la Seconda Guerra Mondiale è talmente disperato da essere “sotto zero” in quanto a risorse, ma è diventato anche il simbolo di un film che ha gestito alla perfezione la presenza di Godzilla nel film. Fatta eccezione per il buon film del 2014 firmato Gareth Edwards, il MonsterVerse americano ha sempre usato Godzilla come macchina fracassona e distributore automatico di spettacolo. Minus One, invece, mette il “meno” davanti al lucertolone e non lo espone troppo, non ne abusa mai, non lo spreca. Godzilla viene centellinato, apparendo per mezz’ora in oltre 2 ore di film, e questo non fa altro che creare tensione, ci fa attendere con ansia la sua entrata in scena che non è mai buttata lì a caso, ma coincide sempre con scene madri fondamentali per l’incedere della storia. Insomma, Minus One non è un film su Godzilla, ma un film con Godzilla, dove il mostro e l’umano si mescolano nello stesso dramma bellico che vi farà venire un grande senso di colpa: averlo visto sul piccolo schermo.
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