L’ultima serie di successo di Netflix, Adolescence, ha scatenato un acceso dibattito tra il pubblico. La miniserie in quattro episodi racconta l’arresto del tredicenne Jamie Miller per l’omicidio di una sua compagna di classe. Con una narrazione intensa e scene girate in un unico piano sequenza, lo show immerge lo spettatore nell’incubo di una famiglia qualunque. Ma la domanda che molti si pongono è: Adolescence è basata su una storia vera? La risposta non è semplice, ma il creatore Stephen Graham ha chiarito che la serie trae ispirazione da fatti di cronaca realmente accaduti e da un problema sociale sempre più diffuso, ma non da un singolo evento.
L’idea alla base della serie nasce dalla crescente preoccupazione per la violenza giovanile, in particolare dagli episodi di accoltellamenti avvenuti nel Regno Unito. Graham ha raccontato a Elle che la scintilla iniziale è stata una notizia di un ragazzo che ha accoltellato a morte una coetanea. Quello che lo ha sconvolto è stato il ripetersi di questi episodi: “Cosa sta succedendo? Perché un ragazzo arriva a compiere un gesto così estremo? Quali pressioni sta subendo?”. Il caso di Elianne Andam, una quindicenne uccisa nel settembre 2024 da Hassan Sentamu, è solo uno dei tanti esempi che hanno alimentato il dibattito su questo tema.

La serie, però, non si limita a raccontare un crimine: vuole far riflettere sulle cause profonde che portano i giovani a compiere atti di violenza. Il protagonista Jamie non è il risultato di una famiglia disfunzionale, come spesso si tende a credere. Graham ha infatti voluto creare una famiglia normale, con genitori amorevoli e presenti, proprio per sfidare il pregiudizio secondo cui la colpa sia sempre dell’educazione ricevuta, come evidenziato nel finale. Adolescence si concentra piuttosto sull’influenza dell’ambiente esterno: la scuola, il gruppo di pari, e soprattutto internet.
Un elemento centrale della serie è il ruolo delle subculture tossiche online. Nel secondo episodio emerge che Jamie è stato accusato dalla vittima di essere un incel, termine che indica uomini che si considerano involontariamente celibi e che spesso sviluppano sentimenti misogini. Nel terzo episodio, un’analisi psicologica del ragazzo rivela il suo coinvolgimento in gruppi di verità e in ideologie che promuovono una visione distorta dei rapporti tra i sessi. Questo aspetto è ispirato a fenomeni reali: l’influenza di figure controverse come Andrew Tate e la diffusione di teorie pericolose nel cosiddetto manosfera sono questioni sempre più preoccupanti.
Graham ha raccontato un episodio personale che ha influenzato la sua scrittura: il figlio gli aveva inviato un video di fitness, che poi si è trasformato in contenuti misogini suggeriti dall’algoritmo. “Io ho potuto riconoscere subito il pericolo, ma un tredicenne senza una guida può facilmente essere trascinato in queste idee tossiche” ha spiegato. La serie mette in luce proprio questo rischio: l’esposizione a certi contenuti può modellare la mente di un adolescente e condurlo a comportamenti estremi.
Il messaggio finale di Adolescence è un monito per genitori, educatori e società: la responsabilità di proteggere i giovani non è solo delle famiglie, ma di tutti. Serve maggiore consapevolezza sui pericoli della rete, così come azioni concrete per limitare l’accesso a contenuti dannosi. Jack Thorne, co-creatore della serie, ha sottolineato la necessità di interventi governativi per regolamentare l’esposizione dei giovani a questi materiali. “I ragazzi guardano contenuti molto più pericolosi di Andrew Tate, e spesso nessuno se ne accorge fino a quando non è troppo tardi” ha dichiarato.
Adolescence non è la storia di un caso specifico, ma un racconto profondamente realistico che riflette un problema attuale. La speranza dei suoi creatori è che possa servire a generare discussioni e consapevolezza, per evitare che simili tragedie si ripetano nella realtà.