Maccio Capatonda presenta MACCIOVERSE, una serie originale in pillole composta da 5 episodi che mostra di essere un interessante esperimento tra la comicità più naturale di Maccio Capatonda, quella del web e affinata durante il periodo di quarantena, e l’iconico Black Mirror di Charlie Brooker.
A partire dal 26 Settembre, MACCIOVERSE arriverà con un episodio a settimana sulla piattaforma streaming di Elisium della compagnia telefonica Elimobile che, sempre dal 26 Settembre, entrerà nelle case dei suoi clienti con Elivision, la nuova app per smart tv con cui sarà possibile fruire di tutti i contenuti esclusivi della piattaforma.
La serie, inoltre, è stata mostrata al pubblico in anteprima domenica all’interno del metaverso grazie a Somnium Space. La compagnia ceca, che si occupa dello sviluppo di un proprio metaverso basato sulla tecnologia blockchain, ha infatti proiettato il primo episodio di MACCIOVERSE all’interno di un cinema virtuale. Creando il proprio avatar gli spettatori hanno potuto partecipare all’evento comodamente da casa propria, interagendo con l’avatar di Maccio Capatonda.
Into the MACCIOVERSE
Dopo TG Quarantena, Marcello Macchia (in arte Maccio Capatonda) torna a parlare di sé nuovamente senza un personaggio, senza una delle sue grottesche maschere icone. No, ciò che Maccio esplora in MACCIOVERSE è se stesso, la sua vita lavorativa e amorosa, i suoi amici, i suoi ambienti ma, soprattutto, il suo rapporto con la tecnologia.
MACCIOVERSE, infatti, esplora in cinque episodi differenti cinque situazioni nelle quali è facile riuscire a rispecchiarsi. Utilizzando l’escamotage narrativo di Black Mirror, dove il britannico Charlie Brooker usa il rapporto tra tecnologia e società per poter narrare di un futuro prossimo non così lontano, Maccio Capatonda esplora gli elementi di croce e delizia che fanno parte del nostro vissuto proprio in relazione alla tecnologia. Ovviamente sempre con una chiave di lettura ironica e sopra le righe, ma con uno sguardo un po’ meno positivo e sicuramente alquanto grottesco, rivolto al futuro.
“Da un po’ di tempo sentivo questa esigenza di raccontare il mio rapporto con la tecnologia; in modo particolare, ciò che mi interessava davvero approfondire è l’ambivalenza di questo rapporto. Se da un lato la tecnologia migliora sicuramente la nostra esistenza, dall’altro lato la complica.”
Questo l’incipit alla base di MACCIOVERSE, raccontato e mostrato dallo stesso Marcello Macchia in occasione della presentazione della serie durante l’anteprima stampa.
Quello che effettivamente troviamo nella serie, attraverso la figura di Maccio che finisce col diventare la persona media, è il classico lavoratore 2.0, che si ritrova incastrato e costretto in quegli strumenti tecnologici che sanno essere tanto utili quanto distruttivi.
In ogni episodio, Maccio analizza cinque situazioni estreme ma, al tempo stesso, molto familiari alla nostra quotidianità. Nel primo, per esempio, quelle giornate perennemente scandite dalle call, schiene ricurve e occhi stanchi. Vivere attraverso il filtro di uno schermo. Socializzare, lavorare, mantenere dei rapporti umani solo attraverso il filtro di uno schermo, perdendo completamente contatto con la realtà più tangibile, quella fatta di carne e ossa. Un loop talmente continuo da avere difficoltà a scindere il reale dal virtuale.
O ancora, in una doppia citazione (ma di quelle ne troverete tante) ad Her di Spike Jonze, al rapporto di simbiosi con alcuni elementi tecnologici o “aiutanti intelligenti” da sembrare di averci delle vere e proprie relazioni sentimentali. Ma il discorso non finisce qui.
Attraverso questo scenario comico e grottesco (ma mai sguaiato e sempre realistico e attuale), MACCIOVERSE introduce anche alcune tematiche più oscure legate al vissuto umano. Per esempio, la tecnologia usata come anestetizzante nei confronti del dolore.
“Spesso sento l’esigenza di vivere in un mondo digitale perché lo ritengo un posto più confortevole. La tecnologia ti scherma dal dolore e, al tempo stesso, rappresenta una fuga dalla realtà.”
Un escape talmente tanto reale da rendere difficile la scissione anche dei sentimenti reali da quelli virtuali. O meglio, l’incapacità di emozionarsi, commuoversi, soffrire al di là di uno schermo, richiedendo quasi la necessità dell’ennesima app per poter soffrire.
E, ancora, tra le tematiche trattate c’è l’annosa questione del revenge porn. Dei pericoli dell’internet. Dei ricatti, delle violenze psicologiche, della mancanza di tutela e di paura.
La realtà fa più paura della finzione
Maccio Capatonda, assieme a tutta la sua squadra di Micidial, realizza con MACCIOVERSE un prodotto davvero interessante che, sfruttando la commistione di genere e il citazionismo, parla di tutti noi. Non usa toni tragici, ma usa quelli della commedia anche per esasperare alcune situazioni che ci ritroviamo a vivere costantemente sulla nostra pelle. Analizza come il rapporto con la tecnologia è capace di influenzare i nostri gusti, le nostre abitudini, i nostri rapporti, perfino i nostri sentimenti, spesso finendo per perderci letteralmente in un bicchiere d’acqua o, peggio, finendo col preferire il contatto virtuale a quello umano.
Sottolinea quasi quanto l’essere umano sia manipolabile, partendo proprio da sé stesso, dalle sue esperienze, dal suo modo di porsi ogni giorno. Come dicevamo prima, non c’è una maschera. E questo vale tanto per sé quanto per chi l’accompagna, a partire dalla sua stessa compagna Myriam Lugarà (Myriam), oppure gli amici Valerio Desirò (Valerio), Pippo Lo Russo (Pippo) e Luca Confortini (Luca), tutti interpreti di se stessi.
Brillante, geniale e per certi versi anche terribilmente inquietante. Capatonda dimostra quanto ancora ci sia da raccontare su questo mondo, un mondo che vorremmo non immaginare peggio di così, ma che in fondo può sempre sorprenderci ancora (tanto in bene quanto in male).
Un vero peccato che duri così poco!