Non ci sono dubbi: questa è l’epoca d’oro delle serie tv. Gli anni passano e il fenomeno caratteristico del nuovo millennio digitale è ormai diventato una certezza: non manca mai una nuova piattaforma da scoprire, un nuovo show pronto a esplodere con l’ambizione di lasciare il segno come accade sul grande schermo. Il pubblico e le aspettative aumentano di pari passo con la qualità delle produzioni, ma nell’era dei contenuti senza fine il rischio di perdersi si fa sempre più grande. Ci sono delle ragioni precise per cui questa tendenza sia diventata un problema sistemico in alcuni mercati, e il nostro paese non fa eccezione: se le piattaforme puntano quasi completamente su un marketing sfrenato per le produzioni più generaliste o tendenzialmente virali, è perché conviene a tutti – anche se uno show di nicchia riuscisse a emergere, si può sempre recuperare l’hype perduto in un secondo momento.
Il pubblico italiano, tra l’altro, è particolarmente restio a cambiare abitudini – almeno nel breve termine. Lo spettatore medio segue le classifiche, le tendenze, e raramente spulcia i meandri del catalogo con cognizione di causa – basti pensare alla poca attenzione ricevuta da piattaforme estremamente valide come Apple Tv+ o Paramount+ rispetto alla concorrenza, nonostante siano disponibili da anni sul mercato. Peggio ancora, questo accade anche internamente ai cataloghi di piattaforme ben più blasonate come Netflix o Prime Video: salvo colpi di fortuna, prodotti intriganti o di assoluto valore non ottengono quasi nessun tipo di pubblicità e trovano riscontri soltanto in una stretta cerchia di appassionati. Per questo si rivela utile, per non dire necessario, concedere un po’ di fama anche a quelle produzioni importanti che in Italia si sono fermate alla nicchia – o, peggio ancora, a quelle serie acclamate in patria che sono rimaste nell’ombra.
Love (Netflix)
Di commedie sull’amore ne abbiamo viste a bizzeffe, ma una delle prime produzioni originali di Netflix è riuscita a raccontare una storia completamente libera dagli stereotipi. La serie creata dal genio della commedia americana Judd Apatow, andata in onda dal 2016 al 2018, è una delle produzioni più autentiche e originali di quegli anni. Caratterizzata da una scrittura davvero coinvolgente nella sua semplicità, ma soprattutto sincera nel rappresentare personaggi impacciati e imperfetti, Love riesce a strappare più di qualche risata e a far riflettere su diversi temi – dal senso dei legami al rapporto con se stessi. Nonostante i pochi elogi, questo show convince ed emoziona dall’inizio alla fine.
Master of None (Netflix)
Rimanendo sulla stessa piattaforma, c’è un’altra comedy da non lasciarsi scappare: Master of None è il one man show di Aziz Ansari, una commedia brillante e intelligente che racconta la vita di un attore nella caotica New York di oggi. Mai giudicare dalle apparenze: a dispetto del suo carattere estremamente ironico, la cura del comico nella scrittura degli episodi sorprende grazie a dei dialoghi taglienti che affrontano temi importanti con grande coraggio. Anche se non ha ricevuto la stessa attenzione di altre produzioni, la freschezza e la varietà della serie valgono da sole la visione.
Girls (HBO – in Italia disponibile su Sky e NOW)
New York è ancora protagonista in un piccolo cult moderno che ha fatto parlare tantissimo di sé in America: Girls è una delle prime dramedy HBO raccontate interamente dalla prospettiva femminile, plasmata dalla mente di Lena Dunham e andata in onda dal 2012 al 2017. Al di là dello sguardo particolarissimo della sua autrice, la serie ha scatenato parecchie discussioni per la sua rappresentazione cruda e senza filtri della vita di giovani donne alla scoperta di se stesse. Sorretto da premesse importanti, un intreccio avvincente e un cast di primissimo livello (in cui spiccano Adam Driver, Allison Williams e l’Ebon Moss-Bachrach di The Bear), questo show ha tutto quel che serve per lasciare il segno.
Them (Prime Video)
Se n’è parlato veramente pochissimo, ma l’arrivo di Them su Prime Video ha dimostrato che l’ambizione e le potenzialità della nuova corrente horror americana possono fare la differenza anche sul piccolo schermo. Figlia di un terrore sociale che strizza l’occhio alle opere di Jordan Peele, la serie creata da Little Marvin mescola l’orrore della discriminazione a elementi sovrannaturali per dar vita a un connubio di grandissimo impatto. Per stile, tecnica e costruzione delle atmosfere, ma anche per alcuni spunti registici, si tratta senza dubbio di una delle produzioni di genere migliori degli ultimi anni.
Silo (Apple Tv+)
Fra le produzioni più sconvolgenti dello scorso anno, questa serie fantascientifica ispirata ai romanzi di Hugh Howey vede protagonista una sensazionale Rebecca Ferguson alle prese con un particolare intrigo distopico. Nel mondo di Silo, l’umanità è costretta a vivere nel sottosuolo in seguito a una catastrofe che ha reso la superficie inabitabile. Ma è davvero tutto come sembra? Per essere una serie passata in sordina, la qualità generale della produzione (tra scenari, cast e scrittura) potrebbe facilmente rivaleggiare con molti kolossal televisivi recenti. Un’opera complessa e affascinante che cattura l’attenzione e tiene incollati allo schermo.
Severance (Apple Tv+)
Il vero fenomeno della scorsa stagione televisiva? Scissione, una folle serie creata da Dan Erickson e diretta da Ben Stiller. L’angosciante creatura di Apple TV+ rende difficile anche solo definirla concretamente, lasciando vuoti ingombranti come nello sguardo del suo protagonista, un Adam Scott mai così impattante. A metà tra thriller sociale e deriva fantascientifica, Severance critica aspramente le derive del vivere occidentale e lascia spazio a diverse interpretazioni da parte di chi osserva, spingendo a scervellarsi sulla memoria e sul concetto di individualità nel mondo occidentale soggiogato dal capitalismo.
Shrinking (Apple Tv+)
Dopo l’enorme successo di Ted Lasso, erano in pochi a pensare che Bill Lawrence sarebbe riuscito a ripetersi – almeno nel breve periodo. Con grande sorpresa di molti, invece, è arrivata Shrinking: Jason Segel è protagonista di una particolarissima dramedy che intende trattare l’elaborazione del lutto in chiave ironica, ma senza perdere l’occasione di stimolare profonde riflessioni sulla perdita e sui rapporti umani. Le potenzialità per entrare nel cuore degli spettatori ci sono tutte, i personaggi memorabili (tra cui un burbero Harrison Ford) anche. Non resta che giudicarla coi propri occhi.
Legion (Disney+)
In un mondo seriale ingolfato su se stesso come quello del MCU, pochi ricordano che FX aveva dato il via libera a Noah Hawley per produrre una serie su un sottovalutato antieroe Marvel. Quella serie resta ancora oggi uno dei migliori prodotti a tema supereroistico – di certo il più sottovalutato del piccolo schermo. L’ambizioso showrunner ha preso ispirazione dalle serie più intrippanti della tv per creare un universo contorto e portare in scena la schizofrenia del suo protagonista, impegnato in una guerra interiore contro i suoi demoni e in una esteriore contro entità misteriose.
Taboo (BBC/FX – in Italia disponibile su Sky e NOW)
Il creatore di Peaky Blinders, Ridley Scott e Tom Hardy in un’oscura miniserie in costume ambientata nell’Inghilterra d’inizio ‘800? Perché non ne ha parlato quasi nessuno? Uscita nel 2017, Taboo è a tutti gli effetti una produzione di famiglia: oltre a figurare come produttore esecutivo (insieme a Ridley Scott) e volto da copertina, Tom Hardy ha anche scritto gli episodi insieme al padre Chips e a Steven Knight. La storia del misterioso avventuriero James Keziah Delaney è perfetta per un interprete del suo carisma: forte di una qualità produttiva impressionante, Taboo trascina in un mondo di fumo e fango in cui misticismo e intrighi si muovono di pari passo insieme alla spettrale figura del protagonista.
Barry (HBO – in Italia disponibile su Sky e NOW)
Probabilmente la miglior dramedy degli ultimi anni, capace di rivaleggiare senza particolari timori con prodotti del calibro di Better Call Saul – con il quale condivide la sfortuna di esser sempre stata candidata ai premi più prestigiosi senza mai vincere nessuno dei più importanti. Barry è in tutto e per tutto una creatura di Bill Hader, maestro della commedia americana che ha trovato insieme ad Alec Berg e a un rinato Henry Winkler la ricetta del successo. Nel raccontare la storia di un sicario in crisi che riscopre la vita attraverso il teatro, Barry riesce nel delicato intento di mescolare l’ironia alla malinconia di una storia importante, creando un mix poetico e memorabile.
The Knick (HBO – in Italia disponibile su Sky e NOW)
Sotto la direzione di un amante delle sperimentazioni come Steven Soderbergh, questa serie HBO ambientata a New York all’inizio del ‘900 riesce a raccontare con totale originalità l’ambito medico in un percorso surreale fatto di perdizione e ossessione. Il protagonista, interpretato da un magnetico Clive Owen, incarna alla perfezione le ambizioni di un Prometeo moderno, soffocato dalle fragilità umane. Una storia di dipendenze, incongruenze, difficoltà sociali e cinismo che affronta il period drama tenendolo in bilico tra i suoi stessi limiti. In sintesi: un esperimento da non perdere.
A Very English Scandal (Prime Video)
Una delle miniserie più riuscite in UK, per non dire un film diviso in tre parti. Eppure, questa geniale produzione che vede Stephen Frears alla regia, Russel T. Davies alla sceneggiatura e due protagonisti d’eccezione come Hugh Grant e Ben Wishaw non ha goduto di particolare fama al di fuori dei confini britannici. A very English scandal, tratta dal libro omonimo di John Preston, racconta la storia del parlamentare Jeremy Thorpe e della sua relazione segreta con un altro uomo all’inizio degli anni ’60. Abbracciando senza paura il grottesco, l’ironia e l’assurdità di certi risvolti grazie alla bravura dei suoi protagonisti, questa miniserie è una piccola perla che mantiene un’attualità disarmante nel trattare certi argomenti agli occhi del grande pubblico.
I May Destroy You (BBC – in Italia disponibile su Sky e NOW)
Una risposta spirituale, e forse più autoriale, al Fleabag di Phoebe Waller-Bridge. La serie di Michaela Coel ne condivide alcuni aspetti principali, a partire dal concept interamente incentrato su una singola prospettiva, ma l’interprete, autrice e protagonista di questo racconto affronta in maniera molto più diretta un trauma come quello della violenza per portare in scena un’emozionante viaggio dall’orrore alla rinascita. Un’esperienza catartica, a tratti straziante, a tratti esilarante, che non può mancare nella vostra lista.
The Great (Hulu – in Italia disponibile sul canale MGM di Prime Video)
La vita nella corte di Caterina la Grande diventa un racconto folle e spesso esilarante grazie alla geniale penna di Tony McNamara (sceneggiatore de La Favorita e di Povere Creature!). Elle Fanning interpreta Caterina II di Russia in questa serie in costume interamente originale che sfrutta un immaginario pop per trasmettere a chi osserva un importante messaggio di libertà. The Great è una rivisitazione storica unica nel suo genere, una danza macabra dal ritmo forsennato che potrà soddisfare chi cerca una serie che intrattenga dall’inizio alla fine, tra interpretazioni azzeccate e scenari tanto assurdi quanto brillanti.
1883 (Paramount+)
Le opere partorite da Taylor Sheridan per il suo universo di Yellowstone cominciano a essere molte, ma questa miniserie è decisamente la più interessante. Complice una resa scenica impressionante, quest’epopea western si conferma un racconto di altissimo livello che può essere tranquillamente apprezzato anche da chi non ha mai seguito la serie madre. Un percorso potentissimo e dalla precisione maniacale, capace di coinvolgere ed emozionare con i suoi interpreti (guidati da un eccezionale Sam Elliott) e il suo fascino particolare.
A questa lista potrebbero aggiungersi molti altri titoli, ma lasciamo a voi la parola per discutere insieme delle nostre scelte e di eventuali aggiunte!
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