Quasi nessuno si aspettava di vedere un pizzico di Italia nell’edizione 2023 degli Oscar, che si terrà come di consueto nel Dolby Theatre di Los Angeles nella serata del prossimo 12 marzo. Il nostro candidato non era forte. Il Nostalgia di Mario Martone, proposto per entrare nella shortlist del Miglior film internazionale, frena la sua corsa molto rapidamente. Non che ci fossero molti dubbi: l’opera di Martone è di sicuro pregio, è stata presentata in Concorso al Festival di Cannes 2022 (dove, tra l’altro, non si è aggiudicata nessun premio), ma vive di un respiro molto locale nella riscoperta della tipografia e della memoria di una Napoli che già chi non è originario della città fatica del tutto a comprendere, assorbire.
I primi dubbi ricadono proprio, come negli ultimi anni spesso accade, proprio sulla scelta. Nel 2022 l’Italia aveva un candidato solido come È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, film che sicuramente poteva contare su alcuni fattori determinanti in fase di corsa agli Oscar: lo stesso regista già premio Oscar nella categoria con La grande bellezza; uno stile riconoscibile tra l’onirico e il sentimentale che rappresentava la formula perfetta al momento perfetto per un autore che già godeva dell’appellativo di “felliniano”, quindi identificabile con un certo tipo di bagaglio culturale anche all’estero; la presentazione al Festival di Venezia 2021 e la vittoria del Gran premio della giuria; ultimo ma non ultimo il contributo fondamentale della campagna marketing di Netflix, che sull’opera di Sorrentino aveva caricato il tutto per tutto. Fu beffato dal lanciatissimo Drive My Car di Ryūsuke Hamaguchi, ma perlomeno la speranza era più di qualcuna.
Su cosa puntare?
E stupisce la decisione, in un anno non ricco di opere adeguatamente spendibili sul mercato internazionale, di ripiegare su un film che già lasciava presagire un respiro davvero troppo corto. Per quale ragione non puntare, ad esempio, su Le otto montagne di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, adattamento dell’omonimo libro di Paolo Cognetti vincitore del Premio Strega nel 2017? Anche questo presentato a Cannes, ma perlomeno vincitore del Premio della giuria, con un discreto ritorno di responso critico e di pubblico e, nondimeno, con una coppia di attori protagonisti (Luca Marinelli e Alessandro Borghi) capaci di richiamare una parvenza di divismo in un contesto come quello nostrano dove il concetto di star system è piuttosto aleatorio.
Potremmo stare qui a discuterne senza cavarne un ragno dal buco. Allora da rallegrarci c’è nel vedere come agli Oscar sia finito, forse in maniera un po’ inaspettata, un piccolo cortometraggio incastonato nel mezzo delle feste natalizie dello scorso anno e distribuito direttamente su Disney+. E Le pupille di Alice Rohrwacher sarà pur piccolo, ma ha tanto cuore e tanto della sua firma. Candidato agli Oscar come Miglior cortometraggio, nasce quando uno che di Oscar se ne intende, Alfonso Cuarón, chiede a Rohrwacher di confezionare un’opera di Natale per conto di Disney.
Un nome affermato e uno stile riconoscibile
L’autrice italiana prende spunto da una lettera di auguri che la scrittrice Elsa Morante scrisse a Goffredo Fofi. Liberamente e maldestramente ispirata, recita un cartello scritto a mano nel cortometraggio. Una reinvenzione sognante di una paraboletta tutta al femminile tra le orfanelle di un orfanotrofio che vivono durante gli anni della Seconda guerra mondiale e che invece dei bollettini di guerra preferiscono sgattaiolare davanti alla radio per sentire la musica.
Nemmeno quaranta minuti che trasudano la materia magica, concreta ed eterea allo stesso tempo, tipica della regista tanto apprezzata a livello internazionale come testimoniano il Grand Prix Speciale della giuria al Festival di Cannes 2014 per Le meraviglie e il premio alla Miglior sceneggiatura sempre a Cannes, nel 2018, per Lazzaro felice. Una sfida buffa tra una priora integerrima (Alba Rohrwacher) e le spinte, i desideri di bambine “contaminate” dal verbo della canzone e non da quello di Dio, dalle ragioni del profano e meno da quelle del sacro.
E questo è sicuramente uno dei fattori sui quali Le pupille può giocarsi le sue carte ai prossimi Oscar. Uno stile coerente a un nome già forte e affermato sul panorama internazionale, che unisce un pizzico di peculiarità del territorio (i richiami ironici all’autarchia italica in tempi di regime fascista, messo alla berlina anche da un altro candidato forte come il Pinocchio di Guillermo del Toro) a un’attenzione per la sfera del femminile, per la disobbedienza al potere imposto e alle griglie di genere tratteggiate sotto la superficie dove la morale, come cantano le orfanelle, “boh, chissà dove sta”.
Un apporto fondamentale agli Oscar
Senza contare l’apporto di un nome come quello del già citato Cuarón<, che produce il cortometraggio, capace di richiamare su di sé la giusta attenzione mediatica dell'Academy in fase di avvicinamento alla premiazione. Così come il sigillo di Disney+, in grado invece di veicolare nei posti giusti al momento giusto l'opera, di farla conoscere e spingerla durante quella che è divenuta una corsa nella corsa, la lotta tra le piattaforme streaming in cerca di una continua nobilitazione dei propri contenuti digitali nelle sedi della grande Hollywood. Insomma, Le pupille di Alice Rorhwacher può davvero far sentire la sua voce. La strada è ancora lunga ma chi può dire che non ci aspetti una gradita sorpresa dietro la collina.