Cosa può aggiungere un nuovo adattamento dell’opera di Edgar Allan Poe che non sia già stato detto? Tutto o addirittura niente, ma alla fine quando si fanno i conti con i classici è sempre così. Mike Flanagan questo lo sa bene e dopo aver messo le mani su Shirley Jackson, Henry James, Stephen King e aver addirittura osato sfiorare Kubrick, sembra volerci ribadire qualcosa di ovvio, ma che è ovvio non è. Ossia che, a oggi, se si vuole riprendere in mano un classico tanto, vale stravolgere e provare a dire qualcosa di diverso; soprattutto se si parla di un autore come Poe che conta decine, se non centinaia, di adattamenti cinematografici e televisivi.
Ecco, sotto questo punto di vista La caduta della casa degli Usher non è un adattamento in senso stretto ma un’opera dichiaratamente derivativa, che si ispira al materiale originale omaggiandolo e distaccandosi da esso. Il tutto restituendo allo spettatore quell’aura perturbante tipica dell’opera dello scrittore americano. Un’operazione che, con tutte le differenze del caso, aveva già fatto Roger Corman nel 1964 con I maghi del terrore, commedia mascherata da horror gotico liberamente ispirata a Il corvo.
Una fosca matrioska
Composta da otto episodi che, a loro volta, riprendono elementi di alcuni celebri lavori di Poe, La caduta della casa degli Usher non è una serie antologica ma, come abbiamo accennato, neanche un adattamento che punta alla fedeltà.
Con una struttura a incastro, una vera e propria matrioska, la serie dà a Flanagan la possibilità di giocare con il materiale originale creando una sorta di Poe-verso che ha il suo centro in casa Usher. Questo è interessante perché, come sottolineato da Poe nel racconto stesso, la “caduta” non riguarda solo il crollo fisico dell’abitazione, ma quella della famiglia del titolo. Un dettaglio che Flanagan riprende per costruire attorno ai due personaggi principali – Roderick e Madeline Usher, un albero genealogico che nel racconto era solamente accennato.
In questo modo Flanagan innesta nella trama principale dei riferimenti più o meno dichiarati al lavoro di Poe (i titoli degli episodi sono degli ottimi indizi ma gli appassionati si divertiranno a individuare dell’altro) e contemporaneamente dà vita a qualcosa che prescinde l’opera originale, il tutto senza pregiudicare l’esperienza di visione di coloro che non hanno mai letto nulla dell’autore.
Mantenere lo spirito originario
Ecco, chi l’ha letto lo sa, se pensiamo a Edgar Allan Poe è impossibile non riportare alla mente atmosfere gotiche ottocentesche e situazioni disturbanti; le stesse che, ancora oggi, fanno sussultare anche chi conosce a memoria Il gatto nero o La maschera della morte rossa. La scelta di Flanagan di ambientare la narrazione nel presente da una parte raschia via questa patina così tipica dell’opera, ma dall’altra parte è in linea con quello che l’autore ha sempre voluto esprimere nei suoi racconti, romanzi e poesie. Ossia che ci sono eventi misteriosi e spaventosi che sfuggono alla comprensione umana e che in determinate circostante la suggestione alimenta le nostre paure più ataviche facendo tentennare il raziocinio: un elemento che si incarna nel personaggio di Auguste Dupin, presente anche nella serie di Flanagan proprio con questa specifica caratteristica.
Certo, molte cose sono cambiate dalla prima metà dell’Ottocento, ma i sentimenti umani più primordiali di fondo non mutano mai. Perciò essendo La caduta della casa degli Usher un racconto in cui questi aspetti – il perturbante e il sovrannaturale – vanno di pari passo, non è un caso che Flanagan l’abbia scelto come base per costruire la sua rilettura dell’opera di Poe mantenendone lo spirito, pur adattandolo al presente. Questo dà alla serie la possibilità di raccontarci una storia in linea con le atmosfere originarie, in cui l’orrore scaturisce sempre dal perturbante, ma che si inserisce anche nella nostra contemporaneità. Una saga familiare in stile Succession che introduce tematiche legate alla cupidigia umana e alle conseguenze del dolore, se vogliamo complementari all’opera di Poe. Non a caso proprio sul dolore Roderick e Madeline Usher costruiscono la propria fortuna, con la casa farmaceutica Fortunato – nomen omen – e al contempo la propria rovina.
Infatti l’indagine dell’animo umano è l’aspetto chiave del lavoro di Flanagan che utilizza i fantasmi, reali e della mente, del materiale originale per introdurre tematiche più ampie e raccontare così gli angoli bui e remoti della coscienza.
Rinnovare un classico
Mettere mano ai classici è pericoloso, neanche a dirlo. Oltretutto arrivati al 2023 l’opera di un autore come Poe ha prodotto una tale quantità di adattamenti che il rischio di generare una goccia nel mare è elevatissimo. Basti pensare che solo La caduta della casa degli Usher ha dato vita a una ventina di opere derivate tra film, canzoni e pièce teatrali.
Tuttavia Flanagan sembra non farsi troppi problemi e anzi, pare aver trovato una sua chiave per riprendere in mano quello che in tanti non avrebbero neanche il coraggio di sfiorare. Che piaccia o meno, il regista qualcosa da dire ce l’ha e, soprattutto, ha capito che per riuscire a farlo è necessario andare fuori dal selciato e costruirne uno nuovo. Ne deriva che l’unico modo in cui era possibile adattare Poe era stravolgerlo del tutto con un’opera che ne conserva lo spirito ma che opta per soluzioni diverse, sia sul fronte stilistico che su quello tematico.
La caduta della casa degli Usher non è un adattamento fedele e di conseguenza non è corretto approcciarlo in quel senso; chi lo fa potrebbe rimanere molto deluso e perdere di vista quello che la serie vuole realmente fare. Probabilmente non piacerà a tutti, ma La caduta della casa degli Usher offre senz’altro la possibilità di guardare all’opera di Edgar Allan Poe con occhi nuovi.
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