Quando Brit Marling e Zal Batmanglij sconvolsero il pubblico di Netflix con the OA, furono in pochi a dare il giusto valore a un’opera che intendeva raccontare qualcosa di diverso esplorando nuove strade. Oggi, a circa quattro anni di distanza, questo curioso duo di autori si affaccia nuovamente al mondo dello streaming con una produzione che attinge a piene mani da quello stile semi-onirico, tra il disturbante e l’affascinante, che tanto aveva fatto parlare di sé all’epoca. Brit Marling ha fatto dei lavori particolarmente divisivi la sua zona di comfort, ma con A Murder at the end of the World dimostra che esiste una via di mezzo tra l’intenzione autoriale e la deriva commerciale necessaria ad attirare nuovi spettatori.
La serie FX, rilasciata il 14 novembre su Disney+ e conclusasi pochi giorni addietro, pone la candidata all’Emmy Emma Corrin al centro di un mystery drama che abbraccia diverse sfumature provenienti da altri generi per affrontare tematiche estremamente attuali. A un occhio poco attento, A Murder at the end of the World potrebbe sembrare la versione più moderna di un classico prodotto investigativo: una protagonista brillante, ma inesperta, a condurre delle indagini colme di risvolti, un contesto di chiara derivazione post-moderna e diversi personaggi di contorno pronti a stupire. Eppure, l’immersione in un ambiente tecnologico come quello attuale e i vari riferimenti generazionali aprono le porte a un dialogo ben più ampio rispetto a quello di un semplice murder mystery, capace di sorprendere e anche di emozionare con molte delle sue trovate – al netto di un contesto ben più convenzionale rispetto alle attese.
Un Whodunit tra classico e moderno
A giudicare dall’approccio di Marling e Batmanglij alla narrazione, l’intenzione di trovare la giusta rotta per incuriosire un’ampia fetta di pubblico è abbastanza evidente. Lo show abbraccia una struttura solida, quasi rigida, quanto mai vicina ai fortunati mystery thriller moderni (i film di Ryan Johnson e Kenneth Branagh non sono citati a caso) ma caratterizzata da diversi “intrusi” nel proprio intreccio. Emma Corrin interpreta Darby Hart, giovane appassionata di misteri e figlia di un coroner che negli anni ha condotto diverse indagini insieme al suo ragazzo Bill, prima di lasciarsi, ed è reduce dal successo del suo romanzo noir. Per un’occasione speciale, un miliardario (Clive Owen) la invita a partecipare a un esclusivo ritiro “alla fine del mondo”, una località remota e affascinante oltre i confini islandesi, insieme ad altri otto ospiti.
Fin qui nulla di nuovo, ma non è tutto: a poche ore dall’arrivo, uno di essi muore improvvisamente. Con una violenta tempesta che blocca l’arrivo delle forze dell’ordine e l’impossibilità di usare i propri dispositivi mobili, Darby si convince a trovare da sé le risposte all’accaduto in un luogo in cui il pericolo può celarsi dietro ogni angolo. A Murder at the end of the World si presenta allo spettatore come il più classico dei gialli da camera, a metà tra gli Whodunit di Agatha Christie e Glass Onion, ma lo fa costruendo un’atmosfera che si fa sempre più asfissiante col passare degli episodi, tra i cupi toni bluastri della sua fotografia e un ritmo sempre più serrato tra flashback e cliffhanger. Quanto basta per catturare l’attenzione, ma di certo non abbastanza per appassionare fino in fondo.
Uno sguardo oltre la superficie
Se c’è una ragione per cui valga davvero la pena analizzare e sviscerare l’opera di Marling e Batmanglij, bisogna scavare più a fondo, esplorando i meandri del suo sottotesto. Del resto, se la fantomatica “via di mezzo” trovata dagli autori permette da un lato di attrarre facilmente il pubblico, dev’esserci sicuramente qualcos’altro oltre la superficie che lo convinca a restare. Per quanto affascinante nella sua costruzione e nella sua visione della modernità, la prospettiva tecnologica proposta dalla serie non rappresenta il suo reale cuore – e, a dirla tutta, non mostra neppure nulla di nuovo. Certo, la modernizzazione del genere è evidente soprattutto dal punto di vista dei temi, con ampie digressioni sull’intelligenza artificiale e sull’impatto della tecnologia, ma sono gli sviluppi interiori a fare la differenza.
Il dialogo aperto dopo le prime puntate, accuratamente centellinato fra una rivelazione e l’altra, mostra un’interessante riflessione sul punto di vista dell’uomo moderno, sul suo rapporto con il mondo e il futuro. Creando uno strano confronto fra l’ossessione per la tecnologia e quella per l’investigazione, A Murder at the end of the World invita a riflettere sull’eredità che lasceremo ai posteri sotto diverse forme (anche emotive). Il gelo fra i personaggi, esplorati nella loro intimità, costituisce il perfetto contraltare per dei momenti di calore umano che diventano quasi irreali, ancorati a una dimensione lontana e forse ineffabile. Marling e Batmanglij non si fanno problemi a palesare il loro pessimismo, ma pongono le giuste basi affinché ogni barlume di speranza colpisca dritto al cuore di chi osserva.
Di morte e speranza
Immersi in un contesto tanto cupo quanto accattivante, è l’introspezione degli autori a rendere quest’opera un racconto di forti sentimenti (e forse anche di speranza): A Murder at the end of the World non ha paura di abbracciare sogno e orrore nel portare in scena i suoi contrasti, e pur mantenendo qualche divergenza tra forma e sostanza riesce a costruire un prodotto coerente, ben più diretto rispetto ai suoi predecessori. L’aspetto più sorprendente, al di là delle idee dietro un simile intreccio, esplode insieme all’emotività dei protagonisti, rivelando una malinconica romance fatta di corse a perdifiato e addii sussurrati al vento. Tra suspense, intrighi e cenni (non del tutto approfonditi) su una società che porta a perdersi, Marling e Batmanglij trovano spazio per raccontare una storia che forse non sorprenderà mai fino in fondo, ma che può appassionare e unire come poche altre produzioni del genere.
A Murder at the end of the World attrae con il suo fascino e il suo cast, ma sorprende davvero soltanto quando mostra la sua sensibilità. L’intreccio e gli approfondimenti catturano in un abbraccio l’essenza della moderna deriva del giallo, che dalla deriva del mondo trae qui ispirazione per evolversi, contorcendosi fra gli stilemi e le trame di un genere in costante sviluppo. Marling e Batmanglij hanno avuto un gran coraggio nel costruire un inganno in piena regola, sfruttando un racconto classico ma prepotentemente attuale come mezzo per raccontare l’amore. In quest’eterna danza di anime corrotte e dannate, A Murder at the end of the World ruba la scena con la speranza che, tra la morte e l’oblio, chi si è perso possa infine riuscire a ritrovarsi – anche alla fine del mondo.
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La recensione in breve
A Murder at the end of the World segna il ritorno di Brit Marling e Zal Batmanglij con una serie che sfrutta il genere dei murder mystery per raccontare molto altro. Un'opera coerente (ma non troppo), che cattura con le sue atmosfere e incuriosisce per ciò che si nasconde oltre il suo intreccio. Forse non tutti gli elementi vengono gestiti con la stessa coesione, ma la sua natura curiosa e particolare basterà a tenere incollati allo schermo fino alla fine.
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Voto ScreenWorld