Tu sei il mio creatore, io sono il tuo padrone
In Frankenstein, Mary Shelley sanciva così il rapporto tra il folle scienziato e la Creatura. Nel pieno del gotico, mentre la scienza sembrava sfondare quelle barriere che superstizione e ignoranza aveva eretto, la Shelley si faceva involontaria creatice di una fobia quanto mai attuale, la paura che le nostre creazioni si rivoltino contro noi stessi. Attuale più che mai, la Sindrome di Frankestein è stata ancor più galvanizzata dalla prime rappresentazioni cinematografiche del mostro di Frankenstein, a partire dalla leggendaria pellicola del 1931 in cui James Whale consacrò Boris Karloff nell’olimpo del cinema come interprete per eccellenza della creatura.
Un cult senza tempo che torna a vivere grazie a Skybound e Universal, che con la collana Universal Monster stanno dando una nuova vita a questi miti del cinema. Dopo avere stuzzicato la curiosità dei lettori con Dracula, non poteva essere che Frankestein a proseguire questo viaggio nell’universo dei mostri del grande schermo.
Il Mostro al cinema

Il racconto di Mary Shelley non era passato indenne dall’opera di adattamento di Whale. Il Frankestein della Universal era stato concepito come puro racconto di orrore per un pubblico che cercava emozioni forti, dimenticando tutto il telaio emotivo e tematico dell’opera originale. E forse proprio per questo è riuscito a imporsi come un must have per ogni cinefilo.
Nel trasporre in graphic novel il Frankenstein di Whale, Michael Walsh rielabora nuovamente il mito della Creatura, preservando una certa connessione con la visione cinematografica. Come visto con Dracula, scopo della collana di Skybound è di omaggiare questi cult calando il lettore in un punto di vista differente, non seguendo un percorso già noto tramite un’onniscenza narrativa, ma cercando nuove prospettive, capaci di suggestionare il lettore e aprire nuovi interrogativi su queste leggende moderne.
Vendetta e ossessione

Il giovane Paul ha appena perduto l’adorato padre. Suo pilastro in un’esistenza difficile, capace di dargli felicità grazie alla sua abilità manuale, con cui ha intagliato un cavallo di legno, cui il bambino si aggrappa ora, mentre piange disperato sulla tomba del padre.
A interrompere la sua disperazione sono due figure che vagano per il cimitero, dissotterrando corpi e rubandoli. Nella fretta, non esitano a trafugare la salma del padre di Paul, che incredulo si nasconde sul carro dei due, intenzionato a scoprire che loschi piano abbiano in mente. Così il fanciullo viene a conoscenza dei folli esperimenti del Dottor Frankenstein, ossessionato dallo sconfiggere la morte, al punto da compiere scellerati esperimenti, aiutato da Fritz, tirapiedi spregevole ma totalmente devoto al folle scienziato.
Quando il corpo del padre diventa parte della mostruosa Creatura assemblata da Frankenstein, la disperazione di Paul si trasforma in cieco odio per lo scienziato. Con determinazione, il bambino cerca in tutti i modi di fermare Frankenstein, assistendo all’escalation di sangue e orrore che la presenza della Creatura scatena nel villaggio, sino alla sua tragica conclusione.
Chi è il vero mostro?

Anziché concentrarsi solamente sulla figura dello scienziato, Michael Walsh si focalizza sulle componenti del mostro. Non solo parti della Creatura, ma storie di vite interrotte che vengono mostrate in flashback, contribuendo a dare quasi un mappa emotiva del mostro. Patchwork nel corpo e assemblaggio di anime, dando anche una risposta all’interrogativo su quanto la Creatura potesse esser vista come un essere non costruito, ma nato dal dolore.
Non semplice mostro, ma Creatura sofferente, incapace di comprendere la propria ragion d’essere o il posto che ha nel mondo. In diverse situazioni la sua ingenuità risulta in tragedia, che a un occhio attento possono rivelarsi come momenti di empatica sofferenza per questo infelice essere, creato come sfida al divino ma condannato alla solitudine.
Una solitudine che echeggia con quella di Paul. Dopo aver spezzato il cuore del lettore con una struggente sequenza di vignette magistralmente realizzate da Tonie Marin Griffin legate al rapporto affettivo con le mani paterne, Walsh rende la visione di Paul sempre più centrale. Una scelta che paga nell’economia della storia, che porta a sacrificare lo spazio per gli altri donatori involontari di pezzi per la Creatura, il cui ruolo rimane più marginale.
D’altronde, il fulcro di Frankestein è l’ossessione, la cieca dedizione del folle scienziato pronto a sacrificare tutto, persino l’amore, pur di sfidare quelle leggi della natura che tanto lo avevano ferito. Nella sua ostinazione, Frankenstein perde la propria umanità, sordo alle richiese degli amici che tentano di fermarlo, incapace di riconoscere i segnali della catastrofe imminente.
Paul, Frankenstein e la Creatura sono le tre colonne portanti di questa tragedia, che pur ricordando l’iconografia della pellicola di Whale, affronta il mito di questo mostro leggendario in modo innovativo, con una particolare attenzione alla parte umana, più che alla sensazionale weird science.
Un viaggio fatto di perdita, ossessione e sofferenza, che vede come vittima innocente proprio quel mostro che attira l’odio della gente, incapace di vedere dove sia veramente la mostruosità dell’animo umano, che trapela solo nell’amara e tardiva consapevolezza di Frankenstein
‘Sono stato stupido a fissare la luce accecante del cuore della vita, a sfidate la natura del mondo’
La nuova vita di un cult

Un così ricco contesto emotivo richiede un’interpretazione grafica altrettanto curata. Walsh cerca di interpretare al meglio queste tensioni, con tavole in cui si richiama all’immaginario cinematografico ispiratore, sacrificando il realismo in nome di un’espressività che trasmette l’intensità drammatica di questa vicenda. Non sempre lucido in termini di assemblaggio della tavola, Walsh mostra comunque una buona visione d’insieme del racconto grafico, soprattutto grazie all’ottimo lavoro di Toni Marie Griffin ai colori.
La palette cromatica di questo Frankenstein si fonda su una colorazione viscerale, con tinte forti che segnano i contrasti emotivi, ombre che mostrano un attento utilizzo dell’illuminazione come strumento di esaltazione drammatico e la precisa scansione emotiva di alcuni momenti associata a colorazioni forti, identitarie, che guidano il lettore nella comprensione dei tempi narrativi senza la necessità di altri escatomage chiarificatori. La presenza di tavole che omaggiano in modo evidente scene cult del film divenute patrimonio del cinema, come il mulino in fiamme, esalta questa attenzione stilistica dell’opera.
La lettura di Frankestein proposta da saldaPress consente di apprezzare la Creatura da una nuova prospettiva, spostando l’attenzione dallo scienziato a quello innocente di un bambino, esaltando quell’interrogativo che da sempre accompagna Frankenstein: superando i limiti imposti dalla natura, chi è davvero il mostro?
Conclusioni
La lettura di Frankestein proposta da saldaPress consente di apprezzare la Creatura da una nuova prospettiva, spostando l’attenzione dallo scienziato a quello innocente di un bambino, esaltando quell’interrogativo che da sempre accompagna Frankenstein: superando i limiti imposti dalla natura, chi è davvero il mostro?