Non tutte le guerre si combattono per la giustizia. Alcune nascono solo dal dolore.
The Kingdoms of Ruin di Yoruhashi, pubblicato su Monthly Comic Garden dal 2019, adattato poi in formato anime nell’autunno del 2023 e ora edito in Italia grazie a SaldaPress, racconta un mondo spietato in cui magia e tecnologia si scontrano. Adonis e Doroka camminano sul filo della follia, in un turbine di vendetta che non lascia spazio alla misericordia.
Yoruhashi ci consegna un racconto crudele, privo di concessioni, dove il confine tra bene e male è labile. Gli uomini, nella loro cieca avidità, si sono rivelati carnefici, ma le streghe, un tempo custodi della saggezza, non sono prive di colpa. Un circolo vizioso di odio e distruzione, dove l’innocenza è solo un ricordo lontano.
Adonis si erge come il perfetto antieroe, un’anima spezzata che non conosce redenzione. La sua furia riecheggia quella dei grandi volti della tragedia manga e come loro si muove in un universo dominato dalla vendetta. Il suo viaggio non conosce mezzi toni: la sua collera lo avvolge in un bozzolo di pura distruzione.
Così parlò Dio

Non posso più sopportare di non poterti proteggere!
Molto tempo fa, Dio creò gli esseri umani e, al fine di rendere il loro cammino fosse meno impervio, affidò loro delle guide: le streghe. Custodi della saggezza e artefici di miracoli, queste donne offrirono la loro magia agli uomini, e per secoli regnò l’armonia tra le due specie. Ma poi giunse la tecnologia.
L’umanità, sempre più sicura della propria autosufficienza, si convinse di non avere più bisogno della magia. E ciò che prima era un dono si tramutò in una minaccia. Gli uomini rinnegarono il volere divino, vedendo nelle streghe non delle benefattrici, ma delle subdole manipolatrici. Così ebbe inizio la grande caccia, e il sangue delle streghe prese a macchiare le strade, colò tra le fessure delle pietre, impregnò la terra stessa. Furono impiccate a decine, a centinaia, esposte come monito: una strega buona è una strega morta.
Nel cuore di questo massacro si erge l’Impero di Redia, guidato dall’imperatore Goethe XXIII, colui che decise che la scienza sarebbe stata l’unica via e che le streghe erano anacronismi storici da debellare. Sotto il suo regno, le persecuzioni si inasprirono, fino a culminare in un evento che cambierà per sempre il destino del mondo.
Adonis era solo un bambino quando il destino lo gettò tra le braccia di Chloe Morgan. Orfano, senza radici né futuro, la sua esistenza era destinata a spegnersi come una fiamma al vento. Finché quegli occhi di ghiaccio non si posarono su di lui. Chloe, la strega del ghiaccio. Un essere angelico di straordinaria potenza, ma dalla bontà incrollabile. In un mondo che la odiava, si era ripromessa di non macchiarsi mai del sangue degli uomini. Il suo unico desiderio era fuggire dal regno di Redia e trovare rifugio in una terra lontana, un luogo sicuro dove la sua gente potesse vivere senza paura.
Fu così che accolse Adonis nella sua vita. Non solo come un figlio, ma come un apprendista. Gli insegnò la magia, la disciplina, la forza di chi cammina tra luce e oscurità. E per la prima volta, il ragazzo conobbe qualcosa di simile alla felicità. Ma anche la luce più splendente può essere inghiottita dal buio. Catturati al confine, Chloe e Adonis furono portati nella capitale di Redia, il cuore pulsante del nuovo ordine. Lì, dinanzi alla folla in visibilio, Goethe pronunciò la sua sentenza e, senza esitare, premette il grilletto. Un colpo di pistola alla testa, così si conclude l’esistenza della strega. Così si spense l’unica luce che ancora illuminava il cammino di Adonis.
Della sua esistenza rimase solo il ricordo, il sussurro del suo nome nel vento… e la promessa che Adonis le fece, con il cuore ridotto in cenere:
Farò a pezzi questo mondo.
Ma la sua furia vendicativa viene soffocata dalla prigionia. Per dieci lunghi anni, il nostro giovane apprendista rimane rinchiuso in una cella anti-magia, incapace di opporsi, incapace di gridare il proprio odio. Un tempo sufficiente a trasformare la rabbia in ossessione, la sete di giustizia in vendetta. Poi, il sigillo dell’oblio si spezza. Ad aprire la porta dell’inferno è Doroka, una giovane strega, una delle tante destinate a morire sotto il giogo dell’Impero. Adonis emerge dalle tenebre della prigionia e nel suo sguardo arde ancora la stessa furia. Lei dovrebbe temerlo, e invece i loro obiettivi finiscono per intrecciarsi: riportare in vita Chloe, qualunque sia il prezzo da pagare.
Ma il destino è un tessitore infido, e nel cuore di questa guerra si cela un’ombra più grande. Non è il re a tirare le fila dell’odio. C’è qualcun altro dietro la grande purga. Qualcuno che osserva, che attende. Qualcuno dai lunghi capelli…
Tecnologia, magia e il ciclo della vendetta in The Kingdoms of Ruin

La storia di The Kingdoms of Ruin non offre rifugi morali, né illusioni di una qualche provvidenziale giustizia universale. Yoruhashi ci consegna un mondo crudo e spietato, in cui la magia, un tempo dono e guida, viene brutalmente soppiantata dalla tecnologia, segno dell’ambizione umana di dominare tutto ciò che non può controllare. Il tema del razzismo si annida nelle fondamenta di questa narrazione: gli esseri umani hanno accettato per secoli l’esistenza delle streghe, ne hanno beneficiato, ne hanno sfruttato il potere per colmare le proprie debolezze. Tuttavia, non appena la tecnologia ha consentito loro di replicare quelle stesse capacità, la gratitudine è evaporata, lasciando il posto a un odio cieco.
L’umanità rivela così il suo volto più spregevole: creatura opportunista, capace di trarre vantaggio dalla benevolenza altrui, salvo poi ripagare con una crudeltà senza limiti. La giustificazione adottata è una menzogna costruita su fondamenta fragili: le streghe, accusate di aver esercitato per secoli un controllo sugli uomini, vengono perseguitate non per ciò che hanno fatto, ma per il semplice fatto di esistere. Un pretesto grottesco, una narrazione tossica con cui gli oppressori si assolvono dalla propria colpa.
Difatti, l’umanità non ha abbandonato la magia per il bene comune, ma per sfuggire alla dipendenza dalle streghe, esseri che non può controllare. Il vero problema non è la magia, ma il fatto che appartenga a qualcuno di diverso. La tecnologia diventa così un’arma di supremazia, un’illusione di libertà costruita sulla persecuzione e sul genocidio delle streghe.
Il ciclo infinito della violenza: streghe e umani, vittime e carnefici

Yoruhashi non ci offre eroi puri. Se gli umani si rivelano carcerieri spietati, le streghe non sono immuni alla vendetta. L’odio generato da anni di persecuzioni si traduce in una spirale inarrestabile di violenza reciproca. Il risultato è un mondo senza vincitori, dove il rancore si tramanda come un’eredità maledetta.
Ed è proprio in questo vortice che si muove Adonis, il protagonista, figura tragica e devastata, plasmata dal dolore e dalla perdita. La sua maestra e madre adottiva, Chloe, una delle ultime streghe rimaste, era simbolo di una speranza schiacciata con sadica ferocia. La sua esecuzione pubblica non è solo un atto di giustizia distorta, ma un rituale di sopraffazione, un monito indelebile per chiunque osi sfidare l’ordine imposto dagli uomini.
Adonis, antieroe o vittima?

Adonis si inserisce nella grande tradizione degli antieroi del manga moderno, evocando figure come Eren Yeager (Attack on Titan) o Gatsu (Berserk), portatori di un desiderio di rivalsa. Sebbene non paragonabile a capolavori del medium, il suo percorso è lineare nella sua brutalità: sopravvissuto alla morte di Chloe, cresce alimentato da un unico scopo, la distruzione totale di coloro che gliel’hanno portata via. La sua furia è inarrestabile, cieca, non lascia spazio a rimorso o redenzione.
Ed è proprio questo suo modus operandi che potrebbe far storcere il naso al lettore. Se da un lato la sua sete di vendetta alimenta la narrazione, rendendola viscerale, la sua attuale uni-dimensionalità lo avvicina più a un’arma che a un personaggio sfaccettato. Questo lo distingue da altri antieroi come Eren, le cui motivazioni e tormenti aggiungono profondità alla sua lotta.
Tuttavia, a smussare i lati più affilati di Adonis c’è Doroka, una giovane strega che incarna ciò che lui ha perso: la capacità di credere in un futuro diverso. Ma la sua presenza è sufficiente per spezzare il ciclo di vendetta? Yoruhashi non ci dà risposte facili.
Nessuna compassione nel cammino della vendetta

The Kingdoms of Ruin non è una storia che lascia spazio alla compassione. La sua forza sta nel mostrare un conflitto senza vincitori, una guerra in cui entrambi gli schieramenti sono vittime della propria sete di potere e di vendetta. Yoruhashi costruisce una narrazione che non fa sconti, dove l’umanità si rivela un mostro egoista e le streghe, nel tentativo di difendersi, finiscono per diventare lo stesso orrore che avevano giurato di combattere. Adonis si staglia al centro di questo dramma, un antieroe distrutto dal dolore, incapace di concepire un mondo al di fuori della sua vendetta.
Dal punto di vista visivo, The Kingdoms of Ruin abbraccia un’estetica che oscilla tra la sobrietà e l’eccesso. Il tratto grafico ricalca il classico stile giapponese, con linee pulite e un uso dei chiaroscuri non particolarmente accentuato. Tuttavia, quando la violenza si fa protagonista, Yoruhashi non si risparmia: schizzi di sangue si intrecciano alle tavole con una coreografia quasi compiaciuta nella sua brutalità. Tuttavia, la brutalità – se reiterata a più riprese – rischia di diventare un meccanismo ripetitivo, svuotando la narrazione della sua forza emotiva. La sfida più grande per The Kingdoms of Ruin sarà quella di mantenere viva la tensione senza cadere in una spirale di prevedibilità.
Conclusioni
The Kingdoms of Ruin si presenta come un'opera dal grande potenziale, ma ancora in cerca di un perfetto equilibrio tra dramma e azione, tra vendetta e profondità. Se da un lato l'estetica e l'ambientazione offrono spunti intriganti, dall'altro la narrazione rischia di risultare ripetitiva. Tuttavia, l'opera spinge il lettore riflettere sul senso del potere, della vendetta e del destino, vantando un protagonista in bilico tra eroe e antieroe.
The Good
- Trama interessante e originale
- Protagonista con un obiettivo ben preciso
- Non ha paura di mostrare sangue e violenza
The Bad
- Violenza e sangue, morti violente
- Speriamo non risulti ripetitivo a lungo andare
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Voto ScreenWorld