In tempi in cui il cinema occidentale e il pubblico sono più attratti che mai dalle figure dei cattivi e degli antieroi, così fallibili e controversi – così umani – cosa può esserci di più dirompente e anticonformista che riportare sul grande schermo il supereroe per eccellenza, l’essere perfetto, Superman?
James Gunn, che delle storie di antieroi perdenti alla ricerca del loro posto nel mondo è maestro, avrà una bella gatta da pelare cercando di raccontare una storia che permetta a Superman di essere attuale nel 2024 e che riesca a empatizzare con lo spettatore di oggi.
Superman: il primo esploratore di mondi

Negli anni, molti tasselli sono stati aggiunti alla sua storia, ma mai si è deciso di snaturarlo, di cambiare i suoi valori. Ci sono state sue varianti cattive, sue versioni alternative, ma mai queste hanno preso piede. Nemmeno con il grande scossone di Crisi sulle terre infinite, che ne ha permesso la più grande rinascita sotto la penna e la matita di John Byrne. Il suo lavoro segna attualmente i paletti dell’Uomo d’Acciaio, titolo della storia con cui l’autore rilanciò la testata nel 1986.
Superman è il personaggio che prima di tutti (e più di tutti) è stato transmediale. Sua è una serie animata degli anni ’40, curata nei minimi dettagli dai fratelli Fleischer, che farebbe scuola ancora oggi e che ha ispirato la grande serie animata di Batman degli anni ‘90.

Suo è uno show radiofonico, sempre degli anni ‘40, capace di fare compagnia a chi voleva un minuto di riparo dal rumore delle bombe in guerra e di dare speranza a chi in guerra non era andato ma da casa seguiva l’evolversi degli eventi con preoccupazione. Un serial che ha lasciato il segno, dando a Kal-El il potere del volo, la grande debolezza della Kryptonite e, più di tutto, lo slogan con cui tutti oggi conosciamo Superman:
“È un uccello, è un aereo?”
E con un film del 1978 che ci ha insegnato che sì, un uomo può volare, e che quel facile travestimento di un uomo fintamente goffo con gli occhiali e i vestiti larghi in realtà poteva essere credibile se il volto di Clark era quello di Christopher Reeve.
Superman: il lato umano di un essere imperfetto

Perché non piace Superman? Perché è perfetto? No, non lo è. Semmai perché non è mai estremo. In termini dispregiativi nel nostro paese potrebbe essere etichettato come democristiano, uno che non dice mai in che scarpe mette i piedi, che si limita a seguire le regole e fare il suo dovere di cittadino. Ed è anche questa una delle grandi difficoltà che hanno gli autori nell’approcciarsi al personaggio, correndo il rischio di risultare banali o di ostentare, al contrario, un potere distruttivo fine a sé stesso.
Ma se fossimo tutti vittime di un malinteso? Se non si fosse mai capito veramente quanto in realtà il boy scout d’America non sia solo questo? Superman è Kal-El, ma è anche e soprattutto Clark Kent: giornalista, originario di Smallville, Kansas, e figlio di due agricoltori. E per fortuna alcuni tra i migliori autori di sempre della storia dei fumetti ci hanno permesso di capirlo.
Da un punto di vista umano e psicologico, Superman è tutt’altro che un essere perfetto, dominante delle sue passioni. Chi, insomma, lo immagina come un Dio greco che dall’alto guarda tutto e tutti giudicando chi è meritevole di essere salvato e chi no, ha una chiave di lettura sbagliata o parziale. Due storie lo raccontano meglio di tutte: due storie che lo stesso James Gunn ha repostato sui social e che potrebbero quindi essere state parte del suo studio per la creazione del suo film.
La psicologia di Superman: Stagioni

“Stagioni” di Jeph Loeb e del compianto Tim Sale riprende la nascita di Superman, raccontando ancora una volta le sue origini quattro capitoli, come le stagioni per l’appunto, affidati ognuno a un diverso narratore. Riscoprire la nascita dell’eroe per scoprire il perché dietro le sue scelte.
Un racconto meraviglioso dove Clark, da studente adolescente, impara a trovare il suo posto nel mondo e affrontare la realtà di tutti i giorni, finanche a scontrarsi con la più umana di tutte le emozioni: la paura di fallire, la paura di non riuscire a salvare tutti nonostante il suo immenso potere.
Per poi rinascere attraverso la scoperta e l’accettazione dei propri limiti (sì, anche Superman ha dei limiti). Tutto questo grazie alle persone attorno a lui. Pa’ e Ma’ Kent che lo crescono all’insegna dei valori dell’altruismo e dell’aiuto del prossimo, ma anche e soprattutto come due genitori amorevoli che danno al proprio figlio lo strumento più importante di tutti per crescere sani: l’amore che crea autostima e consapevolezza di sé.
La fine dell’uomo d’acciaio: All Star Superman

L’altra storia caposaldo è quella che racconta la fine di Superman, sotto la penna del visionario Grant Morrison. Nel 2005 esce All Star Superman, che rivoluzionerà per sempre la concezione che si ha dell’Uomo d’Acciaio. Perché Superman non solo è in grado di fallire, ma può morire. E cosa decide di fare l’Uomo del Domani nei suoi ultimi giorni? Aiutare gli altri senza se e senza ma, senza più cercare compromessi o mediazioni, spinto dall’unico obiettivo rimastogli: lasciare al mondo un’eredità che sia una scia da seguire.
Perché Superman crede nell’essere umano e sa che l’uomo è più forte di quanto pensi. All Star Superman e Stagioni sono le due storie in cui più che in ogni altra si capisce perché Superman non nasca dal caso o dal potere, ma dalla bontà e dall’educazione. Superman nasce da Clark Kent, e Clark Kent e Superman sono quelle persone che ci capita di incontrare nella nostra vita, che ci ispirano bei pensieri, belle sensazioni, che ci scaldano. Al contrario di Batman, che si impone con la paura, Superman crea fiducia e ispirazione.
L’ideologia di Superman

Vi è poi una seconda via nel nostro ragionamento, più filosofica e politica. Abbiamo detto che Superman, superficialmente, potrebbe sembrare troppo ambiguo: la verità è che ha (e ha sempre avuto) una posizione ben precisa nell’ordine delle cose.
Esiste una storia che è più simbolica che mai in questo senso, del 2003, scritta da Jeph Loeb: What’s So Funny About Truth, Justice, and the American Way? o in italiano “Verità, giustizia e American way?”. In questo fumetto, Superman viene contrapposto all’Élite, un gruppo di antieroi che viene acclamato dalla stampa e dall’opinione pubblica per avere il presunto merito di non farsi nessuno scrupolo nell’eliminare i criminali, cosa che l’Uomo d’Acciaio non farebbe con la colpa di dare quindi a questi soggetti la possibilità di tornare a commettere illegalità.
In un meraviglioso twist finale, Superman fa assaggiare all’Élite la loro stessa medicina, dimostrando come la vendetta chiami solo altra vendetta e violenza, senza risolvere però nulla. Tema caro recentemente anche al Batman di Matt Reeves e Robert Pattinson.
Superman e l’American Way

In un mondo, insomma, che chiede sicurezza e tolleranza zero, Superman non è il boy scout arma delle istituzioni come vorrebbe anche Frank Miller nel suo Il ritorno del Cavaliere Oscuro, bensì un uomo adulto, responsabile e coerente ai valori che gli sono stati trasmessi, conscio che il suo potere corrisponde anche a un megafono delle sue azioni e degli ideali che trasmette.
La tolleranza, la capacità di sapersi fermare e la capacità di difendere la libertà sono le cose che separano Superman da un Ultraman, Homelander e qualsiasi sua versione distorta o anti-eroistica si possa concepire. Se Superman usasse il suo potere indiscriminatamente, la paura si genererebbe e di conseguenza l’essere umano si sentirebbe privato della libertà e del libero arbitrio dello stare al mondo. Il contrario di Superman, in sostanza, è un fascista.
Superman ama la natura umana, come detto, e la sua capacità di dare una seconda occasione – tema caro a quell’American Way of Life che nel tempo ha lasciato spazio a valori più globali. Superman è stato (e è ancora?) simbolo dell’America quanto lo è la bandiera a stelle e strisce o la Coca-Cola. Uomo immagine della propaganda durante la guerra, faro di speranza e rinascita dell’Occidente e dei valori americani.
Superman nel XXI secolo. Oltre gli USA

Ma cosa accadrebbe se, in un battito d’ali di farfalla, la sua navicella fosse atterrata nell’Unione Sovietica? Con questo what if, Mark Millar ci racconta il suo Superman: Red Son e crea una premessa che sembrerebbe sovvertire quanto detto finora.
Cambiando le condizioni di partenza, Superman non cresce con i Kent, non conosce l’amore degli umani, la vita di campagna e dei piccoli centri e del libero mondo occidentale, ma diventa da subito l’Uomo d’Acciaio di Stalin e della Russia Sovietica. Questo fino a quando l’incontro con Lois Lane e con una natura umana più innocente e ingenua, non spinta da mire di conquista e giochi di potere, non lo stravolgerà. L’alieno, anche stavolta, resta incantato da quello che possono fare gli umani nei loro giorni migliori e questo porterà a un grande cambiamento nell’arco della sua avventura.

A proposito di American Way: Mark Waid, con la sua “Diritto di nascita” regala nel 2003 un’altra grande storia di origini. All’indomani dell’attentato terroristico dell’11 settembre, Waid mette l’accento sul lato umano di Superman come bisogno di far parte di qualcosa, bisogno di essere accettato dalla comunità terrestre. Bisogno di non essere visto come un alieno di cui aver paura. Ed è questo che lo spinge ad agire, con le stesse intenzioni con cui Charles Xavier spinge i mutanti ad agire per il bene anche se discriminati, per mostrare che si è qualcosa di più.
Superman, il supereroe che non smette mai di ispirare l’essere umano

Per questi valori, Superman è il più umano tra gli umani. Non stupisce quindi che la sua nemesi sia l’apoteosi dell’individualismo e dell’edonismo umano. Un miliardario genio che usa il suo potere per influenzare la politica e piegarla ai suoi interessi. Egocentrico al punto in cui l’arrivo di qualcuno che da una mano è un male per i suoi affari e per la sua immagine. Una persona cresciuta sotto il peso delle aspettative genitoriali e mai educato alla compassione.
In ogni momento di crisi per l’editoria a fumetti e per gli ideali dell’occidente, Superman è puntualmente accorso dando nuova luce a questi mondi. È l’eroe che ha dato vita al genere alla fine degli anni ’30, che lo ha salvato dalla più grande crisi editoriale negli anni ’90 con la storia della sua morte e che per una straordinaria coincidenza viene chiamato a risollevare le sorti degli adattamenti cinematografici quest’anno. Ora tocca a un altro autore, James Gunn ridare credibilità a Superman.
Superman, il lato umano che fa innamorare l’alieno

Ed è ironico che nel momento in cui le attenzioni del pubblico iniziano a scemare, spinte dallo scetticismo verso la figura del supereroe, sia proprio il primo tra tutti a dover tornare a ridare speranza e sorpresa – raccontando ancora come queste storie e questi personaggi non siano solo mero intrattenimento, ma qualcosa di più. Sin dalle prime immagini del trailer, Gunn sembra aver capito bene gli umori (e soprattutto la chiave) per mostrarci al meglio un personaggio che è (e sarà sempre) Luce purissima.
Clark Kent, Superman, è esattamente l’opposto di quanto dice il Bill di Tarantino: è sì una maschera creata per ingannare, ma è tutt’altro che il modo in cui Kal El ci vede – cioè deboli. Clark Kent vede gli umani come ciò che potrebbero essere e agisce cercando di spingere altri verso questo ideale. Difficile da realizzare, certo, ma in grado di ricordare all’uomo che esiste sempre una ragione valida per cui lottare. Una luce.
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