Il potenziale deflagrante di questa biografia era una certezza annunciata. Non è un caso, infatti, che Spare – Il minore, ancor prima della sua uscita ufficiale a livello internazionale in tutto il mondo il 10 gennaio, abbia iniziato a riempire le pagine dei giornali con titoli sensazionalistici. Nessuna testata si è sottratta alla tradizionale danza per scovare lo scoop o la dichiarazione più scottante. Un’attività cui molti hanno indugiato spesso andando a decontestualizzare frasi per amplificare e distorcere il loro effettivo significato.
Alle manomissioni e alle manipolazioni di un certo tipo di media, poi, si sono aggiunte anche le interviste rilasciate dal Principe Harry a diversi giornalisti americani per spiegare le sue ragioni e la natura del progetto. Contenuti che sono stati rimbalzati su ogni piattaforma social, con una predilezione per Tik Tok. In sostanza, dunque, è stato organizzato e progettato un lancio perfetto dal punto di vista mediatico. Perché, al di là di tutto, di questo libro, in Italia edito da Mondadori, se ne continuerà a parlare per molto tempo. Per comprendere, però, la natura del suo contenuto proviamo a mettere in evidenza i punti di forza e quelli meno efficaci del progetto attraverso la recensione di Spare – Il minore.
Spare – Il minore
Genere: Autobiografia
Autore: Prince Harry
Uscita: 10 gennaio 2023
Casa editrice: Mondadori
JR Moehringer, l’importanza di un ghostwriter premio Pulitzer
Iniziamo con il mettere in evidenza una delle variabili fondamentali che è stata in grado di portare la biografia verso un livello superiore, facendola uscire dall’anonimato di questo genere letterario. Si tratta, ovviamente, di JR Moehringer, il ghostwriter chiamato ad occuparsi materialmente della stesura. Una scelta tutt’altro che casuale. Il suo nome, rivelato velocemente, non solo è stato in grado di accendere nuova curiosità ma, soprattutto, ha attribuito una sorta di bollino di qualità a tutto il progetto.
Il suo passato letterario, infatti, è sufficientemente noto per permettere ai critici d’indugiare con maggiore attenzione sullo stile narrativo di tutto l’insieme. Perché al di là delle memorie del Principe Harry, l’architetto di questa biografia e il suo realizzatore ultimo è proprio Moehringer. Una presenza che si fa sempre più chiara mano a mano che la narrazione evolve verso l’età adulta per poi esplodere nella seconda parte, quella dedicata agli anni trascorsi nell’esercito.
In questo caso, infatti, la prosa di JR diventa più descrittiva ed intimista, con l’intento di mettere a fuoco l’ambientazione esterna ed interna come saldamente legate una all’altra. Un insieme il cui compito, ovviamente, è offrire l’immagine di un uomo in evoluzione attraverso delle esperienze emotive molto forti. Il risultato è quasi un romanzo di formazione che, solamente in alcuni momenti, tende all’autocompiacimento.
Nella sua totalità, però, riesce ad offrire un insieme molto semplice da approcciare e, soprattutto, tende a non annoiare. Un risultato portato a termine attraverso un lavoro durato due anni in cui si sono succedute diverse ore d’intervista, scrematura del materiale e revisione dell’insieme. Momenti diversi in cui l’autore effettivo è riuscito a trovare un filo rosso grazie al quale connettere i diversi momenti presi in considerazione, dando un aspetto unitario e finalizzato a tutto l’insieme.
E non ci si sarebbe aspettato nulla di diverso da un premio Pulitzer e da un autore “segreto” diventato famoso per aver formato un’altra biografia campione di vendita. Stiamo parlando, ovviamente, di Open, realizzata con Andre Agassi che, nel 2009, lo ha reso famoso a livello internazionale. Sempre che ce ne fosse ancora bisogno. Moehringer, infatti, è anche l’autore della sua autobiografia, Il bar delle grandi speranze, diventata il film The Tender Bar, diretto da George Clooney.
La morte e la perdita, il tema ricorrente di una vita
Come già accennato, Spare, grazie all’intervento di Moehringer, non è solamente un insieme di eventi il cui scopo è appagare la curiosità di appassionati di gossip reale. Anzi, chiunque speri di trovare al suo interno delle rivelazioni incredibili, capaci di sovvertire le sorti di una famiglia e di rendere tutto più pruriginoso, può mettersi tranquillamente l’anima in pace. Nonostante quanto urlato ai quattro venti fino ad ora, infatti, il tono utilizzato e le parole scelte sono calibrate con molta attenzione e, se riportate all’insieme della narrazione globale, affatto scandalose ed offensive.
Piuttosto, pagina dopo pagina, è interessante vedere come si vada a delineare sempre più chiaramente quel filo narrativo unico, capace di muoversi attraverso gli anni e i diversi eventi, andando a dare loro un significato specifico. In modo particolare evidente è la tematica della morte che, nelle tre parti della biografia, fa chiara mostra di sé. Non è un caso, infatti, che questo memoir inizi con un momento, gestito forse in modo troppo enfatico e con dei picchi di “romanticismo”, durante i funerali del Granduca di Edimburgo, il Principe Filippo.
Dopo questo incipit, poi, al lettore è imposto un salto temporale. Il luogo è Balmoral e il giorno è il 31 agosto 1997. Ovviamente ci si riferisce molto chiaramente alla morte di Lady Diana e di come, oltre a tutto ciò che è accaduto successivamente, questa abbia cambiato completamente la percezione della vita e del futuro di un ragazzino di 12 anni. Perché, sorvolando la ricostruzione del momento, diventato memoria collettiva, si comprende come il tema della morte non abbia più abbandonato Harry.
Nonostante la negazione iniziale, infatti, l’idea stessa della perdita diventa un elemento centrale della sua vita che, oltretutto, si sublima maggiormente durante gli anni nell’esercito e, in particolare, nel servizio in Afghanistan. In questo modo, dunque, la morte diventa una compagna silenziosa che, però, di tanto in tanto fa sentire la sua presenza incombente anche nel periodo successivo il matrimonio con Meghan.
A questa, poi, si aggiunge il concetto di perdita che, prima con l’inaspettata morte della madre, poi con il matrimonio del padre e del fratello, portano Harry ad una serie di distacchi e di addii emotivi. Nulla di loro, però, è comparabile al primo che torna, quasi ciclicamente, in ogni racconto o singolo momento come lo spettro di uno strappo che non verrà mai ricucito.
Harry, vittima o traditore?
La risposta a questa domanda è più semplice di quanto si possa pensare: nessuno dei due. Ciò che Spare mette in evidenza, infatti, è un concetto al tempo stesso semplice ma complesso come la difficile rielaborazione di un lutto e tutto ciò che ne comporta. Com’è stato già evidenziato, la morte della madre ha rappresentato per Harry non solamente un evento traumatico ma anche la causa di una serie di effetti a catena.
Primo tra tutti il rapporto conflittuale che sembra avere nei confronti della stampa. Posto che i tabloid britannici sembrino non essere mai stati a conoscenza del normale senso del limite, ad infastidirlo non è tanto la sua personale esperienza con loro. O, almeno non solo. Questo rapporto, infatti, è deviato e amplificato soprattutto a causa di quanto accaduto a Diana. E non solo negli atti finali della sua esistenza.
Ciò che si avverte, infatti, è una costante sensazione di esposizione e di vulnerabilità. In modo particolare, poi, quest’ultima sembra essere causata ed amplificata da un palazzo in cui la difesa dei suoi membri non è un’opzione prevista. Per non parlare degli interessi personali e delle rivalutazioni dell’immagine a discapito di altri che, inevitabilmente, incidono sui rapporti famigliari. Anche tra padre e figlio. In questo senso, dunque, andando oltre la superficie dei singoli eventi, si ottiene il ritratto di un uomo che, dentro di sé ospita ancora quel ragazzino di dodici anni cui nessuno ha chiesto scusa per aver causato la perdita di un genitore.
Può sembrare infantile, forse perfino semplicistico. Eppure non si possono discutere i nodi emotivi che tengono in ostaggio la serenità dei singoli. E, per Harry, la sorte di Diana è l’elemento centrale intorno al quale strutturare le proprie convinzioni e comportamenti come membro della famiglia, uomo, marito e padre. Non c’è un solo aspetto della sua vita che non parli di questo. Anche la sua incomprensione con il fratello e il padre, nasce dall’esigenza di proteggere e tutelare se stesso e chi ama, continuando anche la cieca ricerca di un’espressione affettiva che, forse, semplicemente non appartiene loro.
Così, al di là di tutta l’evidente motivazione economica di questo progetto che, ovviamente, non viene certo messa in secondo piano, esiste effettivamente un’esigenza diversa, più personale ed intima. Che sia frutto della retorica di Moehringer o dei ricordi sapientemente scelti per essere efficaci all’interno della struttura narrativa, il risultato non cambia. Si ottiene un ritratto che riesce ad avere un potenziale emotivo con un protagonista che, alla fine dei giochi, vuole solo un’ammissione di fallibilità da parte della propria famiglia. Un sentimento che accomuna molti più adulti di quanto non si possa credere.
La recensione in breve
Sulla copertina di Spare c'è riportato a grandi lettere il nome del Principe Harry ma è assolutamente chiaro che il vero autore di questo progetto sia JR Moehringer. Almeno per quanto riguarda l'aspetto puramente letterario. Grazie a due lunghi anni di lavoro, infatti, ha provato a ripetere, almeno in parte, lo schema vincente di Open. Il suo scopo è rimandare un ritratto naturale, quanto più vero ed ematico puntando sul racconto intimo e meno sui particolari da gossip. Una scelta che, in gran parte si dimostra vincente, anche se in questo caso deve confrontarsi con una storia narrata fino ad ora in modo troppo pubblico e con i preconcetti di un'opinione pubblica che si sente già perfettamente informata sui fatti.
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Voto ScreenWorld