Flood

“Il paesaggio era pieno di apparecchiature e rottami collegati, in un modo o nell’altro, all’impianto. Nell’orizzonte del Mälaren, Si stagliavano le onnipresenti torri di raffreddamento del reattore di Bona con le loro luci di segnalazione

Mezzi futuristici, strane creature e tutta la straniante tranquillità del mondo come lo conosciamo. Sono questi i punti fermi di Simon Stålenhag , illustratore svedese che negli ultimi anni ha raccontato un mondo distopico in cui la tecnologia ha dato un’altra direttrice all’evoluzione dell’umanità. Non una fantascienza strutturata come nel caso dei grandi autori, quanto piuttosto una visione concettuale di possibilità future.

In un periodo in cui l’arte si cimenta con le pericolose ingerenze dell’IA, Stålenhag ha compiuto un percorso autoriale che si emancipa da questo diverbio. Il suo approccio artistico non è meramente illustrativo, ma segue una direttrice narrativa precisa, muovendosi tra il concept design e la costruzione di un ideale storyboard. Le sue opere, edite in Italia da Mondadori nella collana Oscar Ink, sono legate da un fil rouge evidente, mostrando tutta la potenza di un world building incredibilmente solido.

Creare un nuovo mondo

Immagine di Simon Stålenhag - © Simon Stålenhag
Immagine di Simon Stålenhag – © Simon Stålenhag

L’evoluzione tecnologica, nel mondo di Stålenhag , diverge da quella storica dopo il secondo conflitto mondiale. In Russia, la scoperta dell’effetto magnetrine porta alla creazione di navi magnetiche, che diventano il simbolo dell’importanza tecnologica. Ma sono anche la scintilla di nuova competizione con il nemico di sempre, gli States, che non tardano a costruire il loro primo acceleratore di particelle.

A sorpresa, la Svezia entra di prepotenza in questa corsa tecnologica, costruendo il più imponente acceleratore di particelle, detto Loop. La presenza di questo impianto scientifico porta alla comparsa di fenomeni inspiegabili, indici che questa tecnologia non sia così pienamente sotto controllo come pensato.

Stålenhag  immagina che il punto di vista di questa distopia siano dei ragazzini. Cresciuti in un mondo in cui avveneristico e vintage convivono, i loro occhi sono in realtà quelli dell’autore, che si cala pienamente nella parte e diventa voce narrante di una realtà alternativa, in cui i sui pensieri sono interpretati al meglio dalle sue vivide illustrazioni

Flood

“I veicoli di servizio della Riksenergi – La compagnia elettrica nazionale – pattugliavano le strade e lo spazio aereo. Macchinari bizzarri si muovevano nei boschi, nelle radure e nei prati. L’energia prodotta là sotto e metteva delle vibrazioni che, attraverso le rocce ignee passando per i mattoni e le lastre di Eternit, giungevano nel nostro soggiorno

Ricordo di un mondo passato

Immagine di Simon Stålenhag - © Simon Stålenhag
Immagine di Simon Stålenhag – © Simon Stålenhag

Nell’incedere della sua narrazione, Stålenhag  non si sottrare alla dicotomia scienza/nostalgia. Per quanto la presenza di robot che si muovono nelle verdi pianure della Svezia possa colpire l’occhio del lettore, non sfugge come questa tecnologia abbia un sapore retrò, ulteriormente caratterizzata da un senso di decadenza.

Segni di usura, degrado urbano e una predominanza di toni freddi sono segni evidenti di una caratterizzazione emotiva precisa. Il design post-industriale, unito a una visione quasi brutalista dell’architettura distopica, non trasmettono un senso di meraviglia, quanto piuttosto la sensazione di una sconfitta, un’occasione perduta.

Non è un caso che parlando delle sue ispirazioni, Stålenhag  citi, tra gli altri,  due nomi che hanno segnato profondamente l’immaginario collettivo

Simon Stålenhag

“Artisti tradizionali della fauna selvatica e del paesaggio come Bruno Liljefors, Anders Zorn e Lars Jonsson. Anche molti pittori di paesaggi russi. E per progetti meccanici e veicoli sono molto ispirato da artisti come Syd Mead e Ralph Mcquarrie , ma sono in debito con artisti concettuali contemporanei come Ian Mcque, Scott Robertson e Ryan Church

Mead è stato l’artefice del design post-industriale e fatiscente di Blade Runner, mentre McQuarrie ha battezzato l’impianto visivo di Star Wars. Due influenze evidenti, specialmente nello studio della costruzione dell’illustrazione, dove Stålenhag  mostra una certa sintonia con la struttura di McQuarrie.

La caduta di una società

Immagine di Simon Stålenhag - © Simon Stålenhag
Immagine di Simon Stålenhag – © Simon Stålenhag

Leggendo Loop, Flood o Electric State si rimane folgorati da questa visione pulita ed emotivamente travolgente, grazie alla progressione narrativa di Stålenhag . Se Loop è lo specchio della fascinazione infantile per la tecnologia, Flood diventa il punto di svolta di una visione che influenza e viene influenzata dalla percezione adolescente del protagonista.

La chiusura del Loop e la perdita del controllo della tecnologia apre una connessione con un altrove da cui fuoriesce un liquido scuro che infetta la tecnologia, rendendo la servile tecnologie un’incognita quotidiana. Sino alla lotta tra I.A. e umanità, contrasto quantomai attuale che in Electric State trova la sua perfetta rappresentazione.

E con la perdita dell’innocenza del mondo conosciuto in Loop, si perde il sense of wonder, riemerge quel sentore luddista di pericolo della tecnologia. Una nuova sindrome di Frankestein che porta alla guerra, alla distruzione di un mondo che da idilliaco si trasforma in memoria inacidita di un’occasione perduta. Non a caso i diversi capitoli del mondo di Stålenhag  si legano a precisi decenni, iniziando dagli anni ’80 di Flood – figli di un immaginario condiviso con Stranger Things – passando al più concreto e disilluso decennio di fine ‘900.

Un percorso che si completa con la caduta di questo mondo vista in Electric State, il momento in cui Stålenhag  sembra voler dare una seconda, oscura genesi al suo mondo:

Electric State

“La guerra era stata combattuta e vinta dai piloti di droni, persone che stavano in sale di comando lontane dai campi di battaglia, dove macchine senza conducente si erano scontrate tra loro in un gioco di strategia durato più di sette anni. […] I danni collaterali erano stati di due tipi: i civili che avevano avuto la sfortuna di cadere vittime del fuoco incrociato e i figli dei piloti federali che, in tributo alle divinità delle tecnologie per la difesa, nascevano tutti morti.”

Parole e immagini per raccontare una realtà

Immagine di Simon Stålenhag - © Simon Stålenhag
Immagine di Simon Stålenhag – © Simon Stålenhag

Nell’interessa della sua opera, Stålenhag ritrae un mondo avvincente e credibile attraverso poche parole associate a un’immagine straordinaria, creando una suggestiva sinergia tra l’ermetismo del testo e l’impattante ritratto emozionale di questo mondo. Una ricchezza che sembra, tuttavia, vivere maggiormente nelle storie di contorno, che scavano maggiormente nell’anima del lettore, quasi relegando in secondo piano l’elemento sci-fi.

La particolarità dei volumi di Stålenhag risiede proprio in questa perfetta crasi tra testo e illustrazione, capace di toccare in modo insolito le corde emotive dei lettori. Oggeti avulsi al nostro quotidiano inseriti in contesti di normalità, perfettamente integrati nella composizione delle illustrazioni, senza voler imporre tassativamente il focus sul comparto tecnologico. Ne risulta la visione organica di un retro-futurismo in cui convivono sinergicamente la bellezza naturale e le tracce di una tecnologia fatiscente, con neve e ruggine, case diroccate e imponente torri hi-tech, rendendo tutto quotidiano.

Merito della perizia con cui Stålenhag  si dedica al design tecnologico. Risultato di una profonda ricerca, in cui la ritrattistica di robot e dispositivi è legata alle possibilità futuribili del periodo in cui son ambientati i diversi capitoli della sua storia. E nonostante una cromia simile alla pittura ad olio, l’intero ciclo di Stålenhag  è realizzato in digitale.

Oltre le pagine

Immagine di Simon Stålenhag - © Simon Stålenhag
Immagine di Simon Stålenhag – © Simon Stålenhag

A tutti gli effetti, quanto realizzato da Stålenhag  è una titanica opera di world-building, che nulla ha da invidiare ad altri grandi cicli della sci-fi più mainstream, come il Ciclo della Fondazione o Dune. La sua visione distopica è molto più concreta ed esperibile dal pubblico, sul piano concettuale, un tratto che ha reso questo mondo appetibile per il mondo dell’entertainment.

La complessità di questa trasposizione non è tanto sul piano narrativo, che per quanto apparentemente spartana nella narrazione, richiede una precisa preservazione. Se la serie Tales from the Loop di Prime Video sembra riuscire in questa operazione, meno convincente è il risultato di Electric State di Netflix, che sembra solo scalfire la complessità dell’universo di Stålenhag .

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Classe '81, da sempre appassionato di pop culture, con particolare passione per il mondo dei comics e la fantascienza. Dal 2015 condivide queste sue passioni collaborando con diverse testate, online e cartacee. Entra nella squadra di ScreenWorld come responsabile dell'area editoria con una precisa idea: raccontare il mondo del fumetto da una nuova prospettiva