Se volessimo dare un nuovo sottotitolo a questa recensione, potremmo scegliere tra: “Storia di un pettirosso e della bambina che gli insegnò a volare” o, dopo un’attenta lettura, “Raccontare una fiaba moderna. Lo stai facendo nel modo giusto”.
La sottile arte del fumetto che – proprio come i canti degli uccelli imitatori – da sempre, insieme al teatro e al cinema, inscena la realtà attraverso sequenze di immagini, ci regala uno spaccato di libertà attraverso gli occhi di una bambina diversa dalle altre, attenta sia alle esigenze dei saltimbanco, sia a quelle di un pettirosso.
Una nuova definizione di libertà e tavole e di tavole libere, in cui espandere il racconto attraverso tutta la sfera sensoriale a nostra disposizione: dai colori di un tramonto che sfuma, fino al suono delle foglie. In questa nuova definizione di nona arte, Arianna Melone acquerella un tempo fatto di nuvole violacee e sentimenti che meritano molto più spazio per essere capiti, come le lacrime quando bagnano troppo a lungo lo stesso dolore.
STORIA DI UN PETTIROSSO E DELLA BAMBINA CHE GLI INSEGNO’ A VOLARE

In Robin e il pettirosso Arianna Melone ci regala una fiaba contemporanea dai toni soffici e onirici. La copertina stessa, con Robin (una bambina dai corti capelli rossi) che tiene teneramente sul capo il pettirosso ferito, preannuncia il tono dell’opera: un racconto rivolto principalmente a un pubblico di giovani lettori ma, “su più livelli”, anche agli adulti, come un modello Pixar senza occhi gigante sullo fondo.
L’autrice, si sposta dalla Bologna degli anni settanta, per approdare a un passato più intimo e insicuro ed esplora in questa storia temi universali come la paura e la cura reciproca con uno stile gentile e meditativo. La protagonista è Robin, la bambina della porta accanto, che tornando a casa da scuola incrocia per caso il cammino di una trampoliere e di un pettirosso ferito. È l’inizio di un viaggio in cui Robin dovrà prendersi cura dell’uccellino e, al contempo, scoprire risorse interiori nascoste e un senso di libertà oltre le proprie paure.
Le stesse paure che accompagnano chi scrive e disegna, chi inventa e racconta storie, chi ha scelto di vivere il proprio tempo in maniera diversa. Per questo, chi legge le pagine di Arianna Melone, è sia Robin, sia il pettirosso, sia chi cade e chiede aiuto.
LEZIONI DI VOLO

Il cammino di Robin si carica di significati simbolici: lungo il tragitto gli abitanti del bosco hanno le fattezze delle paure e delle emozioni profonde, le stesse che i bambini vergano colorando fuori dai bordi, proprio come nei ringraziamenti dell’autrice.
Il fallimento e il cambiamento non vengono spacciati per errori, ma per deviazioni da un (non)percorso. Ed è nella struttura del viaggio, la necessità di lasciar andare per accogliere il nuovo. In altre parole, il percorso verso il veterinario diventa un’allegoria del passaggio dall’infanzia all’età adulta: emanciparsi dalle proprie ansie significa accettare il nuovo e abbandonare la zona di comfort.
In questo contesto fatto di continue lezioni di volo, la libertà si declina come apertura interiore: Robin impara che affrontare l’ignoto e aiutare l’altro sono modi per liberarsi dalle proprie catene emotive. O per librarsi, a seconda della quantità della vostra fantasia e, soprattutto, dei vostri sogni.
Un tema centrale è infatti l’empatia: la storia sottolinea che la fiaba insegna come tendere la mano all’altro sia un antidoto alle insicurezze di tutti i giorni. Le stesse che, forse, hanno condotto Arianna Melone da Bologna al canto soave del pettirosso, passando per il prix francese.
LA FORMA DELLE NUVOLE

Avete mai giocato alla forma delle nuvole?
E’ un gioco che si fa sollevando gli occhi al cielo per identificare le silhouette che riempiono il cielo.
Secondo noi, l’autrice ci ha giocato proprio mentre imparava a disegnare, a scrivere e a creare arte attraverso la vista.
Infatti, Arianna Melone utilizza una narrazione dall’andamento pacato e poetico, propria delle fiabe più delicate. Il ritmo è meditativo: non ci sono azioni frenetiche, ma piccole prove simboliche scandiscono la giornata di Robin come capitoli di una favola. I dialoghi sono essenziali, e ogni incontro riveste significati emotivi che fanno riflettere il lettore.
La costruzione dei personaggi privilegia l’aspetto psicologico: Robin appare fin da subito altruista e determinata, mentre gli altri personaggi agiscono come specchi delle sue paure interiori. Dal punto di vista grafico, Melone adotta uno stile leggero e sfumato, proprio come le scelte che determinano le nostre vite.
Le tavole, dai colori pastello e con contorni quasi abbozzati, creano un’atmosfera ovattata e sognante. Le immagini evocano simbolismi visivi: il sentiero in salita e il volo incerto dell’uccellino accentuano il senso di viaggio iniziatico, mentre gli spazi bianchi intorno alle vignette amplificano il carattere onirico della fiaba. D’altra parte, la coerenza emotiva nel tratto dell’autrice era già stata notata altrove, in quella Malombra che, con Robin, diventa incanto.
IMPARARE A SOGNARE

Una delle migliori poesie della musica italiana recita: “Ho imparato a sognare che non ero un bambino, che non ero neanche un’età”. Robin e il pettirosso conferma come anche le storie, apparentemente semplici, possano avere una profonda risonanza emotiva.
La delicatezza narrativa e la qualità pittorica del volume costituiscono il suo punto di forza, proprio perché le immagini suggeriscono ricordi e vite che, forse, non abbiamo nemmeno vissuto.
Arianna Melone riesca a commuovere con equilibrio: la conclusione, tutta suggerita e priva di toni enfatici, mostra che la vera libertà si conquista tendendo la mano agli altri. Una fiaba grafica che rimane un piccolo gioiello emozionante e poetico, capace di regalare al lettore – grande o piccolo – l’incertezza di un tempo lontano.
Come se non fosse più del tutto necessario distingue la letteratura adolescenziale da quella adulta. Un gioco di stile o, meglio ancora, una lezione di volo.
Conclusioni
Un'opera sognante che commuove senza semplificare l'inevitabile passaggio dall'infanzia all'età adulta.
PRO
- Gli acquerelli
- Il legame con i protagonisti
- La profondità del linguaggio
Contro
- L'idea di partenza suona ripetitiva
-
Voto Screenworld