The Love Hypothesis è stato senza dubbio un vero e proprio caso editoriale che ha spopolato sui social, prima di arrivare in Italia grazie a Sperling & Kupfer. Il romanzo di Ali Hazelwood (qui la nostra recensione)ha avuto il merito di spostare l’attenzione dei lettori di genere in una nuova ambientazione, quella degli studi STEM che, unita allo stile di scrittura della sua autrice, hanno sancito un successo che è pronto a bissare con Love on the brain, nuovo romanzo della Hazelwood che esce l’11 aprile in libreria.
Di cosa parla Love on the brain?
Bee Königswasser è una neuroscienziata dal passato colmo di tragedie e instabilità che l’ha portata a sviluppare una semplice routine morale. Agisce nella vita rispondendo a una sola domanda: cosa farebbe Marie Curie? Questa domanda l’ha spinta a creare un account su Twitter in cui affronta tutte le questioni più spinose che le donne dell’ambiente STEM devono fronteggiare per potersi muovere in un mondo storicamente e culturalmente maschile e maschilista. La sua vita però subisce una svolta quando riceve un’offerta di lavoro alla NASA, in Texas, per un progetto che rappresenta un vero e proprio sogno ad occhi aperti. Peccato che il sogno si tramuta in incubo quando si rende conto che dovrà lavorare con Levi Ward, sua nemesi dai tempi del dottorato, che sembra odiare tutto quello che Bee è e rappresenta. Coi suoi capelli colorati, i piercing che le decorano il volto e la sua voglia di dimostrare davvero di cosa è capace, Bee si renderà presto conto che le apparenze ingannano molto più spesso di quanto sarebbe lecito presumere.
Che fatica essere una donna STEM!
Il genere romance è stato a lungo bistrattato e deriso per non essere un genere degno di un cosiddetto lettore forte. Vittima costante di pregiudizi, il romance è rimasto un genere ghettizzato dietro la convinzione di non essere in grado di raccontare qualcosa di vero, qualcosa che sia degno di essere letto. I social, negli ultimi cinque anni, hanno portato a una vera e propria rivoluzione nella fruizione e nella percezione del romance, che sta svestendo le sue vesti da guilty pleasure, per trasformarsi in una lettura degna di essere affrontata. Soprattutto quando questa è accompagnata da riflessioni tutt’altro che scontate.
Love on the brain prosegue la riflessione che Ali Hazelwood aveva già iniziato con The Love Hypothesis, quando la storia d’amore tra i protagonisti si sviluppava sullo sfondo dell’ambiente STEM, vale a dire l’ambiente legato alle materie scientifiche e tecnologiche che per tanti (troppi) decenni sono stati luoghi elitari, in cui le donne erano costrette a sgomitare anche solo per farsi notare. Love on the Brain continua questa riflessione e la approfondisce: in questo romanzo delizioso e da divorare in poche ore, l’autrice non si limita a creare uno sfondo inedito e interessante, ma affronta molte tematiche legate al gender gap che esiste ancora, soprattutto in ambito scientifico e accademico.
Love on the brain si mostra allora una lettura anche socialmente e culturalmente attuale, proprio per la sua capacità di descrivere con semplicità ma partecipazione numerosi problemi: come la mancanza di figure femminili di rilievo in ambito scientifico, la difficoltà delle donne di venir prese sul serio a prescindere dal loro aspetto o dal loro abbigliamento. Ali Hazelwood riflette, attraverso la sua protagonista, sul maschilismo interiorizzato che persiste in alcuni ambiti dove una donna non viene mai interpellata con il proprio titolo (in questo caso, dottoressa), ma sempre con qualche vezzeggiativo come “signorina”, che punta proprio a sminuire l’autorialità e la preparazione di una persona.
Non c’è più spazio per la Mary-Sue
A questo discorso si unisce anche la costruzione di una protagonista che è ormai distante anni luce dalla Mary Sue che ha popolato la letteratura di genere fino ai primi anni Duemila. La protagonista non è più una donna dall’aspetto angelico, che attende in un angolo di essere salvata dalla propria quotidianità abitudinaria e dalla propria solitudine dall’arrivo di un uomo. Bee è una donna capace di grande indipendenza, che ha imparato sin da piccola a cavarsela da sola. È una donna che non rientra facilmente in qualche standard di bellezza e che, anzi, quasi si vanta della sua incapacità di abbandonare il divano per assomigliare di più a una qualche fantasia maschile.
Allo stesso tempo non è una donna sottomessa che accetta tutti i soprusi in attesa di un periodo più positivo. Bee combatte per quello in cui crede e, soprattutto, non ha timore di mostrarsi abile sul suo lavoro. In un mondo in cui le donne devono ancora abbassare il capo e far finta di saperne un po’ meno di quanto in effetti non sia per non ferire la virilità di un uomo al potere, Bee procede per la sua strada, corregge gli errori dei suoi colleghi maschi e continua a spiegar loro le cose, anche quando questi si dimostrano reticenti all’apprendimento.
Un libro perfetto?
Detto ciò, Love on the brain non è un libro perfetto. Nonostante lo stile di scrittura fluido e pieno di ironia che spinge chi legge a divorare in fretta le pagine, ci sono un paio di elementi che potrebbero far storcere il naso. Se, col personaggio di Bee, si è cercato di andare oltre gli stilemi del genere, il personaggio di Levi è ancora troppo impantanato in una certa ricorrenza di elementi. Nonostante sia un vegano che cucina, si prende cura degli animali e si è in qualche modo svestito della virilità tossica di certi maschi alpha della letteratura, l’insistere sulla sua imponenza fisica, sul suo essere altissimo, muscolosissimo e fortissimo, appiattisce un po’ la costruzione del personaggio.
A questo si aggiunge che la struttura di Love on the Brain somiglia davvero molto (forse troppo?) a The Love Hypothesis, e Levi potrebbe essere facilmente scambiato come il gemello di Adam, tanto nei modi quanto nell’aspetto fisico. Non che questo sia un errore in generale: è plausibile che un’autrice abbia il proprio protagonista feticcio su cui costruire le proprie storie. E c’è una fetta di pubblico che, coscienziosamente, accetta e aspetta di leggere varianti della stessa storia. Tuttavia se ci fosse stato solo un po’ più di diversificazione tra le due storie d’amore, Love on the brainavrebbe guadagnato qualche punto in più.