Un stufa poggiata sulla sabbia fredda, in riva al mare, accoglie il vento pregno di salsedine e conforta il cuore di un amico. Accanto a lei, seduto, un giovane osserva l’orizzonte con lo sguardo perso nel vuoto. Spezzato, scoraggiato, il rassicurante calore della stufa scioglie il suo cuore di ghiaccio, dipanando la fitta nebbia di malinconia ed esortandolo ad accogliere la nuova speranza del mattino.
Quand’è stata l’ultima volta che ho pensato che qualcosa fosse bello?
Ed è così che il lettore viene catapultato nel cuore della poesia di Kogani Oshiro, La stufa in riva al mare e altre storie, un’antologia di toccanti novelle vincitrice ai Kono Manga ga Sugoi! 2024 per il pubblico femminile e giunta in Italia grazie a J-POP Manga. Sette racconti brevi che mescolano elementi un po’ fantasy a un realismo quasi doloroso. Un’opera al contempo fragile e luminosa, che crede nella potenza delle emozioni quotidiane, colpendo più a fondo di qualsiasi altra antologia.
Neve che illumina, elimina, ovatta, copre.

Nella sua delicata espressività, Kogani Oshiro riesce a cogliere e restituire le infinite sfumature dell’esperienza umana. Con un tratto grafico leggero ma incisivo, e un uso calibrato dei neri, l’autore non abusa dei retini, costruendo tavole visivamente potenti. I suoi personaggi, intrisi di umana vulnerabilità, si muovono in paesaggi ovattati dalla neve, attraversando il dolore e la gioia, la vita e la morte. Ed è proprio la neve – yuki, in giapponese – a diventare un elemento cardine della narrazione, insinuandosi silenziosa, abbracciando ogni storia. Fioccando leggiadra, cela e svela, cancella e rivela, copre il dolore e fa emergere la bellezza delle cose. Ma soprattutto, impone ai personaggi una pausa, costringendoli a rallentare.
Ma perché proprio la neve? Ebbene, nel contesto culturale nipponico, la neve è un potente simbolo di purezza, silenzio, impermanenza e rinascita. Fin dai tempi antichi, è stata celebrata in tutte le forme d’arte – dalla poesia agli haiku, dalle stampe ukiyo-e al teatro – divenendo emblema dell’estetica stagionale del Paese. In poesia, la neve allude al vuoto zen e alla ciclicità della natura, annulla il passato e introduce un rinnovamento. In alcune opere teatrali simboleggia la morte eroica e la sincerità assoluta, mentre il suo legame con i fiori di ciliegio è emblema di bellezza effimera.
Nelle tradizioni shintoiste e buddhiste, infine, il candore della neve rappresenta la purificazione, l’ascesi e il contatto con il sacro. Anche oggi, la neve conserva il suo fascino: la hatsuyuki, la prima neve, è segno di buon auspicio. Dunque, tutt’ora è archetipo e metafora viva di silenzio, mutamento e fragile bellezza. Ed ecco perché protagonista silente dell’antologia di Oshiro.
La stufa in riva al mare e il folklore nipponico

Sumio ed Ecchan convivono “felicemente” quando, un giorno, il giovane viene lasciato dalla fidanzata. Una doccia fredda, ghiacciata per un tipo timido e introverso come lui. Eppure, ad uno sguardo più attento, la loro relazione già sembrava arenata da tempo. Ad assisterlo in questa solitudine improvvisa c’è un la sua saggia stufa parlante, in grado di esaminare e, al contempo, ricordare i momenti felici della loro relazione. È lei a suggerirgli di esaudire un desiderio inespresso di Ecchan: andare al mare in pieno inverno. Anche se fa freddo, anche se piove. La scena ha un che di assurdo, ma trabocca di tenerezza mista a malinconia. Come se la stufa fosse un’amica, un essere umano: uno tsukumogami a tutti gli effetti.
Del resto, non mancano riferimenti al folklore giapponese nel corso dell’opera, come dimostra L’Estata di Yukiko. La novella narra la vicenda di una camionista che si imbatte in una yuki-onna, spirito delle nevi, eppure anche in questo caso l’elemento mitologico diventa uno strumento per esplorare la condizione umana. La yuki-onna, infatti, si ribella al destino ciclico di oblio e rinascita imposto alla sua stirpe: vuole essere ricordata, poicHè è l’unico modo che ha di esistere.
Esisto ancora, se nessuno può vedermi?

Se non riesco più nemmeno a vedermi io stesso?
Questa la frase che racchiude l’intero significato del racconto Prima che tu fossi invisibile, una storia che esamina e sviscera il significato di identità. Sempre in merito a questo tema troviamo Abbracciare la neve, la storia di Wakana, una giovane donna che scopre di essere incinta. Attanagliata dal dubbio, si confida con la sconosciuta Koko, rivelandole di non riuscire ad essere del tutto felice. Immagina il suo corpo come un qualcosa di destinato a non appartenerle mai davvero, sin dall’alba dei tempi. Prima dei suoi genitori, poi degli uomini, poi del suo compagno, infine del bambino.
Dunque la maternità, qui, non è intesa come qualcosa di “positivo a tutti i costi”, bensì quale avvenimento che cambia radicalmente la vita di una persona, minando in un certo qual modo anche la sua identità. Tuttavia, nulla vieta a Wakana di abbracciare questo dolore e le sue perplessità: avere paura di perdersi non la renderà un a madre peggiore.
Non tonni, ma esseri umani ordinari

Tuttavia, se dovessi scegliere il motivo che mi ha spinta a valutare positivamente l’opera, è la storia intitolata Dal fondo del mare. Fukaya è una donna, ormai: ha un lavoro poco stimolante e un capo che le dà il tormento, ma un compagno amabile e presente. La giovane si ritrova spesso a pensare a “come sarebbe andata la sua vita” se avesse seguito la sua passione: la scrittura. Il dubbio s’insinua dentro di lei, facendo capolino in seguito ad un incontro gioviale in compagnia di due sue colleghe di università, entrambe impegnate – a modo loro – nel mondo dell’editoria.
Due lucenti tonni, eppure attanagliati da un senso di incompletezza e insoddisfazione, proprio come lei: qualcosa manca a tutte e tre. Momo, dunque, si fa coraggio e parla della questione al suo compagno, che analizza il fenomeno con lucida amorevolezza, inducendola ad aprire gli occhi.
Hai iniziato a lavorare e ti stai abituando al tuo lavoro. Paghi l’affitto, ripaghi il tuo debito studentesco… quello che stai facendo è costruire la base della piramide. Sono sicuro che, per te, scrivere romanzi sia in cima, lassù. Quando la tua piramide sarà completa, riuscirai di nuovo a scrivere.
Un’illuminazione, quella di Momo e la mia, di tutti noi che viviamo di scrittura e che senza ci sentiamo persi, costretti a boccheggiare in un oceano di insoddisfazione. Scrivere, seguire le nostre passioni, è ciò che ci consente di vivere davvero, ma non implica “essere tonni”. La scrittura non dev’essere per forza alla base della nostra vita, no. Può anche palesarsi quale punto d’arrivo, quel tanto che ci vuole per farci riemergere.
Non servono troppe parole per spiegare ciò che abbiamo dentro.

Ogni racconto di La stufa in riva al mare è costruito sulla base di lentezza e silenzio, proprio come la neve che, cheta, ovatta i passi dei protagonisti. Sembra proprio che Oshiro sia covint* di una cosa: non servono troppe parole per spiegare ciò che abbiamo dentro. Basta il silenzio, l’inquadratura di un paesaggio innevato, il nero che si dipana per lasciar spazio alla luce. E questo è dato anche dal piglio registico, quasi cinematografico, di Oshiro nell’orchestrare le sue tavole.
Semplicità, un uso ben calibrato dei neri, la capacità di colpire il lettore nel profondo, illuminando angoli bui e tenebrosi. Queste le ragioni per cui l’opera in questione ha conquistato il pubblico giapponese, e che ha commosso – in parte – anche quello italiano.
Non uno shonen, né uno shojo, né un seinen, semplicemente un diario che racconta di relazioni spezzate, di legami improbabili, di rinascite e riappropriazione della propria identità, di coltivare passioni. È un inno alla dolcezza malinconica della vita, un invito a rallentare, a guardarsi dentro, a riscoprire le emozioni sotto la superficie del quotidiano. Ricordate di fermarvi, di osservare l’orizzonte e chiedervi:
Quand’è stata l’ultima volta che ho pensato che qualcosa fosse bello?
Conclusioni
Un’antologia delicata e intensa che affronta solitudine, maternità, identità e passioni. L’intera narrazione è immersa in un’atmosfera malinconica e sospesa, dove la neve - simbolo di purezza, silenzio e trasformazione nella cultura giapponese - guida i personaggi verso la consapevolezza e il cambiamento. Oshiro intreccia realismo e folklore, utilizzando il mito per approfondire l’animo umano. Senza bisogno di grandi parole, l’autor* suggerisce al lettore di rallentare, ascoltarsi e riscoprire la bellezza nascosta nel quotidiano.
The Good
- Stile pulito, tratto leggero, semplice
- Storie che scavano nel profondo
- Ogni storia è cucita addosso ad almeno un lettore
The Bad
- Non tutte le storie sono
- Il realismo delle emozioni e i temi trattati
-
Voto ScreenWorld