Esistono storie dell’orrore che non necessitano di creature mostruose o apparizioni terrificanti per suscitare angoscia. Racconti che s’insinuano con discrezione nella mente del lettore, lasciando dietro di sé una scia di turbamento silenzioso e persistente.

La Strana Casa, adattamento manga dell’opera “Henna Ie” di Uketsu ed edito in Italia per J-POP Manga, riesce nell’intento di inquietare e perturbare gli animi dei lettori. Una storia che racchiude un mistero di sangue, un detective dell’occulto incuriosito dalla singolare planimetria di una casa famigliare. Le mura sanno parlare, se si sa ascoltare.

Un mostro in calcestruzzo

La strana Casa, © J-POP Manga
La strana Casa, © J-POP Manga

Il vero mostro della nostra storia non è un’entità malvagia o un criminale sfuggente, ma la casa stessa. Un’abitazione che, pur apparentemente normale, nasconde un’anomalia inquietante: a un primo sguardo, c’è qualcosa che non va. Costruita qualche tempo prima rispetto ai fatti narrati, i precedenti proprietari l’hanno messa in vendita da poco. Un potenziale acquirente se ne interessa, ma la planimetria è inconsueta: in cucina c’è un vano vuoto, senza porte o finestre. A cosa serve? Perché è lì? Tutto, dunque, parte da una piccolezza, un’inezia architettonica.

Il protagonista senza-nome della vicenda, un giornalista esperto di fenomeni paranormali (dell’occulto), viene contattato per indagare sull’enigmatica abitazione. Spinto da un’inquietudine professionale e da una curiosità ossessiva, il giovane si avventura in un’indagine che va ben oltre queste anomalie architettoniche. Supportato nella sua avventura dall’architetto Kurihara, presto capisce che ciò che ha di fronte non è solo una stramberia edilizia. I due si trovano, probabilmente, dinanzi a un edificio costruito ad hoc per compiere omicidi senza destare sospetti. Lo scenario perfetto per nascondere crimini.

Pian piano, come una lente d’ingrandimento che si posa sui dettagli per ingigantirli, vengono a galla decine di elementi sinistri. Stanze che sfuggono alla coerenza spaziale, mura della camera del bambino che non presentano finestre. Ma anche WC differenziati dal bagno, vani senza ingresso. Le fondamenta sembrano sussurrare segreti dimenticati, impregnate del sangue di innocenti.

Il giovane detective prosegue nelle indagini, ma senza mai mettere piede nell’abitazione. Scrive un pezzo sulla questione, sperando che qualcuno lo contatti e gli fornisca ulteriori informazioni. Attende, scrollando la posta elettronica, quando ad un tratto s’imbatte in una mail rivelatrice. Una donna ha perso suo marito pochi anni prima, dopo che quest’ultimo s’era recato a casa di amici. In una casa dalla planimetria inusuale…

Il vero terrore si cela nel non-detto

La strana Casa, © J-POP Manga
La strana Casa, © J-POP Manga

Il silenzio e l’attesa, qui, sono il vero linguaggio del terrore. Le mura non celano mostri, ma si fanno portatrici della quotidianità di una famiglia normale agli occhi dei vicini. Non vi è un tengu a osservarci, né un kappa ad attendere che attraversiamo il fiume: solo l’umana perversione.

La consapevolezza del giornalista è la stessa del lettore: ad aver costruito quell’edificio sono stati individui umani, non yokai in gonnella. L’orrore, quello vero, quello di Uketsu, nasce dall’attesa che qualcosa – prima o poi – debba accadere, dalla tensione nata dall’inquietudine. E ciò è reso perfettamente anche da una scelta peculiare dell’autore: i due investigatori non si trovano mai sulla scena del crimine in prima persona. Nel corso del primo volume, difatti, non vediamo gli interni della casa, non mettiamo piede nell’abitazione, non tocchiamo con mano l’intonaco, non sfioriamo le finestre e non passeggiamo per i corridoi. Ci limitiamo a immaginarli, e questo alimenta ulteriormente la sensazione di angoscia e disagio.

Il giornalista esperto di occulto e l’architetto sono due individui dalla personalità altrettanto mistica e insolita. Il nostro adorabile senza-nome è un insetto curioso, un giovane tanto meticoloso quanto tormentato dalla necessità di conoscere e scoprire la verità. Ad alimentare la sua sete di conoscenza c’è Kurihara, architetto geniale che formula ipotesi che a nessun essere umano sano-di-mente paleserebbe. Nonostante sia presto per decretare se il duo di novelli detective sia o meno “ben caratterizzato”, siamo certi che l’opera di Uketsu, un thriller psicologico arricchito da note di horror paranormale, ci fornirà ulteriori spunti di riflessione.

Nota di demerito

La strana Casa, © J-POP Manga
La strana Casa, © J-POP Manga

L’unica nota dolente riscontrata da noi riguarda la sceneggiatura. Tuttavia, vi invitiamo a ricordare che la nostra analisi si basa solo ed esclusivamente sul primo volume dell’opera, pertanto è un demerito che lascia il tempo che trova. Abbiamo apprezzato il ritmo del racconto, poiché la narrazione si sviluppa con lentezza, mantenendo il lettore in un turbinio di incertezze, più che precipitarlo in una corsa sfrenata verso la verità. Eppure, talvolta la scrittura sembra vacillare: ad esempio, le deduzioni del detective e dell’architetto appaiono spesso affrettate. Accettando per vera la prima ipotesi, proseguono le indagini in tal senso, senza mai mettere davvero in dubbio l’idea che si sono fatti in principio.

Quella casa è una casa anomala. In quella casa si sono commessi omicidi. In quella casa il bambino uccideva gli ospiti. Una sospensione della realtà che – malgrado non intacchi la potenza della narrazione – potrebbe infastidire il lettore.

Un autore senza-volto, un protagonista senza-nome

La strana casa, © J-POP Manga
La strana casa, © J-POP Manga

Uketsu è una figura tra le più affascinanti e misteriose della narrativa giapponese contemporanea. Sempre mascherato, vestito di nero e con il volto coperto da una maschera bianca che ricorda il Senza-Volto di Miyazaki, l’autore mantiene un rigoroso anonimato, quasi a richiamare il nostro protagonista. Nei suoi video, diffusi sul suo popolarissimo canale YouTube, utilizza una voce sintetica femminile, scelta inizialmente per non farsi riconoscere dai colleghi del supermercato dove lavorava. Questo anonimato, oggi parte integrante del suo personaggio, contribuisce al fascino oscuro che circonda le sue opere.

Di Uketsu, quindi, non si conosce il vero nome, né alcun dettaglio personale. Il nome nasce dalla fusione di due kanji, “穴” (buco) e “雨” (pioggia), a simboleggiare l’abbandono della sua vecchia identità. Tuttavia, il suo impatto è concreto e crescente: nel 2024 ben tre dei suoi libri sono tra i più venduti in Giappone. Il suo stile mescola orrore, mistero e critica sociale, affrontando tematiche come la repressione, l’alienazione e il patriarcato, sempre con un taglio visivo preciso e disturbante.

Ma com’è nato Uketsu-autore? Ebbene, dopo alcuni tentativi falliti come disegnatore di manga, l’anonimo si è dedicato alla scrittura, ottenendo il riconoscimento dell’Excellence Award di Omocoro nel 2018. Il successo arriva nel 2020 proprio con Henna Ie – La strana casa, un video diventato virale con oltre 24 milioni di visualizzazioni. L’opera dà origine a un romanzo (2021), a un manga (2023, illustrato da Kyō Ayano) e a un film (The Floor Plan, 2024), grande successo al botteghino giapponese.

Nel 2022 pubblica un nuovo video: Henna e – Strani disegni. Anche questo si trasforma in romanzo e manga (2024, con disegni di Kikou Aibaō). La struttura narrativa è frammentata e misteriosa: racconti all’apparenza scollegati che si uniscono gradualmente, accompagnati da disegni, schemi e diagrammi, elemento distintivo del suo stile.

Un tratto pulito per una storia intrisa di sangue

La strana Casa, © J-POP Manga
La strana Casa, © J-POP Manga

Difatti, il tratto di Kyo Ayano è pulito, giusto ed essenziale, arricchito da disegni schematici. Gli autori hanno adottato un disegno realistico, sebbene strizzi l’occhio alle linee fumettistiche. Il disegnatore, con il suo stile, enfatizza il silenzio di una casa apparentemente normale, una planimetria sezionata e analizzata non solo dal detective, ma anche e soprattutto dal lettore. Un modus operandi possibile solo grazie al disegno in grado di rievocare la sensazione di disagio e terrore attraverso la disposizione dell’immobile e la gestione degli spazi.

Dando vita a questa atmosfera pesante e impregnata di una nebbia sanguigna, l’opera non necessita di ulteriori elementi mostruosi. La paura s’insinua nella mente del lettore con calma, al disseminarsi di indizi: tutti ci aspettiamo che compaia qualcosa, ma quel qualcosa non spunta mai. L’orrore non invade il lettore, ma emerge dalle pieghe della normalità.

Proprio come vuole la tradizione dell’horror nipponico: il J-Horror.

Cos’è il J-Horror?

Sottogenere che si distingue per il suo approccio psicologico all’orrore ponendo l’accento sulla tensione mentale e sull’angoscia più che su elementi mostruosi. In tal caso il terrore si sviluppa lentamente, costruendosi attraverso ciò che non viene mai mostrato esplicitamente, alimentando la paura con atmosfere inquietanti e misteriose. Molti dei film e dei libri più emblematici si riflettono nella tradizione culturale giapponese, attingendo al folklore e alla spiritualità locale, in particolare alla figura degli yūrei, spiriti tormentati da emozioni irrisolte, come la vendetta o il rimorso.

Ma quando nasce il J-Horror? Il sottogenere trova le sue radici nelle kaidan, storie di fantasmi del periodo Edo. In questo periodo furono pubblicati due libri: Shokoku Hyakumonogatari del 1677, che raccoglieva storie di fantasmi da diverse regioni del Giappone, e Otogi Monogatari del 1660 di Ogita Ansei, che descriveva un gioco simile al Hyakumonogatari Kaidankai. Quest’ultimo divenne molto popolare, poiché consisteva nell’accendere cento candele in una stanza al buio e raccontare storie di fantasmi. Ogni volta che veniva raccontato un “kaidan” (storia spaventosa), si spegneva una candela, facendo diventare la stanza progressivamente più buia e inquietante. Quando l’ultima candela si spegneva, appariva un Aoandon, un fantasma giapponese spesso descritto come una donna vendicativa con lunghi capelli neri e vestita di bianco: Sadako di The Ring, per intenderci.

Il teaser di un horror

La strana Casa, © J-POP Manga
La strana Casa, © J-POP Manga

La Strana Casa non punta su espedienti horror classici occidentali per generare paura, ma su un’insidiosa alterazione della normalità. L’abitazione dell’opera di Uketsu non è fatta di calce e cemento, bensì di carta e linee rette, di confini e stranezza. Il terrore nasce dall’inquietudine, dalle ansie, dall’anomalia. Oltretutto, Uketsu sceglie un registro psicologico tipico della tradizione nipponica, distante anni luce dalle soluzioni facili dell’horror splatter o dalle eccessive teatralità.

Tuttavia, alcune scelte risultano affrettate, soprattutto in merito alle ipotesi circa la natura dell’anomalia. Il risultato finale è un manga seinen originale, che riesce a essere inquietante senza cedere alla spettacolarizzazione. Un’opera che stimola l’immaginazione, che lascia spazio al dubbio e invita il lettore a perdersi in un labirinto mentale di ipotesi.

Conclusioni

7.0 Disagio

La Strana Casa non punta su espedienti horror classici occidentali per generare paura, ma su un’insidiosa alterazione della normalità. L'abitazione dell'opera di Uketsu non è fatta di calce e cemento, bensì di carta e linee rette, di confini e stranezza. Il terrore nasce dall'inquietudine, dalle ansie, dall'anomalia. Oltretutto, Uketsu sceglie un registro psicologico tipico della tradizione nipponica, distante anni luce dalle soluzioni facili dell’horror splatter o dalle eccessive teatralità.
Tuttavia, alcune scelte risultano affrettate, soprattutto in merito alle ipotesi circa la natura dell'anomalia.

The Good
  1. Tratto a cavallo tra realismo e comics
  2. La trama è un gomitolo di ipotesi da srotolare
  3. Accento sull'horror
The Bad
  1. Per ora, alcune ipotesi date per certe rendono il racconto inverosimile
  2. Eccessivamente lento in alcuni casi
  • Voto ScreenWorld 7
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Napoletana, classe '92, si definisce "nerd da sempre, da prima che fosse socialmente accettato". Dopo il diploma al Liceo Classico, una breve ma significativa tappa all'Accademia di Belle Arti le ha aperto gli occhi sul suo futuro: letteratura, arte e manga, compagni di una vita ed elementi salvifici. Iscritta a Lettere Moderne, studia e lavora per poi approdare su cpop.it e scoprire il dietro-le-quinte del mondo dell'editoria. Nel 2025 si unisce al team di ScreenWorld in qualità di coordinatrice del reparto Anime e Manga: la chiusura di un cerchio, il coronamento di un sogno.