Forse Hideaki Anno non sarebbe neanche voluto diventare Hideaki Anno. Ma quel ragazzino di Ube, che aveva un talento per raccontare storie ed era appassionato di mecha, probabilmente era destinato a cambiare per sempre più di una generazione di otaku in tutto il mondo stravolgendo generi, parlando di tematiche che non si erano mai viste in prodotti per ragazzi e, soprattutto, mettendosi completamente a nudo in tutte le sue fragilità. Le stesse su cui si riflettevano, e riflettono ancora, i suoi fan con i quali ha sempre avuto un rapporto difficile che spesso ha minato la sua salute mentale.
Schivo, sensibile quanto complesso, Hideaki Anno compie 64 anni e, per l’occasione, riflettiamo su due prodotti che hanno contribuito a far appassionare centinaia di fan italiani alla cultura giapponese. Stiamo ovviamente parlando di Nadia – Il mistero della pietra azzurra e Neon Genesis Evangelion.
Un visionario in anticipo sui tempi
Come abbiamo detto probabilmente Anno era un predestinato. Ma, chissà, forse le cose sarebbero andate diversamente se non avesse avuto la possibilità di conoscere Hayao Miyazaki. Anno partecipò infatti come animatore a Nausicaä della Valle del vento per poi entrare anche nel team di Una tomba per le lucciole – altro film dello Studio Ghibli diretto da Isao Takahata. Il giovane Hideaki, che nel frattempo si presta anche ad altri lavori come animatore, si fa le ossa per poi fondare insieme ad altri colleghi lo studio Gainax che nel 1987 porta in sala il film Le ali di Honneamise a cui Anno lavora sempre come animatore.
Ma è nel 1990 che la Gainax si imbarca in un’impresa visionaria quanto folle, portando sul piccolo schermo un anime ispirato ad alcune idee dello stesso Miyazaki – alcune delle quali confluite in Laputa – Castello nel cielo. Stiamo parlando di Nadia – Il mistero della pietra azzurra che, tra atmosfere steampunk, mitologia e scienza, rileggeva tanto Verne quanto la leggenda di Atlantide riflettendo sul contrasto tra naturalismo e positivismo; un sentimento incarnato dai due giovani protagonisti: un aspirante inventore, Jean, e quella che successivamente scoprirà essere l’erede della scomparsa civiltà di Atlantide, Nadia.
Con la sua violenza esplicita e tematiche che non erano comuni in un prodotto destinato esclusivamente ai ragazzi, l’anime aveva già in nuce lo spirito di Anno qui incarnato da Nadia: una giovane che cerca il suo posto in un mondo di solitudine. Nonostante i problemi legati alla produzione e che costringeranno la Gainax ad appaltare alcuni episodi a uno studio esterno – un fatto, quello delle difficoltà produttive che contraddistinguerà sempre il lavoro di Anno come se fosse impossibile far convivere reale e finzione, Nadia diventa uno dei personaggi più popolari dell’anno e l’anime è ancora oggi considerato un cult. In Italia, grazie ai diversi passaggi in tv nel corso degli anni, l’anime diventa popolarissimo contribuendo a far conoscere il nome di Anno in attesa di quello che sarebbe arrivato poi. La turbolenta produzione della serie non lascia però indifferente il suo creatore sul fronte emotivo; Anno cade infatti in una profonda crisi depressiva che segnerà il suo progetto successivo: Neon Genesis Evangelion.
Avvicinarsi e allontanarsi
Del resto nel raccontare le sue storie Anno ha sempre cercato di dare voce ai propri tormenti e se già Nadia – Il mistero della pietra azzurra era un prodotto molto in anticipo sui tempi – sebbene ibridato con una sensibilità altra rispetto alla sua, è con Neon Genesis Evangelion che il regista, animatore e sceneggiature raggiunge il suo picco creativo più elevato dando voce a conflitti interiori laceranti e alla sua solitudine di otaku. Un termine quest’ultimo che, solo negli ultimi anni è diventato pop, ma che, soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta, andava a indicare un fenomeno tutto giapponese che faceva capo a un malessere che risponde al nome di solitudine.
Otaku in giapponese significa “casa sua”, in riferimento a qualcuno che sì coltiva le proprie passioni ma in solitudine; ed è proprio l’analisi di questa condizione che farà guadagnare ad Anno da una parte l’affetto di tanti fan che hanno rivisto da una parte le proprie ansie riflesse in quelle di Shinji e dall’altra la disapprovazione di coloro che rimasero frustrati dall’incedere di un racconto sempre più criptico e introspettivo: tra riferimenti religiosi e cabalistici, spunti filosofici e quell’eterno conflitto tra scienza e natura che veniva accennato anche nella storia di Nadia. Rileggendo in un modo totalmente nuovo il genere mecha, Neon Genesis Evangelion parlava di solitudine e incomunicabilità mettendo in primo piano personaggi giovanissimi ma già emotivamente provati per riflettere sul fatto che “crescere in fondo è un continuo provare ad avvicinarsi e allontanarsi l’un l’altro, finché non si trova la distanza giusta per non ferirsi a vicenda”. Una critica alla condizione di otaku stessa – forse, ma anche alle pressioni sociali di un paese in cui convivono contraddizioni estreme. Qualcosa che, successivamente, diventerà per Anno anche la chiave di (ri)lettura per il suo Shin Godzilla.
Ma è sicuramente Evangelion il cuore del pensiero di Anno stesso, basti pensare a quante volte l’autore ha rimesso mano a quella che è probabilmente l’opera a cui è più legato e che crediamo lo rappresenti anche di più. Oltre ai 26 episodi originali dell’anime seguirono infatti due film: Neon Genesis Evangelion: Death & Rebirth (un sunto di quanto accaduto nella serie) e Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion, che metteva la parola fine alla narrazione mostrandoci cosa stava accadendo al di fuori della mente di Shinji. Ma non è finita qui. Dopo aver lasciato la Gainax e aver fondato lo Studio Khara, Anno si mette al lavoro su una tetralogia di film basati su Neon Genesis Evangelion che prende il nome di Rebuild of Evangelion.
Usciti tra il 2007 e il 2021, i quattro film rileggono l’anime originale espandendone l’universo e portando la narrazione, così come i personaggi, in situazioni inedite approfondendo le tematiche cardine della serie e dando alla storia una conclusione completamente diversa; qualcosa che è stato accolto con qualche riserva da parte dei fan originali dell’opera secondo cui la potenza dell’anime a originale resta ancora oggi insuperata. Per certi versi chi la pensa così non ha tutti i torti, ma questo ci fa capire non solo quanto un universo come quello di Evangelion abbia ancora così tanto da dire e quanto sia ancora oggi radicato nell’immaginario degli appassionati di cultura pop giapponese. Merito della visione unica del suo creatore il quale ha recentemente affermato che addirittura non è da escludersi un nuovo capitolo della saga. Che sia la scelta giusta o meno non possiamo dirlo, ma questo ci fa capire quanto ci sia un prima e un dopo Hideaki Anno, quanto i suoi mondi siano ancora oggi così di richiamo e ovviamente quanto Nadia – Il mistero della pietra azzurra prima e Neon Genesis Evangelion poi abbiamo plasmato l’immaginario di chi ha sognato, almeno una volta, Atlantide o di salire su un EVA.
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