Come ci insegna Alex Ross in Marvels, quando i supereroi marveliani entrano in azione lo sguardo è puntato al cielo. D’altronde, è con un gigantesco quattro fiammeggiante nel cielo di New York che inizia l’avventura del Marvel Universe, ma se Fantastici Quattro, X-Men e altri sono parte di grandi eventi, anche cosmici, altri personaggi sono molto più terreni, grounded come dicono oltreoceano.

Dalle svettanti torri di cemento e acciaio ai vicoli malfamati e bui dei quartieri meno scintillanti. Sono questi i due estremi del mondo marveliano, due modi differenti di raccontare una realtà che spesso viene dimenticata in storie dal respiro sin troppo eroico. Spider-Man, l’outsider dei primi anni del Marvel Universe, aveva mostrato un primo accenno di questa dicotomia, ma il ruolo di primo simbolo degli urban heroes è spettato, giustamente, a Daredevil.

Da scavezzacollo a Diavolo Custode

L'evoluzione di Daredevil
L’evoluzione di Daredevil – © Marvel Comics

Ruolo a cui il Diavolo Custode arriva lentamente, dopo una prima fase dai toni leggeri. Alla sua concezione, Matt Murdock era un personaggio privo di quel carisma che lo portasse a essere un character di primo piano. La sua rinascita arriva durante uno dei momenti essenziali della storia del fumetto, la Dark Age, in cui vengono messe a nudo le criticità degli eroi, o meglio, degli uomini e donne dietro le maschere.

Prima di questi anni, Daredevil era già stato protagonista di alcune storie in cui il suo ruolo di avvocato aveva consentito di calarlo nelle brutture della società urbana del periodo. Basti pensare a Prendi la mia mano, Fratello! (Brother, take my hand!, Daredevil #47) in cui Stan Lee e Gene Colan calano il Cornetto in una storia in cui si affrontano temi importanti, come il dramma dei reduci o la piccola criminalità.

Da questa avventura, che spingerà Colan a creare Falcon, Daredevil deve attendere che le sue storie siano affidate all’autore che più di ogni altro ha saputo valorizzare le sue potenzialità: Frank Miller.

La rivoluzione milleriana

Daredevil: Roulette
Daredevil: Roulette – © Marvel Comics

Quando Miller arriva a Hell’s Kitchen, il Cornetto non è messo proprio benissimo. Le storie di quel periodo non sono un esempio di scrittura, e molte delle avventure del Diavolo Custode  sono tutt’altro che memorabili. O per dirla con una caustica battuta di Miller, Daredevil era stato creato da Lee e Everett per pagare le bollette.

Conscio delle potenzialità del personaggio, Miller abbandona il tono scanzonato della prima vita del Cornetto, e lo avvicina alla sua natura noir, rendendolo un personaggio da crime story. Che ci pensino miliardari in armatura o supereroi cosmici alla grande epica supereroica, Matt Murdock è un uomo cresciuto in un quartiere malfamato, violento e questo lo ha segnato.

E non poteva esserci modo migliore di renderlo così concreto del guardare cosa accadeva nella società del periodo. Più di ogni altro, Miller intreccia saldamente le sue storie alla contemporaneità, lascia che le piaghe sociali dell’America del periodo si insinuino in Daredevil e lo rendano voce di questa comunità sofferente.

Matt Murdock non è più l’allegro saltimbanco che sembra una fastidiosa copia di Spider-Man, ma diventa una figura complessa, articolata. Miller riscrive la sua stessa storia, vuole mettere a nudo come il suo quartiere, Hell’s Kitchen, abbia plasmato la sua personalità, quasi ingabbiandolo. Per lungo tempo, il Cornetto mostra di essere attaccato solo alla sua comunità, disinteressandosi di altre zone della città, lasciando stare il resto del mondo.

Per Miller, il Diavolo Custode diventa un personaggio compresso in uno spazio urbano ben definito. Nello scrivere Daredevil, Miller codifica l’essenza dello urban hero, riporta lo sguardo del lettore dal cielo al marciapiede.

Un uomo da marciapiede

Daredevil: Kingpin deve morire!
Daredevil: Kingpin deve morire! – © Marvel Comics

E sono proprio i marciapiedi il teatro di momenti epocali del personaggio. Qui Matt si perde nei suoi pensieri, ai marciapiedi volge lo sguardo Daredevil mentre corre e volteggia tra le tozze palazzine di Hell’s Kitchen. Perché è sulla strada che si svolgono i drammi comuni, dove scorre la droga che in quegli anni impesta la Grande Mela e che sarà causa di uno dei grandi drammi del Diavolo Custode, Rinascita (Daredevil: Born Again).

Miller sintetizza tutta questa drammatica ricchezza narrativa all’interno di un ritratto di Daredevil divenuto cult del fumetto. Il tono drammatico dei dialoghi, le perdite personali e la distruzione del suo mondo diventano il banco di prova per un personaggio che improvvisa scopre di avere potenzialità narrative uniche, mai esplorate.

Soprattutto, si lega in modo unico alla sua comunità. Forse, perché Miller spinge Matt sull’orlo del precipizio, lo costringe a vivere come uno degli ultimi del suo mondo, lo cala nelle ombre di una società che lontana dalle luci dei quartieri milionari è famelica, brutale. La rinascita di Murdock è una presa di coscienza, non solo della propria forza ma anche del proprio ruolo, della indissolubile unione tra Matt e la sua gente. Tra Daredevil e le strade di Hell’s Kitchen.

Rinascita di un eroe

Daredevil: Armageddon
Daredevil: Armageddon – © Marvel Comics

Caduta e rinascita. Perdita e forza ritrovata. Miller fonda la sua visione del Diavolo Custode su questi assiomi, distrugge il suo mondo con la presenza opprimente di Kingpin, fa leva sul suo grande amore per spezzarne l’esistenza. Aprendo anche scenari su cui opereranno altri autori come Nocenti o Smith.

Questa ferocia con cui Miller si accanisce su Murdock è stato un dono per il personaggio, perché completa una caratterizzazione di Daredevil rimasta in sospeso per troppo tempo.  Un processo emotivo che non si limita a coinvolgere i punti fermi del Cornetto, da Foggy a Karen, ma che crea quella indissolubile relazione con Kingpin, dando vita a un triangolo in cui Murdock e Fisk sono uniti dalla loro visione antitetica sulle sorti della città.

L’essenza dell’urban hero, non è solo il muoversi in vicoli dimenticati e confrontarsi con scampoli di umanità relegati spesso a semplici comparse. È il sentirsi parte di questo ambiente, venire sopraffatto, odiarlo persino, eppure rialzarsi, accettarlo e farsi custode di questo inferno umano, appellandosi alle rare luci di questa oscurità dell’anima.

Oppure, dopo aver attraversato l’inferno, dopo avere dimostrato anche Hell’s Kitchen non è un teatro di guerra (letteralmente in Dio e Patria e Armageddon), ricordarsi chi si è e per cosa si vive:

Mi chiamo Matt Murdock. Sono stato accecato dalle radiazioni. Gli altri miei sensi posseggono un’intensità sovrumana. Vivo a Hell’s Kitchen e cerco di tenerla pulita. È tutto quello che dovete sapere.

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Classe '81, da sempre appassionato di pop culture, con particolare passione per il mondo dei comics e la fantascienza. Dal 2015 condivide queste sue passioni collaborando con diverse testate, online e cartacee. Entra nella squadra di ScreenWorld come responsabile dell'area editoria con una precisa idea: raccontare il mondo del fumetto da una nuova prospettiva