A volte si ha la sensazione che la Storia non sia altro che un archivio un po’ ammuffito di cose successe tanti (troppi?) anni fa che, dopotutto, non ci riguardano da vicino. Spesso non siamo in grado, come individui, a imparare dai nostri errori e l’altezzosità con cui trattiamo la storia sottolinea che anche come genere umano non siamo in grado di imparare dal nostro passato, come dimostra la condizione politica e sociale di questi ultimi anni. Eppure, a volte, la Storia smette di essere una sequela di date che dimenticheremo e diventa un vero e proprio bagaglio culturale, grazie all’esistenza di alcuni prodotti che sono stati in grado di sconfiggere la tanto temuta prova del tempo. Lady Oscar – di cui recentemente è stato annunciato un nuovo film – rientra senza dubbio nella lista di prodotti iconici che, a più di quarant’anni dall’uscita, non ha smesso di irretire gli spettatori. Ed è grazie a Lady Oscar che molti di noi conoscono e, forse, amano la Rivoluzione Francese.
Una protagonista perfetta in una corte splendente
Pubblicato per la prima volta nel 1979 con il titolo La rosa di Versailles, l’opera di Riyoko Hikeda si è subito distinta per la grande aderenza storica con cui venivano trattati personaggi storici insieme ai protagonisti nati dalla penna della mangaka. Oscar François de Jarjayes è una donna nata in un periodo di transito e di cambiamento, quando la Francia assolutista comincia già a mostrare i primi segni di decadimento che porteranno poi allo scoppio della rivoluzione. Nata da un “buon padre che voleva un maschietto”, Oscar cresce rinnegando la sua natura di donna: si trasforma in un ottimo soldato, un grandioso combattente, una persona dall’onore ferreo che, all’inizio, fa girare la testa anche alla delfina Maria Antonietta, a cui assicura la propria protezione. Così come il mondo che la circonda è pieno di dualismi – la nobiltà e il terzo stato, lo sfarzo e la fame -, anche Oscar è un personaggio che gioca sulle dicotomie. Un soldato, ma anche una nobildonna. Una guardia del re, ma anche una buona amica.
Un suddito fedele alla corona di Francia, ma anche sensibile ai cambiamenti che avvengono fuori dalla reggia di Versailles. E proprio per questo suo danzare su una linea di demarcazione che si fa sempre più netta, Oscar è un personaggio a cui è davvero difficile resistere. E attraverso di lei, Ikeda ci porta però dentro la storia, portando sulle pagine del manga prima e sulle tavole dell’anime poi, momenti cardine della storia della Francia del diciottesimo secolo. Da Maria Antonietta svestita dei suoi “panni austriaci”, alla faida con Madame Du Barry fino allo scandalo della collana, alla convocazione degli Stati Generali e, infine, alla presa della Bastiglia, Lady Oscar ha trasformato la storia che dovevamo studiare sui libri in un’epopea struggente e accattivante di personaggi in qualche modo reali, che conoscevamo, a cui ci eravamo affezionati. Lo splendore di Versailles, ma anche il marciume di coloro che la abitavano, i giochi di potere e le strategie politiche si sono mescolati alle storie personali di personaggi – soprattutto femminili – che dovevano costruirsi la propria realtà, la propria fortuna e il proprio lieto fine in un mondo dominato dai venti di cambiamento, dove il destino del singolo viene determinato dalle maree della Storia che si compie.
Un amore struggente
Quando William Shakespeare scrisse “poiché mai storia fu più triste di quella di Giulietta e del suo Romeo” chiaramente non aveva ancora avuto modo di conoscere la storia di Oscar e André. Le storie d’amore dentro Lady Oscar sono un altro motivo per cui l’opera di Ikeda ha avuto tanto successo. Sebbene questo non sia mai stato l’intento originale della mangaka, la sua opera è diventata in qualche modo il manifesto dell’empowerment femminile e in questa ottica è interessante vedere i personaggi femminili che cercano di avere un ruolo all’interno di un mondo che le vuole ai margini – la scelta di fare Oscar una donna era dovuta anche alla volontà di “denunciare” come spesso si desse per scontato che le donne non avessero certe capacità culturalmente associate agli uomini. E anche l’amore rientra nella gerarchie di sfide che i personaggi femminili devono affrontare. Maria Antonietta è una regina che ha dovuto abbandonare le sue radici e tutto quello che conosce per sposare un estraneo, un uomo un po’ goffo che all’inizio sembra non avere alcun interesse per lei, al punto da renderla bersaglio di scherno tra i nobili di corte. L’arrivo del conte di Fersen, con il quale inizierà un rapporto adultero ma passionale, porta Maria Antonietta a scoprire la vera forza dell’amore, ma anche come questo non sia altro che un’arma che spesso veniva utilizzata contro le donne che vi si arrendevano.
Allo stesso tempo il conte di Fersen determina anche la presa di consapevolezza di Oscar che, per la prima volta, sveste la sua uniforme onorevole e decide di accettare la sua natura di donna. Uno dei passaggi più belli dell’opera, infatti,è proprio quando Oscar accetta di indossare abiti femminili per cercare di appagare il desiderio che prova nei confronti di Fersen, salvo poi scoprire che per lui non è altro che il suo “migliore amico”, al maschile. E questo spinge in superficie un’altra riflessione sul tema, ossia il fatto che il vero amore non ha bisogno di cambiamenti e camuffamenti. Ed è qui che subentra André, in una scena estremamente grafica e dolorosa, quando spinge Oscar sul letto e le strappa i vestiti di dosso, citando di nuovo Shakespeare e le rose che vengono citate nella famosa scena del balcone di Romeo e Giulietta. André dimostra di aver visto sempre Oscar: non il suo genere, non il suo sesso, ma la persona che è sempre stata e di cui è sempre stato innamorato. La sofferenza che determina il personaggio di André è proprio la consapevolezza di essere l’unico che ha sempre amato Oscar come meritava, costretto però a rimanere al suo fianco senza essere visto, invisibile agli occhi del soldato che crolla invece per un conte dai modi affettati e languidi. Una sofferenza, questa, che poi esplode quando André, menomato proprio per aver voluto aiutare Oscar, si rende finalmente conto che anche lei è innamorata di lui.
I due si abbandonano a un amplesso quasi poetico, alla vigilia della tragedia. Perché l’amore rappresentato in Lady Oscar è l’amore del troppo tardi. I due hanno appena fatto in tempo a confessarsi il loro amore che la rivoluzione scoppia improvvisa, rubando la vita di André, facendolo morire sul selciato alla vigilia di quel 14 luglio che cambierà la storia. Malata di tisi e disperata per il poco tempo avuto con André, Oscar si getta contro le forze reali, si schiera ancora più definitivamente dalla parte del popolo e guida con ferocia la presa della Bastiglia, simbolo del potere assolutista della monarchia, e muore mentre cerca di liberare la Francia. Proprio questa tragedia di mancato tempismo coopera a rendere più umani i personaggi di Ikeda, al punto di farci soffrire per loro, rendendo indimenticabile il loro percorso e, con esso, la stessa Rivoluzione Francese.
Lady Oscar, la presa della Bastiglia e la fine di un’era
In Empirismo Eretico, Pasolini scriveva che è la morte a dare un senso alla vita, e la paragonava al montaggio cinematografico e alla fine di un film. Perché solo dopo aver visto come “va a finire”, possiamo capire davvero il senso di un racconto, qualunque esso sia. E Lady Oscar diventa ancora più tridimensionale proprio attraverso la sua fine. Forse non tutti sanno che l’opera di Ikeda si ispira a fatti realmente accaduti. Nonostante (naturalmente) non sia mai esistita una “Lady Oscar” è esistito comunque un sergente della guardia reale che scelse di abbandonare la propria posizione per lottare al fianco del popolo.
Ed è proprio questa decisione, alla fine, che dà senso a tutto il percorso di Oscar. Nonostante sia un personaggio splendido, Oscar è sempre stato un personaggio in qualche modo “a metà”. Costretta a diventare ciò che non era destinata a essere, quasi plagiata a servire secondo alcuni dettami morali e d’onore, Oscar ha sempre dato il meglio di sé su decisioni che altri hanno preso per lei. Quando, alla fine, decide di unirsi al Terzo Stato e combattere per una Francia libera, è la prima decisione “di carriera” che prende in modo autonomo, per suo volere, e non per compiacere altri.
Si crea così di nuovo un parallelismo tra la protagonista e la Francia: entrambe subiscono cambiamenti durante tutta la storia, entrambe si allontanano dall’assolutismo e dalla monarchia ed entrambe rappresentano, a modo loro, la fine di un’epoca. Una fine che viene rappresentata proprio dalla presa della Bastiglia del 14 luglio 1879: per la Francia la caduta della Bastiglia rappresenta il vero inizio della Rivoluzione, il rifiuto dei dogmi monarchici che fino a quel momento avevano dettato la vita dei cittadini. Per Oscar, che ha il cuore pesante per la perdita di André, la presa della Bastiglia è la rottura con tutto quello che è stata e anche una riappropriazione della propria libertà, del proprio diritto ad essere chi vuole, anche se è per poche ore. La presa della Bastiglia rappresenta un punto di cesura, un momento che serve a dividere un prima e un dopo, la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!