Il mondo di Oz è sempre stato un interessante specchio attraverso cui osservare gli Stati Uniti. Questo mondo, questa arena ha ospitato streghe buone e cattive, populismi e istanze politiche, creature fantasy e impostori alla guida di governi corrotti e ipocriti: è ovviamente il mondo di Dorothy, una delle primissime eroine della storia del cinema che con il suo viaggio alla ricerca della strada di casa ha segnato la storia americana – ispirando, tra gli altri, Lynch, Scorsese, Spike Lee (parlavamo qui dell’85esimo anniversario de Il mago di Oz).
Il meraviglioso mago di Oz, il classico letterario del 1900 che ha dato vita a questo universo espanso, ha anche un intento satirico nei confronti dei governanti di allora che il film del 1939 ha chiaramente eliminato. Ci sono le streghe, l’eroismo femminile, i cattivi e la solidarietà dei popoli in resistenza, la censura di stato attraverso gli spazi accademici, il rapporto specista con il mondo degli animali, ma anche le ambizioni personali, tra individualismi e reticenze collettive. Tutto ciò che è politica trova spazio in Oz, ma Wicked riesce a sintetizzarlo con una chiarezza espressiva non da poco – ed è per questo che lascerà il segno.
Essere diversi nel mondo di Oz
Wicked è tratto dal musical omonimo del 2003, uno dei più amati e chiacchierati di sempre negli USA, a sua volta tratto da un libro del 1995 di Gregory Maguire. È un prequel/spin-off che racconta di Elphaba, la Strega dell’Ovest che poi verrà sconfitta da Dorothy, e di Glinda, la Strega del Nord che per Dorothy sarà una mentore. Un’opera che esplora le dinamiche di un’amicizia magica, ma che affronta soprattutto il problema della discriminazione di Elphaba per via del colore della sua pelle. Sembrerebbe strano pensare che persino a Oz, un posto che nell’immaginario comune è una via di fuga per ragazzini, possano persistere problemi del genere. Oz, però, parla soprattutto degli (e agli) Stati Uniti, dove il razzismo non ha mai smesso di essere attuale.
Da più di trent’anni Wicked è argomento di discussione in relazione all’esperienza delle donne nere nel paese americano. L’identificazione è forte a partire dal non diritto di esistere: quando Elphaba entra nella prestigiosa Shiz University si trova fin da subito costretta a dimostrare di poter appartenere a un contesto simile. Per gli altri, invece, è tutto più facile – persino per la sorella, anche lei discriminata perché disabile ma comunque maggiormente accettata. Qui Elphaba conosce Glinda, una mean girl ambiziosa e popolare che ne eleverà lo status sociale dopo esser diventate amiche. Possibile che i neri abbiano ancora bisogno dello sguardo d’approvazione bianco per essere socialmente accettati? Il musical non offre risposte in merito, preferendo spostare il focus sulla profonda validità di un’amicizia tra due streghe in chiave femminista.
Il clima politico americano
L’adattamento di Wicked, già un classico, sembra arrivare in maniera piuttosto puntuale: il film di John M. Chu ha riacceso i dibattiti sul valore dell’opera, amplificando la portata di alcuni temi già forti all’epoca. Pur non essendo la prima interprete nera nei panni di Elphaba, la scelta di Cynthia Erivo è quanto mai simbolica: la sua meravigliosa interpretazione sta raccogliendo ampi consensi – tra cui quello dell’interprete originale a Broadway, Idina Menzel. La storia di Elphaba si lega anche all’esperienza di discriminazione degli ebrei. Stephen Schwartz, il compositore e paroliere del musical, è ebreo così come la stessa Menzel.
“Penso che molti temi musicali del teatro parlino agli ebrei, perché in molti casi riguardano gli outsider. Wicked risuona certamente con l’esperienza di molti ebrei.”
Il fatto che il film stia avendo un simile impatto in un periodo così divisivo e complesso per gli Stati Uniti e per il mondo apre discussioni che vanno ben oltre il semplice contesto della pellicola. Non sorprende che Wicked stia venendo boicottato dai seguaci di una certa frangia politica, scatenando polemiche soprattutto fra i repubblicani: Gina Loudon, personaggio vicino a Trump, ha definito il film “offensivo” e “razzista” verso i bianchi, come riporta il Daily Beast. I bianchi sono cattivi nei confronti della protagonista, quindi si tratta di un palese caso di “razzismo al contrario”: il film, secondo lei, rinforzerebbe stereotipi negativi ai danni dei bianchi. Ha anche definito Ariana Grande, interprete di Glinda, “ovviamente” ispanica, ignorando il fatto che in realtà l’attrice e pop star è italoamericana. Per molti americani, Wicked non è altro che “propaganda woke“.
Verso gli Oscar 2025
Stando alle condizioni attuali, è altamente probabile che Wicked ottenga una pioggia di (meritate) nomination ai prossimi Oscar. Oltre ai premi tecnici, non sorprenderebbe se arrivasse anche la nomination al miglior film e alla miglior regia; lo stesso vale per Cynthia Erivo e Ariana Grande. Il film è perfetto per i classici criteri dell’Academy: una grande storia d’evasione americana che si interroga sulle colpe e le responsabilità del paese, senza però costringere lo spettatore a interrogarsi oltre il dovuto. L’insediamento di Trump alla Casa Bianca, che avverrà a gennaio, sarà sicuramente un altro fattore che indirizzerà la stagione dei premi: basterebbe citare il caso Moonlight per capire quanto valga il clima politico in seno all’Academy.
Una storia queer e black che vinceva a sorpresa contro l’iconico e più “algoritmico” La La Land. La costante? Anche allora Trump aveva appena vinto le elezioni. Wicked non sarà neppure un caso isolato: i film con tematiche inclusive e attenti alle diversità che saranno presenti alla cerimonia del 3 marzo 2025 sono diversi. In primis Anora di Sean Baker, Palma d’Oro a Cannes: un film che parla di sex work, di classe, di diaspora est europea negli Stati Uniti raccontando le voragini sociali e la distruzione del sogno americano. Ci sarà anche Emilia Perez, altro successo di Cannes, in cui il punto di vista è transgender, queer e latinoamericano. Anche se negli anni l’Academy ha dimostrato di muoversi anche in direzioni contrarie, non c’è occasione migliore per portare il dibattito alla platea più ampia possibile: l’arte mira sempre a cambiare le cose.
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